Ho percorso penisole
dopo la guerra
e camminato colle vesti bianche.
No, certo non ho vinto,
ma son vivo,
e cerco la vita di coloro
che con me hanno viaggiato
e combattuto.
Occhi che volano nel pulviscolo
e svaniscono nei colori,
e pallidi volti,
guardano la dura pietra
di una famiglia.
Sorridevo loro,
mentre sui fianchi
le ferite sanguinavano
e piangevano i piedi laceri.
Non ho vinto,
ma non ho cercato la vittoria.
Il fiume, lento,
accarezza il ventre
e l’odore della figlia,
adolescente ragazzina,
profuma le mie spalle,
quando il volto di donna s’accende,
prima della luce del mattino.
Non ho capito,
e questa è sorte.
La mente sveglia
nella nebbia
conduce il giorno seguente,
alla meraviglia di conoscere.
II
Lì nella pianura,
ritrovati gli amici giovani,
gli amori di sguardi lontani,
di sorrisi nell’ombra,
abbandono il corpo
accanto alla fonte,
e le fresche acque
bagnano le labbra.
Poi lungo il fiume
Scendo con gli occhi socchiusi.
Di colpo lo sguardo azzurro
ha mostrato
nel campo di papaveri
la rosa bianca dai sei petali.
“Toccala e sfogliala
per la tua libertà”. Dicevi.
Ora sento il coraggio
negli occhi di coloro
che mi siedono accanto,
il dolore degli affetti perduti,
per aver colto i sapori
della bellezza ignota.
Soffia su me la fortuna dell’incontro
ed il sale della solitudine
e del sonno.
Ora cerco la casa diroccata
nel paese antico.
Roma, 17 gennaio 1995
mirella
8 Luglio 2012 @ 09:22
La tua bella poesia mi ha sorpresa e commossa, Mirella
Maurizio Maturi
8 Luglio 2012 @ 20:12
Ringrazio per l’apprezzamento. Il merito è di Gian Carlo che a sorpresa ha pubblicato questa poesia di tanto tempo fà, riconoscendo da amico, un valore che sinceramente ancora non capisco bene.