Il No bel-lo no della settimana aggiudicato unanimamente dalla Redazione
«un maggior rischio di depressione è legato alla fotoperiodicità luminosa particolarmente corta della stagione invernale»
Qualcuno se ne sarà accorto, ma certamente la stragrande maggioranza delle persone che frequenta i quotidiani, sia cartacei che on-line, non ci avrà fatto assolutamente caso … parliamo di quegli articoli, che senza nessuna analisi critica, danno in pasto ai lettori delle, passateci il termine, ‘stronzate pseudoscientifiche’.
Che dire del feto di pecora che a due mesi sogna, mentre il bambino fino a cinque anni non sogna “La Repubblica”? Che dire dei gemelli che fanno amicizia nel grembo materno, “L’avvenire” ? Che dire di una donna incinta felice e sorridente che trasmette il suo buonumore al nascituro, e della scoperta del “gene dell’ottimismo” sempre “La Repubblica”? Che dire del fatto che l’uomo impara ad amare dagli animali (magari da un coccodrillo), sempre su “La Repubblica”?.
Già, che dire? Come direbbe Petrolini «sono ‘apotrofie cefaliche», e come direbbe il buon senso … cazzate.
Eppure queste cazzate divengono leggende metropolitane e le senti ripetere in ufficio, sul tram, nei pranzi domenicali quando è presente quel coglione di tuo cognato, o quella stronza di tua suocera. (suocere e cognati scuseranno l’etichetta infamante).
E così noi della redazione di “I giorni e le notti” abbiamo deciso di dare un riconoscimento (nel senso: così lo riconoscono tutti) al giornalista che ha pubblicato la cazzata pseudoscientifica più enorme della settimana. Abbiamo anche deciso di chiamare questo “riconoscimento” No bel-lo no.
Il No-Bel-lo no questa settimana va al giornalista del Corriere della Sera Salute, Cesare Peccarisi per il suo esilerante ‘articolo zodiacale’ : “Sei nato nei mesi invernali? Sei più a rischio depressione”.
Il buon Peccarisi, non ce ne voglia, senza chiedersi «Ma che cazzo dicono questi» come dovrebbe fare ogni giornalista e ogni persona dotata del buon senso comune avente un rapporto sano con la realtà, senza un cenno di dissenso, dà notizia di un articolo pubblicato su Psychiatry Research dall’Università di Bologna, dove, senza vergogna, viene affermato che «un maggior rischio di depressione è legato alla fotoperiodicità luminosa particolarmente corta della stagione invernale» Sta scritto proprio così.
E, udite, udite, il nostro solerte giornalista, come auctoritas, cita niente-po-po-di-meno-che un certo Shelley, che a quanto pare, secondo il ‘neopremiato’ con il No-bel-lo no, deve essere un eminente scienziato vissuto durante il romanticismo.
Secondo questa ricerca quindi è inutile cercare l’etiogenesis della depressione nei rapporti umani; è inutile pensare, come pensano tutti, tranne ‘sti ricercatori di Bologna, che uno è depresso perché lo ha lasciato la fidanzata e magari perché è stato anche licenziato; è inutile che l’Organizzazione Mondiale della Sanità si affatichi a cercare le cause della depressione che sta diventando, e lo diventerà sempre più, una pandemia.
Seguendo le indicazioni di ‘sti ricercatori bolognesi – figli di donne capaci di far cose che solo le bolognesi san fare così bene … i tortellini – per risolvere il problema depressione basta concepire i nascituri in autunno, in modo che nascano tra la primavera e l’estate, e il problema è risolto.
E allora Tattarataaaa (rullio di tamburi e squilli di trombe) il premio No-bel-lo no per Scienza & scemenza della settimana va al giornalista del Corriere della Sera-Salute Cesare Peccarisi.