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È uscito ieri, 23 novembre 2017, (leggi qui) su Le Monde diplomatique un articolo firmato da Alain Garrigou, Sauver Heidegger? che conferma questo e altri articoli usciti sul nostro blog sul filosofo nazista Heidegger.
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di GianCarlo Zanon
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Oggi, per motivi “deontologici”, ho dovuto leggere l’articolo di Gianni Vattimo apparso su Il FattoQ: Non basta un quaderno nero per liquidare Heidegger . Penso si inutile esprimere un giudizio su un titolo del genere a meno che non lo si voglia giudicare utilizzando le categorie psichiatriche.
Questo titolo è se non folle quantomeno menzognero perché non è un “quaderno nero” a inserire storicamente il “Mago di Messkirch” nel girone dei falsari, ma tutta la sua opera con la quale, come ha affermato Thomas Bernard in Antichi maestri, egli ha «annegato nel kitsch la filosofia» riuscendo, con la complicità dei suoi adepti, a ingannare per quasi un secolo la cultura occidentale.
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L’articolo di oggi, in cui Gianni Vattimo si professa ancora heideggeriano (leggi qui), è imbarazzante persino per me che sto sulla trincea contro i seguaci heideggeriani da lungo tempo. (*)
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È imbarazzante perché i Quaderni neri hanno documentato ciò che già da tempo si sapeva
su questo Mago di Oz capace, grazie ai sacerdoti della sua “chiesa”, di imbrigliare il pensiero occidentale per decenni. Vattimo però in questo articolo dice, e io gli devo credere perché egli è “un uomo d’onore”, «è difficile non essere profondamente scossi dalla esplicitezza di talune posizioni» … per poi contraddirsi «Quaderni aggiungono poco di nuovo, quasi solo la prova che gli interessi politici di Heidegger non furono affatto un aspetto marginale del suo pensiero». La logica mi suggerisce: “se i Quaderni neri aggiungono “poco di nuovo” , per quale motivo ci si dovrebbe sentire “profondamente scossi”? Misteri della fede!
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In realtà, come ha scritto Angelo Bolaffi Repubblica il 27 novembre scorso – L’equivoco del nazismo spirituale – «I Quaderni neri confermano la diagnosi stilata già nel 1940 da Karl Löwith (…) “Non è Heidegger che ha “male interpretato se stesso” quando si è schierato con Hitler ma, piuttosto, non hanno capito Heidegger coloro che non compresero perché egli ha potuto farlo”. Per questo – prosegue Bolaffi – appare urgente e ineludibile andare alla radice del grande equivoco rappresentato da Heidegger: un equivoco che è filosofico e non solo storico-politico. Occorre, è ancora Löwith a parlare, «rompere l’incantesimo di una sterile imitazione da parte di una massa di adepti».
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A quanto pare Vattimo è ancora vittima dell’incantesimo del “Mago di Messkirch”: «Ma perché parlare di liquidazione, a fronte di un così imponente lascito filosofico». scrive, incurante della miserrima realtà umana ed intellettuale del filosofo tedesco, nel suo edificante articolo.
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Sordo e cieco come uno di quei militari giapponesi che per trent’anni si nascosero nella giungla negando l’evidenza della sconfitta, Vattimo, ancora difende l’indifendibile e Donatella Di Cesare – citata più volte da Vattimo – organizza un convegno internazionale per parlare di … di che cosa? Dei “vaniloqui” di cui parlava ormai vent’anni fa Franco Volpi? «Anche le sue geniali sperimentazioni linguistiche implodono, – scriveva Volpi nella sua introduzione al testo di Heidegger intitolato Contributi alla filosofia – e assumono sempre più l’aspetto di funambolismi, anzi, di vaniloqui (…) Enigmatico non è tanto il pensiero dell’ultimo Heidegger, bensì l’ammirazione supina e spesso priva di spirito critico che gli è stata tributata e che ha prodotto tanta scolastica».
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Me l’immagino la sala del convegno con il cadavere imbalsamato del “Mago di Messkirch” in prima fila che a turno i suoi adepti muovono con un’invisibile quanto indistruttibile cordicella che li incatena, forse per sempre, a quel cadavere in decomposizione.
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Ma è inutile infierire su chi ancora pensa che la frase di Heidegger “ormai solo un Dio ci può salvare”, ha un senso da inscrivere nella sanità mentale. Il “Mago di Messkirch” in realtà era un ennesimo Mago di Oz: un subdolo omuncolo, re del regno delle scimmie che, come si sa, sanno solo imitare i gesti appresi dal loro ammaestratore.
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Dal Diario di G.C.Z. del 12 dicembre 2015
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(*) leggi qui tutti gli articoli relativi alla “Heidegger’s case”
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