Ringraziamo Segnalazioni per l’articolo
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Il silenzio degli innocenti
Il documentario-choc sugli abusi dei preti pedofili in Usa
Da domani nelle sale il film «Mea maxima culpa» del premio Oscar Alex Gibney Un’inchiesta tra gli orrori in un istituto a Milwaukee
di Gabriella Gallozzi
C’È IL SILENZIO SOPRATTUTTO. QUELLO DELLE VITTIME, RAGAZZINI SORDOMUTI DI UN ISTITUTO RELIGIOSO DI MILWAUKEE, WISCONSIN. Quello delle autorità religiose locali, risalendo via via tutte le gerarchie ecclesiastiche vaticane, fino ai piani alti della Curia romana: Joseph Ratzinger.
È un muro di silenzio, omertà, secolare e potente come la Chiesa, quello contro il quale si scaglia l’americano premio Oscar Alex Gibney col suo impressionante Mea maxima culpa: silenzio nella casa di Dio, il documentario che Feltrinelli Real cinema porterà nelle sale da domani sfidando sicuramente le ire più terrene di quanti, ancora oggi, si ostinano a non fare i conti con la necessità di un radicale rinnovamento della Chiesa.
Il tema, infatti, è quello dello scandalo dei preti pedofili, dagli Stati Uniti all’Europa, Italia compresa. Una inchiesta dettagliata, con dati, atti giudiziari, nomi e cognomi di vittime e carnefici nel consolidato stile di un regista che ha sempre menato duro contro gli abusi di potere, che siano quelli del capitale (Enron: l’economia della truffa) o delle istituzioni che violano i diritti umani, come ha fatto l’amministrazione Bush per combattere il «terrorismo islamico» (Taxi to the Dark Side, Oscar 2007).
Dare voce a chi non ce l’ha, in questo caso letteralmente, è il punto di partenza di questo nuovo durissimo lavoro di Gibney che arriva in Italia quando i riflettori planetari sono ancora accesi sull’uscita di scena di Benedetto XVI e l’arrivo di papa Francesco. Il racconto, infatti, parte proprio dalle testimonianze di chi la violenza dei preti pedofili l’ha vissuta sulla propria pelle. Senza poterla denunciare per anni, lunghissimi, interminabili. Parliamo di quattro ex allievi dell’istituto per sordomuti St. John’s di Milwaukee, dove per trent’anni padre Lawrence Murphy ha abusato e violentato i ragazzini nell’omertà delle più alte gerarchie vaticane. Sono loro oggi, ormai uomini di mezz’età, a raccontarci dell’incubo vissuto, per il quale hanno invocato la giustizia degli uomini, arrivando a far causa al Vaticano e allo stesso Ratzinger, allora alla guida della Congregazione della dottrina della fede, sul cui tavolo arrivano d’ufficio tutte le denunce di abusi sui minori da parte del clero.
E sono testimonianze agghiaccianti. Padre Murphy, l’unico in istituto a parlare la lingua dei segni, aveva gioco facile. I ricordi delle notti in camerata quando lo sentivano entrare «come un lupo» in cerca della preda evocano un film horror che si è perpetrato per anni. Inutili i tentativi dei ragazzi di diffondere volantini di denuncia. Inutili quelli di comunicare le violenze ai genitori, i pochi a conoscenza del linguaggio per sordomuti. Inutili quelli di rivolgersi alla polizia. Sono passati «secoli» prima che lo scandalo di Milwaukee venisse alla luce. Mentre padre Murphy ha continuato ad agire indisturbato (si parla di circa 200 abusi) fino a metà anni Settanta, quando viene finalmente rimosso dall’incarico di direttore dell’istituto, ma senza subire alcun processo canonico, senza rinunciare all’abito, nonostante le denunce dello stesso arcivescovo di Milwaukee, pervenute a Ratzinger.
È una storia di violenze e silenzi colpevoli quella che ci racconta Mea maxima culpa, in cui il «caso Murphy» è solo uno dei tanti che hanno macchiato la Chiesa negli anni. E che ha sempre taciuto. Già nel primo dopoguerra i Paracletes Center, istituti per «il recupero» dei preti pedofili, sorgevano isolati in luoghi protetti dagli sguardi indiscreti. A dire di un fenomeno di impressionante vastità. Meticoloso, puntuale cronista Alex Gibney ascolta un gran numero di testimoni, giornalisti, avvocati. Passa al setaccio gli scandali scoppiati in Irlanda, Germania. In Italia, anche, a Verona, pure qui un istituto per sordomuti che ha fatto da scenario alle violenze per oltre trent’anni. È un puzzle dell’orrore Mea maxima culpa in cui, tassello dopo tassello, la requisitoria contro il silenzio della Chiesa è senza appello.
articolo riprodotto da l’Unità – 19.3.13
articolo postato il 19 marzo 2013