Un giorno devi andare: Loretta Emiri un’Altritaliana alleata degli indios Yanomami.
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Da sempre lo sguardo superficiale dell’occidentale ha negato la realtà umana dei nativi incontrati in varie parti del globo terracqueo depauperandone l’immagine. Senza questa percezione alterata, la colonizzazione, prima, e la globalizzazione, poi, non avrebbero potuto trovare gli strumenti culturali “logici” né per lo sfruttamento delle terre altrui né per l’asservimento degli indigeni.
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Non tutti hanno saputo mantenere viva la capacità di vedere nell’altro da sé un eguale da arricchire e non un diverso da sfruttare. Loretta Emiri c’è riuscita. Lei partì trentacinque anni fa dall’Italia per ritrovare quella se stessa che stava perdendo nella banalità di tanti giorni inutili, e l’ha incontrata nello sguardo degli indios delle foreste pluviali brasiliane. Loretta è rimasta in quei luoghi per difenderli dalla logica utilitaristica occidentale e per salvare la propria immagine interiore che vedeva riflessa solo nei loro occhi.
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«Giorni di disagi e privazioni, /costretta in casa /dopo il passaggio dei ladri, /aspettando i falegnami. /Giorni contando morti /del genocidio yanomami. /Giorni guardando foto
/di makuxì assassinati, /poveri corpi/gonfi e insanguinati. /Pasti fatti osservando /mucchi di rifiuti, /volti di accattoni, /le loro menomazioni./ Giorni impotenti/ vedendo sciacalli e assassini/ trasformarsi in nuovi politici./
Giorni ascoltando/ il respiro affannoso/ di chi sopravvive,/ di chi è opposizione./ Giorni emozionati,/ visceralmente vissuti./ Giorni voluti./ Giorni fecondi/ generando i futuri.»
Stavo pensando alle domande per un’intervista a Loretta Emiri, autrice di questa poesia, quando mi sono imbattuto nel nuovo film, Un giorno devi andare, diretto da Giorgio Diritti. Al centro della narrazione filmica c’è il viaggio intrapreso da una giovane donna italiana Augusta, in crisi per dolorose vicende familiari che decide di accompagnare una religiosa, suor Franca, in Amazzonia. Il contatto con questo “cuore di tenebra” mette in discussione le certezze su cui aveva costruito la propria vita. Su una piccola barca e nell’immensità della natura amazzonica inizia un viaggio interiore alla ricerca di un senso da dare alla propria esistenza. I contatti con le popolazioni indigene, sempre in lotta con un mondo occidentale sempre più avido delle terre dei nativi, porteranno Augusta ad una palingenesi e alla inevitabile scelta di restare accanto agli ultimi in una favela di Manaus… CONTINUA A LEGGERE
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martedì 4 giugno 2013 di Gian Carlo Zanon