• Haiku, un attimo di vita che diventa poesia

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    Nella letteratura giapponese, gli Haiku rappresentano una parte molto importante della poesia. La condizione alla base di questo tipo di poesia è la convinzione dell’inadeguatezza del linguaggio, rispetto al compito di testimoniare la verità. C’è molta cultura Zen alla base della poesia Haiku, il cui intento è quello di far tornare il linguaggio alla sua essenza pura, alla sua nudità.
    Nessuna manifestazione del reale, neppure la più semplice, è indegna di essere trattata dai Maestri di Haiku: in ogni cosa è l’energia vitale a svelarsi alla mente, se questa è scevra da schemi e pregiudizi, dalle proprie abitudini e dai limiti del razionale. E poiché l’energia vitale è movimento, anche l’Haiku, seppure nella sua semplicità, dovrà permettere a questo movimento di esprimersi, attraverso le sillabe, e di esprimere a sua volta la comunione, l’esigenza dell’uomo di essere tuttuno con la natura.
    Veicolo di questa comunione, l’Haiku, però, non diventa mai semplice descrizione realistica, ma va sempre interpretato come testimonianza di una visione che va appunto oltre gli schemi oggettivi.
    Esistono almeno due modi di scrivere Haiku, essi danno vita a due stili diversi.

    Il primo stile è caratterizzato dal fatto che uno dei tre versi (normalmente il primo) introduce un argomento che viene ampliato e concluso negli altri due versi.
    Il secondo stile produce Haiku che trattano due argomenti diversi messi fra loro in opposizione o in armonia. Questo secondo stile può attuarsi con due modalità: il primo verso introduce un argomento, il secondo verso lo amplia e lo approfondisce, il terzo verso produce un’opposizione di contenuto, un capovolgimento semantico che in qualche modo ha però relazione con il primo argomento. Questo sbalzo semantico può anche essere sottilissimo.
    Ma potrebbe anche essere che il primo verso introduce un argomento, e sono i due versi successivi che introducendo un nuovo argomento lo mettono in relazione con l’argomento trattato nel primo verso (in opposizione o in armonia).
    Basho, uno dei massimi poeti di Haiku, dopo aver letto una composizione del discepolo Kikaku, gli disse: “Hai la debolezza di voler stupire. Cerchi versi splendidi per cose lontane; dovresti trovarli per cose che ti sono vicine”.
    Nelle poesie di Basho l’intera natura è chiamata ad esprimersi: l’acqua, le rocce, i fiori, il sole, le nuvole e le stelle, gli animali, le piante, il mare e il vento e insieme a tutto ciò, il dolore e la gioia dell’uomo. Tutto è Kami, divinità, e al cospetto del divino il poeta si colloca, anima e corpo in un’unità inscindibile, nella condizione estatica della contemplazione.
    L’Haiku è nato in Giappone nel XVII secolo.
    Deriva dal Tanka, componimento poetico di trentun sillabe.
    Si scrivevano poesie Tanka già nel IV secolo. Il Tanka è formato da cinque versi con una quantità precisa di sillabe per ogni verso: il primo verso contiene cinque sillabe, il secondo sette sillabe, il terzo cinque sillabe, il quarto sette sillabe, il quinto sette sillabe. Eliminando gli ultimi due versi si è formato l’Haiku.
    La prima antologia di poesia giapponese intitolata “Manyoshu” risale all’ VIII secolo; comprende 20 volumi con 4.500 poesie in diverso stile.
    In Giappone si calcola che più di dieci milioni di persone si diletta a scrivere Haiku. Ci sono attivissimi gruppi di poeti (chiamati Haijin) che si riuniscono per parlare di Haiku. Tutte le maggiori riviste e quotidiani giapponesi hanno una rubrica dedicata agli Haiku.

    Fredda più della neve
    è sui capelli bianchi
    in inverno la luna

    Takarai Kikaku

    soffia il vento:
    si tengono forte
    i boccioli di pruno

    Uejima Onitsura

    il tetto si è bruciato:
    ora
    posso vedere la luna

    Masahide

    la primavera
    scaccia l’eco del freddo
    dal mio giardino

    Anonimo

    Segni d’aria potrei dirti.
    E parole notturne di vento.
    Sorridono i solchi arati nei campi.
    Bagnati di luna


      Rosa Rivelli

    HAIKU annodati

    La notte

    Affondavi nel buio;

    le onde di Ypnos

    portavano sogni.

    La mano caduta

    invadeva il mio petto

    cercando il passaggio.

    Consumavo la notte

    temendo la luce

    che portava empietà.

    Il sole inciampava

    tra nubi annerite

    dal pianto di dee.

    Giungeva il mattino:

    vinceva la luce

    di Emeros scaltro.

    Scostasti la mano:

    dipinta d’Aurora

    s’era fatta leggera;

    una ciglia cedette,

    cercasti il contatto

    … l’umano nel mondo

     e volevi il caffè

    che sveglia la mente

    ancor preda di sogni.

    GianCarlo Zanon

    Ypnos è il sonno: figlio di Nykta, la notte, che lo generò insieme al gemello Thanatos: la morte.

    Emeros è il giorno

    • Super : la mente irrazionale….. emisfero destro del cervello …..: uno dei 2 poli di TAO……..
      HAIKU e KOAN stimolano la trascesi di TAO ( tutto il percettibile )…….
      nuove sinapsi nel corpo calloso :
      L’ INFINITO attivo nella miserevole dimensione umana.

      by Veet Nirguno.

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