• Bruce Springsteen e il fantasma di Tom Joad

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    Furore_10

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    di Gian Carlo Zanon

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    Ora, Tom diceva: – Mà ovunque ci sia
    un poliziotto che picchia un ragazzo
    ovunque un neonato pianga per la fame
    ovunque ci sia una battaglia
    contro il sangue e l’odio nell’aria
    cercami  Mà, io sarò là;
    ovunque ci siano uomini
    che lottano per un posto dove stare
    o per un lavoro decente
    o per una mano che li aiuti
    ovunque ci sia gente
    che sta lottando per essere libera
    guarda nei loro occhi, Mà, e vedrai me -.

    L’autostrada è viva questa notte
    ma nessuno si prende in giro su dove vada a finire
    io sono seduto qui accanto alla luce del fuoco
    in cerca del fantasma di Tom Joad.

    È il 1995 quando Bruce Springsteen “traduce” da par suo The Grapes of Wrath di John Steinbech e ne fa un disco leggendario: The Ghost of Tom Joad.

    Tom Joad è il protagonista del poema epico di Steinbech. Il titolo del romanzo in italiano è Furore, ma si dovrebbe tradurre più o meno con I grappoli della collera. Grappoli che prima o poi matureranno. In quest’opera si narrano le vicende della famiglia Joad. I Joad fanno parte di quelle centinaia di migliaia di contadini dell’Oklahoma che dopo aver perso la loro terra, perché sfrattati dalle banche e dai latifondisti, si diressero verso la California. La Terra Promessa di cui parla Springsteen nella sua canzone.

    Inutile dire che lì non trovano nessuna Terra Promessa ma solo odio da parte dei lavoratori locali che si sentirono defraudati dal lavoro. Inoltre i conatdini cacciati dalle prorie terre vennero sfruttati come animali da soma dalla grande industria alimentare che si servì di loro esattamente come fanno i nostri latifondisti del casertano con gli extracomunitari.

    Steinbech, nel 1939, da questa tragedia umana ne trasse un grande affresco epico. In Furore Tom Joad, è “l’eroe buono”, che dopo aver ucciso, in un moto d’ira, un uomo, che aveva ammazzato a bastonate come un cane sotto i propri occhi, un suo compagno di sventura, è costretto a fuggire. Prima di andarsene parla con la madre che gli chiede se lo vedrà ancora. Tom gli risponde con le parole che Springsteen ha inserito nella sua canzone: « ovunque ci sia una battaglia contro il sangue e l’odio nell’aria cercami Mà, io sarò là; ovunque ci siano uomini/ che lottano per un posto dove stare/o per un lavoro decente/ovunque ci sia gente che sta lottando per essere libera guarda nei loro occhi, Mà, e vedrai me».

    Springsteen, che certamente non è un economista, già nel 1980 in The River,  parlava di crisi economica: «Trovai un lavoro di manovale/per la Johnstown Company /ma in seguito non c’era più molto lavoro /a causa della crisi economica. Ora tutte quelle cose che/sembravano così importanti  /beh, signore, sono svanite nell’aria./Ora io mi comporto come se non lo ricordassi  /Mary come se non gliene importasse».

    Il cantante americano forse inconsapevolmente, scrive questa canzone, dipingendo la crisi del capitalismo industriale che, per le continue innovazioni tecnologiche, non ha più bisogno di un certo tipo di mano d’opera. Mano d’opera che essendo composta da esseri umani causa continui “problemi logistici”. Meglio le macchine e i robot. Terminator docet.

    Però il menestrello americano dalla voce roca non si ferma alla superfice del problema: la causa della crisi, dice, è da ricercare nei rapporti umani. Se un uomo si comporta come se non ricordasse più , e una donna come non gli importasse più del rapporto umano profondo, – rappresentato dalle notti passate nel fiume in fondo alla valle -, la società intera si disumanizza. Si disumanizza perché è nel rapporto uomo donna che c’è la possibilità di realizzare l’identità umana tra diversamente eguali avuta in dote alla nascita.

    È l’amore e l’interesse disinteressato per l’altro da sé che forma la prima cellula di umanità su cui costruire una società di diversamente uguali: umani uguali per diritto, umani diversi per sorte.

    Springsteen nel ’79 -’80 intuisce che tutto ciò è messo in pericolo da uno yuppismo dilagante che azzera gli anni che avevano visto migliaia di giovani rivoltarsi contro i padri, e da un liberismo che sta buttando alle ortiche gli ultimi residui di quelle regole economiche, dettate dall’economista John Keynes e rese leggi da Franklin Delano Roosevelt,  che avevano risollevato l’America dal Big Crash del ‘29.

    Per poter rendere ciechi e sordi la maggior parrte dei cittadini occidentali, ma non solo, gli uomini grigi della propaganda, al soldo della Grande Finanza e delle corporations, devono devitalizzare quel poco di buono che si è salvato dalle ceneri del ‘68. Non ci vuole molto perché la rivolta nata negli anni sessanta nelle università americane è finita nella droga e/o sui lettini della psicanalisi che ha come cardine l’identificazione col padre. E il gioco è fatto.

    Non bastano le visionarie intuizioni di pochi artisti, tra cui, Sam Shepard, a svegliare l’America dal sonno ipnotico indotto dalla cultura liberal ora passata al nemico. Non basta perché il loro grido di dolore è troppo flebile e non possiede una teoria alternativa né al sistema filosofico protestante che induce alla credenza della predestinazione, né alla ragione capitalistica che prosciuga quel fiume dove la voce narrante di The River amava Mary, di notte: « (…) ora questi ricordi tornano a perseguitarmi/mi perseguitano come una maledizione/un sogno irrealizzato è una bugia/o qualcosa di peggio ancora/ che mi porta giù al fiume/anche se so che è asciutto.»

    C’è un libro uscito in questi giorni, Bambino donna e trasformazione dell’uomo di Massimo Fagioli, che racconta molto bene ciò che io ho solo maldestramente cercato di scrivere. In questo libro/intervista, Fagioli svela i retroscena culturali che hanno corrotto la società portandola ad un declino tutto sommato prevedibile.

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    Si trattava solo di tempo, ma prima o poi questo castello di carte costruito sui paradigmi metafisici e razionali sarebbe imploso divorato da se stesso. Artisti come Springsteen e Shepard potevano solo intuire e rendere visibile e udibile ciò che la percezione poetica suggeriva loro. Lo scrittore americano premio Pulitzer, nel 1981,a un anno dall’uscita di The River, nella sua raccolta di poesie e racconti Motel Chronicles, scriveva quattro strofe secche: «la gente qui/è diventata/la gente/che fa finta di essere.»

    E in un racconto della raccolta c’è questo strano colloquio:

    «Mi sposto al suo tavolo e le chiedo cosa sta leggendo

    “La Storia del Suicidio Americano,” risponde.

    “Sei una studiosa di Suicidio?” le chiedo io.

    “No,” risponde lei.»

    “Oh,” faccio io.

     

    Piccole tracce di quello che stava accadendo. Sono gli esseri umani che fanno la società e non il contrario. Bastava fare due più due: se gli esseri umani “fanno finta di essere”, se i sogni di una generazione non si realizzano, se ci si comporta come se non si ricordasse, se i fiumi interiori si prosciugano, e soprattutto se a Mary non gli importa più di niente, cosa può succedere? Esattamente quello che è successo. Basta aprire gli occhi e guardare. E poi ricostruire … anzi costruire ciò che non c’è mai stato: una società incardinata sul rapporto profondo con l’altro da sé, il diversamente uguale …

     «L’autostrada è viva questa notte

    ma nessuno si prende in giro su dove vada a finire

    io sono seduto qui accanto alla luce del fuoco

    in cerca del fantasma di Tom Joad»

    La canzone di Bruce Springsteen

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    • …alla domanda: “Perchè si festeggia il primo maggio!?” cercavo… una risposta…. così!
      Io i libri di Massimo Fagioli li ho letti e li continuo a rileggere tant’è che …in libreria ho richiesto il libro “Bambino donna trasformazione dell’uomo”, ma è da più di qualche mese che l’ho richiesto (…non sapevo dell’ edizione del 12 Aprile 2013), ma siamo nel Veneto cattolicissimo…. così!
      Comunque ho letto questo libro (….avevo le edizioni passate, ma il libro è sempre attuale, anzi attualissimo), ma l’ho lasciato a Napoli, sperando che anche mia figlia lo legga…. così!
      Mi sono “separato” da mia moglie e con dolore…. da mia figlia (mia moglie -ex- non ha mai voluto una biblioteca in casa e quando ha visto una foto di Fagioli Massimo l’ha chiamato con un appellativo tipico di un capo indiano, cioè: “riente ‘e cavalle” che tradotto vuol dire letteralmente “denti di cavallo”, forse per il suo sorriso…. che io non so con quale aggettivo definire…. forse perchè un sorriso non lo puoi definire con un suono, perchè è un immagine forte che provoca le reazioni… che provoca!
      Un sorriso parla da solo ed è come una sfida a chi non sorride più e forse è anche una sfida a coloro che non sognano più un mondo migliore.
      Il primo maggio è anche questo: …farsi le domande! …c’ è un nesso tra memoria, affetti e sogni.!?
      La memoria in questo senso è un affetto!?
      E chi non sogna più e/o non sorride più è perchè non ha più affetti!?
      Chi non sogna è perchè è anaffettivo!?
      So bene che i sogni possono essere anche ingannevoli e possono quindi rappresentare affetti non propriamente…. carini!
      Un sogno può anche rappresentare… purtroppo…. la nostra anaffettività!
      So anche che… non è detto che chi non sogna è perchè è anaffettivo, anzi può darsi che ha una fantasia tale che non ha bisogno di rappresentare il suo affetto di rapporto con il sogno, ma lo esprime con le parole scritte (i gesti, le parole e quant’altro!) e mi viene in mente la rubrica settimanale di LEFT…. trasformazione!

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