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Non mi resta che fiorire,
non mi resta che darmi alle danze.
Non mi resta che alludere senza ritegno,
che catturare i sogni con la coda dell’occhio,
che rubare di tutto tranne gli oggetti materiali,
che continuare a scompormi sotto il cappotto abbottonato.
Non mi resta che ridere, ma sotto provocazione,
che attendere sempre un “la” del diapason,
nondimeno mostrare l’iniziativa inaspettata,
che fare dello sproposito una ribellione elegante.
Non mi resta che inventare bugie, che siano storie belle,
che raccontandotele pur sapendo che non sono vere
ci tremi insieme ogni volta la pelle.
Non mi resta che fare man bassa di tanta sparsa bellezza,
che andare da un capo all’altro di questa città passando per la Cina,
non mi resta che continuare a parlarti in una lingua straniera sconosciuta
dicendoti con gli occhi questa cosa che ora appunto sai.
Non mi resta che una serie di tramonti che passano in numero finito,
come i minuti e le ore,
che guardare le parole scritte non solo leggerle,
non mi resta che dimenticare alcuni effetti personali
senza che un minimo importi a questa valigia errante.
Un metronomo avviato lentamente,
per battere il tempo del silenzio sospeso
a volte il migliore,
tra una domanda e una risposta
tra un dare e un avere,
tra l’attimo prima del decollo e il decollo,
tra un’esitazione e un incedere.
Non mi resta che iniziare,
non mi resta che intraprendere.
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Roberto Chimenti
13 Dicembre 2016 @ 10:01
Bella!!!