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Fiori Nastro: «Quella falsa idea di libertà»
di Ilaria Bonaccorsi Gardini
L’ennesima strage assurda in America. «Il problema serio è che viene completamente svilita la gravità dell’alterazione del pensiero, tanto della madre quanto del figlio». Parla il professor Paolo Fiori Nastro, docente di Psichiatria alla Sapienza di Roma
Venti bambini, sei insegnanti. E Adam Lanza. Questo il bilancio dell’ultima strage di Newtown, in Connecticut. La quarta in tre anni (dopo Fort Hood, Tucson e Aurora in Colorado). Le vittime questa volta sono più giovani che mai e le armi il ragazzo omicida non ha avuto bisogno di comprarsele. Le ha prese dall’armadio domestico di sua madre. In America la polemica è sempre la stessa, quella tra repubblicani allineati con le lobby delle armi e democratici che al contrario vogliono la loro messa al bando. Più in là non si va. Sul perché la storia americana sia segnata da queste assurde sparatorie mortali nessuno si interroga.
Professore, ci risiamo? Perché succedono sempre in America queste tragedie?
Per l’ennesima volta accade un evento drammatico negli Stati Uniti e la cosa paradossale è proprio questa, che accada per l’ennesima volta negli Stati Uniti. Nel senso che se uno cerca di documentarsi su cosa ci potrebbe essere dietro, scopre che il ragazzo era profondamente disturbato. Era uno schizofrenico gravissimo, si bruciava con l’accendino, aveva comportamenti autoaggressivi, si chiudeva in casa, era completamente asociale. Un nerd nel senso che in alcune materie dello studio era molto bravo ma completamente privo di relazioni sociali. E questo fatto che la strage sia stata compiuta da una persona profondamente sofferente, disturbata, direi malata, almeno taglia la testa al toro di quella disputa stupida tra chi pensa ad un omicida e chi a un malato di mente. Dobbiamo pendere atto che, anche se in un numero molto esiguo, la malattia mentale può portare a comportamenti profondamente violenti nonché insensati. In questo caso poi il ragazzo cresce e si nutre in un ambiente sconcertante, è evidente. La mamma è una prepper.
Cos’è una prepper?
In America ci sono tre milioni di prepper, sono un gruppo di persone che si prepara alla catastrofe, nel senso che ritengono imminente la possibilità che succeda qualcosa di talmente grave che lo Stato non potrà provvedere a ogni singolo cittadino, per cui ognuno di loro pensa di dover difendere sé e i suoi cari nel caso in cui la catastrofe avvenisse. Le forme di questa catastrofe vanno dall’asteroide che casca sulla terra alla rovina economica Per questo motivo accumulano cibo in casa in quantità sufficiente a garantirgli la sopravvivenza per mesi, addirittura anni. Uno, per esempio, ha riempito la sua piscina di pesci, dopo aver calcolato la quantità di calorie che gli era necessaria per vivere. Un altro si è ritirato in una foresta e da lì anima un blog che ha 300mila iscritti.
Quindi Adam è il risultato di un ambiente di folli?
Voglio arrivare a dire che la mamma era questo e che per questo motivo riempiva la casa di pistole, nonostante all’apparenza fosse una tipica mamma americana, impegnata, insegnava a scuola, dedita – come dichiara lei stessa – a ridurre l’asocialità del figlio. Questa donna coltivava queste convinzioni e questi pensieri che, col senno del poi, assumono un peso specifico nell’escalation che ha portato alla strage, anzi assumono un peso enorme. E, secondo me, questa storia dei prepper assume un peso nel tentativo di leggere perché accade in America.
Il problema allora non sono le troppe armi in circolazione?
Delle armi non me ne importa nulla, certo già l’accettazione sociale del culto della pistola – 88 cittadini americani su 100 posseggono una pistola -, è una cosa spaventosa, una vera follia, di per sé nasconde un’ideazione con forti tratti persecutori. Ma la cosa che mi dicevo e pensavo è che dietro all’accettazione sociale del prepper, c’è una falsa idea di libertà. Si ha un culto della libertà pericolosamente distorto: invece di «essere liberi di essere esseri umani» come ha più volte sostenuto il professor Fagioli, in questo caso si è liberi di essere quello che gli pare. E questo nasconde, a mio avviso, un’indifferenza, una anaffettività totale nei confronti di atteggiamenti, comportamenti, pensieri che alla luce dei fatti di cronaca assumono una drammaticità, ma che anche senza, sono di una gravità enorme. Perché se mi capitasse di cenare con una persona che mi racconta di accumulare cibo per paura dell’asteroide io non riuscirei mai ad ignorarlo. La cosa era nota, la gente sapeva sia della mamma che di Adam. Così come i giornali scrivevano dei prepper da tempo… sul Telegraph puoi trovare anche tutta l’aneddotica su di loro. Ma mai nessuno che rispetto a questa realtà di pensiero esprima una preoccupazione, una riflessione tra ciò che è ancora compatibile con una libertà di pensiero e ciò che invece travalica questa libertà ed è espressione di malattia. Direi che la psichiatria americana ha fallito.
Non un singolo episodio, ma tanti. Questo, per lei, dimostrerebbe il fallimento di quella psichiatria americana, tutta imperniata sul manuale di diagnostica DSM IV (a breve il V). Ci spiega cosa c’è che non va?
Il capo di accusa è sicuramente l’attenzione smisurata alla realtà materiale. La considerazione innegabile è che la realtà materiale vada tenuta ben presente, che a tutti deve essere garantito un livello di vita dignitoso ma che questo voglia dire benessere oltre che fisico anche mentale, è una grave lacuna nella teoria psichiatrica americana. Il benessere materiale è il punto di partenza per la ricerca di una salute mentale. Se invece la realizzazione di una realtà materiale diventa l’unico obiettivo della vita e l’attenzione degli psichiatri si concentra solo sul comportamento, allora la mamma di questo ragazzo non aveva nulla che potesse dare adito a preoccupazione. Mentre proprio la mamma (al di là che il ragazzo manifestava apertamente un malessere grave) e quindi l’ambiente nel quale si è nutrito il malessere (oltre tre milioni di persone come lei) vengono considerate al massimo con ironia (a volte) ma non certo con preoccupazione. E invece è gente il cui pensiero funziona male.
Adam Lanza le ricorda Anders Breivik?
Di questo ragazzo conosciamo molto meno, di Breivik sappiamo che aveva un delirio sistematizzato. Nel caso di Adam, per quanto ci è dato sapere, emerge un disordine gravissimo, che lascia pensare a un disfacimento totale della realtà umana.
Perché sono sempre così giovani?
Perché giovanissimi? Perché la malattia inizia molto presto e se prende pieghe così gravi non lascia molto tempo fino a che questa cosa si realizzi, fino a che avvenga questa esplosione. Prima o poi quando è così grave, ed è così grave anche perché è misconosciuta, viene considerata semplicemente un comportamento anomalo (passa la giornata davanti al computer…), esplode. Il problema serio è che viene completamente svilita la gravità dell’alterazione del pensiero, tanto della madre quanto del figlio.
In ordine: prima il pensiero e poi il comportamento. Giusto?
La questione fondamentale è che il comportamento si altera quando il soggetto non è più in grado di sopportare il proprio malessere che deriva da un pensiero distorto nel rapporto con la realtà. Per cui mette in atto dei comportamenti che riescono a salvaguardare la sua integrità. Cioè, per esempio, A. si chiude in casa perché ha una difficoltà nella socialità, ma questa difficoltà è legata al fatto che lui pensa che gli altri ce l’abbiano con lui. Si sente perseguitato. Quindi A. ha cominciato con un pensiero e poi è finito in un comportamento perché a un certo punto era talmente sicuro che gli altri ce l’avessero con lui che a scuola ha smesso di andarci. Da qui ad uccidere venti bambini e sei insegnanti la strada è costellata di mille segnali che vanno riconosciuti.
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