di Jeanne Pucelli
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Girando per le strade disselciate della comunicazione mediatica, ogni tanto ci si ricorda che il mondo della politica assomiglia più ad una savana primordiale che alla Cattedrale di San Perbene dei Buoni Propositi.
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E così sulla pagine che parlano di un capo branco di partito caduto in disgrazia per troppa, si dice, arroganza e stupidità, trovi la foto di una iena dal baffo tinto pronta a ghermire la preda ferita gravemente dai denti elettorali di un branco di lupi pentastellati incazzati. Un fenomeno inquietante e sanguinolento che pur essendo sotto gli occhi di tutti pochi notano e sottolineano.
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Questi animali politici “divora carogne” – iene dal baffo tinto, sciacalli del dubbio , avvoltoi semicalvi di ceppo romagnolo, marabù ossigenati – utili per l’ecosistema in quanto eliminano i resti di colleghi in decomposizione, sono rimasti per mesi rintanati nel loro odio con il naso alzato controvento per avvertire l’odore di morte imminente.
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Ed ora eccoli ora lì intorno al bufalo ferito con la bava alla bocca a lanciare proclami e ad organizzare i soliti incontri tra androidi “party-giani” della razza insapiens sinistrensis caratterizzati dalla puzza sotto il naso, per accaparrarsi i resti del leader lasciati nella polvere dal movimento politico emergente che ha, con la conquista del territorio della rive gauche, portato alla luce la pochezza del loro capo branco.
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Maestri del “me ne vado ma resto”, del “sono stato male interpretato”, del “il partito di deve cambiare dall’interno” e del “io voto per fedeltà al partito però …”, ora addentano alle spalle l’ancora giovane bufalo, razza gigionensis, in palese difficoltà referendaria.
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Un consiglio ai mangiacarogne: non dire gatto se non ce l’hai nel sacco.
28 giugno 2016
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© Jeanne Pucelli – Riproduzione vietata