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di Gian Carlo Zanon
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«Conobbi Lula in Italia nel dicembre del 1995, nella città di Tolentino. Una delle persone intervenute per ascoltarlo, gli chiese perché mai avesse perso l’elezione del 1989 contro un energumeno come Collor. Lui rispose che fu per la stessa ragione che portò un energumeno come Berlusconi ad arrivare alla presidenza del Consiglio dei Ministri: i mass media fabbricano personaggi, distruggono reputazioni, manipolano elettori portandoli a eleggere, democraticamente, i candidati imposti dal potere economico.»
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Questo è un brano tratto da – Mosaico indigeno – l’ultimo libro di Loretta Emiri, pubblicato per i tipi di Multimage, in cui sono raccolte le tessere del vissuto di questa donna indomita che ha vissuto per anni con gli indios Yanomami, traducendo anche la loro lingua (Dicionário Yãnomamè-Português) e che ha già pubblicato molti testi tra cui la raccolta poetica Mulher entre três culturas, e i libri di racconti Amazzonia portatile, Amazzone in tempo reale.
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Tutti le persone che hanno conservato almeno una briciola di onestà culturale sanno che, come disse Lula in quell’occasione citata, i mass media sono in grado di fare di ciò che non è ciò che è e viceversa: «fabbricano personaggi, distruggono reputazioni, manipolano elettori portandoli a eleggere, democraticamente, i candidati imposti dal potere economico» e, aggiungerei che fabbricano anche guide spirituali e santi omettendo quel particolare e quel dettaglio che svelerebbe la loro vera e repellente realtà interiore.
L’autrice di questo mosaico, fatto di piccole ma dettagliate tessere narrative, si è prodigata per anni nella difesa dei popoli indigeni dell’Amazzonia che difendono la loro terra da quegli squallidi individui che hanno voluto il genocida Bolsonaro al potere e che pur di massimizzare i loro guadagni non si fermano neppure di fronte alla vita umana. «Di nuovo, per far posto alle bestie, gli uomini vengono scacciati dalle terre e l’habitat distrutto. Insieme alla foresta è tutta una civiltà che brucia, con valori e conoscenze accumulate; è un modo di vivere che scompare, non semplicemente un sistema economico.»
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Ogni individuo che si frappone tra ciò che viene percepito unicamente come fonte dei loro guadagni e le loro mani adunche viene spazzato via come un oggetto inanimato. E Loretta Emiri ci parla Chico Mendes, che si era messo a capo del movimento dei lavoratori e lottava per garantire migliori condizioni di sussistenza alla collettività cui apparteneva, rischiando la vita per difendere il proprio mondo minacciato da quegli individui che impugnano il fucile e il rosario. Chico Mendes e quelli come lui che anche oggi ogni giorno vengono ammazzati, sono le vittime degli organizzatori di quella catena alimentare al cui anello finale è infilata una fetta di “bresaola valtellinese” fatta con carne di zebù brasiliano che si è nutrito del raccolto dei campi creati bruciando zone forestali grandi quanto alcune regioni italiane. Chico Mendes per questi assassini era solo un piccolo sasso che inceppava quell’ingranaggio della globalizzazione e che Loretta Emiri, come narra lei stessa nel suo libro, dovette difendere anche da morto qui in Italia dove si fanno conferenze in difesa dell’ecologia con l’unico scopo di tessere adeguate public relations che servono per far carriera universitaria, e per abbuffarsi nei servizi a buffet in cui la “bresaola valtellinese” non manca mai perché offerta in cambio del silenzio: «Affermai – scrive l’autrice – che parlare di Chico Mendes senza dire che era stato leader rurale, consigliere comunale, sindacalista, organizzatore del movimento popolare, fondatore di partito politico, era come asportargli parti di personalità, ciò equivalendo ad ammazzarlo per la seconda volta; definire Chico Mendes un “grande ecologista”, lasciando intendere che dovesse la sua formazione al movimento ecologico internazionale, era negare che civiltà minoritarie, come ad esempio quelle amazzoniche, possano generare menti brillanti; mettere a Chico Mendes una striminzita maglietta verde, con su scritte scialbe parole alla moda, per divulgare un movimento prettamente post-industriale, era un’impostura, (…) quattro ascoltatori della conferenza se la squagliarono immediatamente alla volta dell’area adibita a ristorante; mancando il pubblico, se la svignò pure il conferenziere, lui sospinto anche dalla convinzione morale che le mie argomentazioni non avrebbero certamente fatto vacillare le sue certezze. (…) Mi ci vollero svariati giorni per smaltire la mia sbornia da indignazione.»
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La realtà che si dipana davanti ai nostri occhi avrà sempre la caratteristica di un mosaico incompiuto e un libro come questo ci aiuta a mettere altre tessere alla nostra infinita voglia di conoscenza.
Anche perché quel pezzo di mosaico che chiamiamo Amazzonia e che conosciamo per i terribili incendi dolosi che l’anno scorso hanno devastato le foreste pluviali per centinaia di chilometri quadrati ai nostri occhi, appare ancora sfocato e piatto. Senza informazioni porte dalla mano di chi si è immersa nel fitto dei rapporti umani con i nativi non per depredarli ma per amarli, non è possibile capire a fondo quella realtà che grazie all’accaparramento della terra di chi, nascondendosi dietro la parola globalizzazione, depreda ogni goccia d’acqua e ogni zolla di terra recintando territori e laghi immensi: Tanto per rimanere tra italiani, i casi Rigamonti e Benetton, mostrati da quei pochi servizi televisivi di denuncia rimasti, sono esemplari.
Il latifondismo ora si è trasformato in società globali e quindi oscure che perpetuano lo sfruttamento criminale dell’uomo sull’uomo rubandogli anche le terre degli avi . Questo lavoro di Loretta emiri ci fornisce una lente capace penetrare la realtà, sociale, politica e di darle tridimensionalità e spessore umano.
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Oggi è necessaria una visione d’insieme sempre più ampia che consenta di dare senso ad ogni nostro comportamento perché come disse Albert Camus bisogna lottare ogni giorno e ogni istante se non si vuole essere “né vittima né carnefice”, e le tessere del mosaico della vita vissuta di Loretta Emiri dimostrano che è possibile realizzare questa “utopia reale”.
Mosaico indigeno
Il libro nasce dall’esigenza di far circolare informazioni meno superficiali e stereotipate riguardanti i popoli indigeni presenti in Brasile, nella speranza che i lettori prendano coscienza del fatto che essi hanno preservato intatta la foresta amazzonica fino ai nostri giorni, che sono nostri contemporanei, che hanno molto da insegnare a coloro che hanno trasformato la terra in un tossico immondezzaio.
Già pubblicati in riviste e spazi web, il libro riunisce testi che parlano di diritti e lotte indigene, di lingue e culture, di personalità quali Chico Mendes e Joênia Wapichana, che è la prima indigena eletta deputata federale. Tra le etnie citate troviamo la yanomami, macuxi, guarani-kaiowá, munduruku, xukuru, warao. Seppure la situazione congiunturale varia da gruppo a gruppo, ciò che emerge dalla lettura del libro è la formidabile resistenza dei popoli indigeni che lottano da cinquecento-venti anni per la sopravvivenza fisica e culturale.
In epoca recente, la lotta per la terra e per il rispetto dei diritti collettivi è portata avanti anche attraverso la letteratura, l’arte, la musica. I capitoli del libro si configurano come tessere di un mosaico il cui soggetto è la realtà indigena brasiliana contemporanea. Come fosse un collante, a tenere insieme i tasselli è l’esperienza stessa dell’autrice, che è vissuta per diciotto anni nell’Amazzonia brasiliana, i primi quattro dei quali insieme agli yanomami nella loro lussureggiante patria/foresta.
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SCHEDA
Titolo: Mosaico indigeno
Autore: Loretta Emiri
Editore: Multimage, Associazione Editoriale