Marina Cvetaeva
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ad Anna Achmatova
–
Violinista fu un qualche mio antenato,
cavallerizzo, e ladro anche, per giunta.
Non per nulla ho l’istinto della zingara
e i miei capelli odorano di vento!
Non è lui, l’olivastro, che dal carro
ruba con la mia mano le albicocche,
il ricciuto e camuso responsabile
del mio destino passionale?
.
Guardava sbalordito il contadino,
rigirando una rosa fra le labbra.
Fu un cattivo compagno, – ma un amante
focoso e tenerissimo!
Passionista di pipa, luna e barche,
e di tutte le giovani vicine…
.
E in più, mi sa, sia stato un bel vigliacco
quel mio antenato occhio gialluto.
Che per un soldo via! l’anima al diavolo,
non andasse per tombe, a mezzanotte!
E mi sa pure che nello stivale
portasse dietro tanto di coltello.
Che spesso e volentieri lui sbucasse,
agile come un gatto, da qualche angolo…
Chissà perché mi sono resa conto
che non suonasse affatto il violino!
per lui le cose non valevan nulla
quanto la neve di dicembre a luglio!
.
Tale violinista fu il mio avolo.
Tale son diventata io poeta.
–