Famiglia Yanomami pronta per spostarsi in foresta
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XURUKURAYU *
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Loretta Emiri **
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Xuruku, nella lingua yãnomamè, è la radice del verbo che potrebbe essere tradotto come “viaggiare con famiglia e beni”, mentre rayu è il suffisso di un modo che si avvicina al nostro gerundio. Quando il tran tran rende noioso e fastidioso il quotidiano, il gruppo locale yanomami decide di fare xurukurayu. Uomini, donne, animali domestici, vecchi e bambini si addentrano allegramente nei meandri della foresta. Nel cesto trasportato dalla donna sono stipati tutti i beni che la famiglia possiede. Trascorreranno circa dieci giorni cacciando e pescando; raccogliendo miele, frutti e materie prime che useranno poi per produrre utensili. Torneranno al villaggio rivitalizzati nel corpo e nello spirito, pronti per affrontare di nuovo la quotidianità della vita.
Nel periodo trascorso tra gli Yanomami, non ho mai sentito il bisogno di evadere. Il problema si è posto una volta passata a vivere in Boa Vista, capitale dello stato di Roraima. Quando grigiore e pesantezza della routine arrivavano ad infastidirmi, decidevo di fare xurukurayu. Compravo il biglietto per il sud del Brasile sempre con un certo anticipo rispetto alla data di partenza, perché il solo acquisto aveva il potere di ravvivare la speranza che ardeva ancora sotto le ceneri del quotidiano, facendola tornare a scoppiettare allegramente dentro di me. Un’unica valigia era più che sufficiente per contenere gli indumenti che mi portavo dietro, ma era resa pesantissima dal desiderio di volare lontano dai piccoli birbanti e dai grandi delinquenti della mia via, dalla violenza e sporcizia dell’amazzonica Babilonia, dalla burocrazia tarpante le ali della creatività.
Quando relazioni operosamente costruite raggiungevano il tetto dell’amicizia, i miei amici lasciavano Roraima per tornarsene negli stati di origine. Ogni partenza mi dava angoscia, perché significava che dovevo ricominciare tutto da capo con nuovi arrivati, i quali, a loro volta, prima o poi se ne sarebbero andati. Soprattutto a causa dell’isolamento geografico, nessuno tornò mai per farmi visita. I viaggi al sud mi servivano anche per rivedere persone care: esseri solidali con i quali parlavo di sentimenti, ascoltavo buona musica, mangiavo cibi resi leccornie dalle radici culturali con cui erano stati conditi.
Neruda mi aveva confessato di aver bisogno di giocattoli. La rivelazione mi spronava a non rinunciare ai miei. Da una vetrina all’altra, con lo sguardo esigente, li cercavo: un pesce fossilizzato, una scatola di legno, un tessuto artigianale. Alcune volte mi concessi abiti lunghi, per rendere eleganti le solitarie serate in Amazzonia. L’acquisto di libri sempre costituiva la spesa più consistente che riuscissi a fare. Quando assistevo all’ultimo dei film interessanti in cartellone, era ormai ora di fare ritorno al nord. Stipavo in valigia calore umano, cultura e giocattoli, che non riuscivano però a renderla pesante. Quando l’aereo atterrava mi sentivo rivitalizzata, pronta per riprendere il difficile compito prefissomi, e cioè di insistere in ricerche e sperimentazioni che contribuissero al miglioramento delle prospettive esistenziali degli indios nel culturalmente e politicamente squallido stato di Roraima.
Più di una persona, a cui ho chiesto di analizzare testi, mi ha fatto notare che utilizzo molto il gerundio. Amo servirmene perché accentua l’idea verbale di circostanze iniziate, in atto, non finite, proprio come le mie ricerche e sperimentazioni per creare uno stile che, indipendentemente dalla lingua in cui mi esprimo, sia anche affermazione di identità.
18 aprile 2016
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* Il brano “Xurukurayu” è uno dei capitoli del libro Amazzonia portatile, Manni Editori, Lecce, 2003.
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** Loretta Emiri è nata in Umbria nel 1947. Nel 1977 si è stabilita in Roraima (Brasile) dove ha vissuto per anni con gli indios Yanomami. In seguito, organizzando corsi e incontri per maestri indigeni, ha avuto contatti con varie etnie e i loro leader. Ha pubblicato il Dicionário Yãnomamè-Português, il libro etno-fotografico Yanomami para brasileiro ver, la raccolta poetica Mulher entre três culturas, i volumi di racconti Amazzonia portatile e Amazzone in tempo reale (premio speciale della giuria per la Saggistica, del Premio Franz Kafka Italia 2013), il romanzo breve Quando le amazzoni diventano nonne. È anche autrice degli inediti A passo di tartaruga e Romanzo indigenista, mentre del libro Se si riesce a sopravvivere a questa guerra non si muore più, anch’esso inedito, è la curatrice.
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