• Neoliberismo, la malattia invisibile

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    di Gian Carlo Zanon

    Poco tempo fa mentre ascoltavo Radio3 giunse una telefonata di un ascoltatore preoccupato per la crisi del modello, economico e sociale, chiamato liberismo. Mi venne da pensare che la parola liberismo è di fatto un eufemismo per definire il neoliberismo che a sua volta nasconde il “cuore di tenebra” dell’ordo-liberismo in cui vige il kurtzismo. Mi spiego meglio.

    Nel romanzo breve Cuore di tenebra, Joseph Conrad, attraverso la voce narrante di Marlow, ricrea una situazione, da lui vissuta durante un viaggio in Africa nel 1890, trasfigurandola in un girone infernale. In questa narrazione egli rivela tutta la brutale violenza del colonialismo – alias capitalismo – portato alle estreme conseguenze da Kurz, il quale, ingaggiato da una società commerciale con il compito di risalire il fiume Congo per acquisire il pregiato avorio, porta il suo mandato fino alle estreme conseguenze.

    Il compito di Marlow (voce narrante) è invece quello di riportarlo a casa perché si vocifera che sia andato oltre le “regole di ingaggio” e anche perché è giunta notizia di una sua grave malattia.

    È quindi  Marlow che narra tutto l’orrore vissuto in quella missione: «Badate, – racconta Marlow ai marinai che lo ascoltavano adunati attorno a sé –  Ciò che ci salva è l’efficienza, il culto dell’efficienza. Ma su quegli uomini non si poteva fare molto affidamento. Non erano colonizzatori e la loro amministrazione non era che l’arte di spremere, nient’altro, temo. Erano dei conquistatori e per questo, non ci vuole che la forza bruta, niente di cui essere fieri quando la si ha, perché questa forza non è che un accidente che deriva dalla debolezza altrui. Mettevano le mani su tutto quello che potevano arraffare, per il solo piacere di arraffare. Si trattava propriamente di rapina a mano armata, di omicidio premeditato su vasta scala, e gli uomini ci andavano alla cieca, come fanno tutti quelli che si devono misurare con le tenebre.»

    Kurtz va anche oltre il cinismo di questi predoni: scrollatosi di dosso anche l’ultima ipocrita morale di quei mascalzoni, egli si insedia nella parte più inaccessibile della foresta congolese, accumulando quantità enormi di avorio. Qui si crea un piccolo regno privato in cui è adorato come una divinità dalla popolazione locale. Lui premia e punisce a sua discrezione; teste mozzate “decorano” la sua capanna a monito.

    Marlow è allo stesso tempo affascinato e terrorizzato da questo personaggio carismatico capace di conquistare il favore di chiunque e di far fare agli altri ciò che comanda.

    «Ecco perché affermo che Kurtz era un uomo notevole. – afferma Marlow – Lui aveva qualcosa da dire. E lo disse. Dal momento che ho sbirciato anch’io oltre la soglia, capisco meglio il significato del suo sguardo fisso, che non poteva vedere la fiamma della candela, ma era abbastanza vasto da abbracciare l’universo intero, abbastanza acuto per penetrare in tutti i cuori che battono nella tenebra. (…) È vero che lui aveva fatto il passo supremo, aveva oltrepassato la soglia, mentre a me era stato consentito di ritirare il mio piede esitante. E forse in questo consiste tutta la differenza; forse tutta la saggezza, e tutta la verità, e tutta la sincerità sono concentrate in quell’imponderabile momento in cui noi oltrepassiamo la soglia dell’invisibile.»

    Frasi sibilline queste di Marlow, dalle quali forse potremmo dedurre l’aderenza di Conrad all’idea dominante, allora come ora, dell’esistenza di una tenebra incistata in ogni essere umano. Un tenebra capace, secondo questa millenaria credenza, di risalire dalle profondità dell’essere per impossessarsi della totalità dell’individuo. Kurtz avrebbe quindi raggiunto quella “autenticità dell’essere” che permette di essere, secondo Heidegger l’ideologo del nazismo, ciò che si è, una bestia, fino in fondo e senza infingimenti morali. Si perché il colonialismo, secondo la propaganda, altro non era che un modo per togliere dalle tenebre quei selvaggi… oggi diremmo “per esportare la democrazia”, allora si diceva per dare loro una morale cristiana: «Non tardai ad apprendere che, molto appropriatamente, la Società internazionale per la Soppressione dei Costumi Selvaggi gli aveva dato il compito di redigere un rapporto, che servisse come norma futura»

    I colonialisti «S’accingevano a gestire un impero d’oltremare e a trarne una barca di soldi con il commercio» e Kurtz, visto tutto l’avorio che mandava alla Compagnia, faceva loro comodo «Sì. – dice un funzionario – Oggi è a capo della stazione più importante, il prossimo anno sarà vicedirettore, fra due anni sarà…». Kurtz arricchiva la Compagnia, poco importava il modo in cui lo faceva. 

    È questa la differenza tra Kurtz e Marlow: il primo «aveva fatto il passo supremo, aveva oltrepassato la soglia, mentre a me era stato consentito di ritirare il mio piede esitante.» Marlow ha la capacità di guardare oltre la porta dell’invisibile e, visto l’orrore che scaturisce dalla colonizzazione, è capace di ritrarre il piede prima che sia troppo tardi.

    I parallelismi tra la tenebra del colonialismo descritto da Conrad e la tenebra del liberismo che possiamo, avendone il coraggio, vedere oltre la porta eretta giornalmente dai disinformatori mediatici e dalla casta politica, sono chiari.

    Pensiamo a un Marchionne per esempio che, dopo aver sfruttato fino all’osso i lavoratori, ha dato loro il ben servito, anche grazie al Jobs Act renziano. I due erano molto amici. Marchionne, che aveva il culto dell’efficienza, come Kurtz, muore dopo aver fatto guadagnare un pacco di soldi a quell’azienda, che gli aveva dato “NESSUNA regola d’ingaggio”. È il “liberi tutti” che chiedono tutti i capitani d’industria per continuare a schiavizzare i loro sottoposti.

    Il liberismo con i suoi prefissi – neo e ordo – è una malattia invisibile ai più. Le sue invisibili metastasi hanno generato un cuore di tenebra apparentemente invincibile. Anche chi si accorge di avere dentro di sé questa malattia sistemica, prima o poi si convince che è inguaribile e che quindi ci deve convivere… ed è meglio, come suggeriva Gaber, se si fa finta di essere sani altrimenti ci fanno passare per matti.

    Mettendo insieme Calvino e Conrad potremmo dire: «la tenebra del neoliberismo non è qualcosa che sarà; se ce n’è una, quella è già qui: è la malattia invisibile che evitiamo di vedere tutti i giorni, che ci trasmettiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare il liberismo e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo al tenebroso sistema neoliberista, non lo è, e farlo durare, e dargli spazio.»

    Tornato dalla missione, dopo la morte di Kurtz, Marlow porta con se la conoscenza dell’invisibile  che lo obbliga a vedere l’orribile banalità del colonialismo: «Mi ritrovai nella città sepolcrale pieno di risentimento alla vista di quella gente che si affrettava per le strade per rubarsi reciprocamente un po’ di soldi, per divorare quel loro cibo infame, per ingoiare quella pessima birra, per sognare i loro stupidi sogni insignificanti. Usurpavano i miei pensieri. Erano intrusi la cui presunta conoscenza della vita era per me un’irritante finzione, perché ero certo che non potevano assolutamente sapere le cose che io sapevo. Il loro comportamento, che non era altro che quello di banali individui che badano ai propri affari nella certezza di essere al sicuro, mi indignava come un’oltraggiosa ostentazione di stupidità di fronte a un pericolo che non si è in grado di discernere. Non avevo alcun desiderio di illuminarli, ma facevo fatica a trattenermi dal ridere in faccia a quelle facce piene di stolida supponenza.»

    Il neoliberismo sta mettendo in pericolo l’intera umanità, è il caso di curarsi da questa malattia invisibile… come? Assumendo consapevolezza e responsabilità…

    10 settembre 2024

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