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Ad un amico
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Con un cenno da lontano
Tuo, segreto,
è rinato il mio volto:
lontani indigeni a scrutarsi.
Di qua dalle scogliere impervie
un’aquila accorta si libra nel mezzo,
fa ritorno alle nostre parole.
La voce si sveste calda,
muta la pelle
e non è più, non un altro,
quel fiume muto e sinuoso che scava un solco
che avanza libero
Tuo, segreto.
Lacrime flesse,
chiamate da un fiato impertinente,
sono venute belle,
sono venute agli occhi,
ma vestite di graffi.
Le parole e le cose sono ferite,
come indigene passate per una grotta
fuggendo nella notte.
Erano forse esperte, nascoste, navigate,
erano relegate, annientate, irriconoscibili?
Ti appartenevano, non appena varcate le mie labbra.
Te le rendo ugualmente,
danzanti in un castello
Tuo, segreto.
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Dalla redazione
8 Gennaio 2013 @ 10:44
Ho letto. Sono rimasto per un tempo imprecisato separato dal mondo … forse è questo che fa la poesia? Quella poesia di cui parla Emily Dickinson, quella che si riconosce prima col corpo e poi con il pensiero sveglio? Sparito il tempo che scorre nelle ore, spariti i discorsi della mente, riconosco il suono, è quello perduto … ritrovato.
GC
susanne portmann
8 Gennaio 2013 @ 11:36
bellissima, davvero!