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Prima parte
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Dal Diario:
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8 maggio
Che splendida giornata! Ho trascorso tutta la mattinata steso sul prato davanti casa, sotto l’enorme platano che la copre, la protegge e le fa ombra. Amo questa città ed amo viverci perché qui ho le mie radici, quelle radici profonde e delicate che legano un uomo alla terra dove sono nati e morti i suoi avi, che lo legano a ciò che pensa e a ciò che mangia, alle usanze e al nutrimento, alle locuzioni locali, alle intonazioni dei concittadini, ai profumi del suolo, dei villaggi e dell’aria stessa.
Amo la casa nella quale sono cresciuto. Dalle mie finestre vedo la Senna che scorre, lungo il mio giardino, dietro la strada, quasi vicino a casa mia, la grande ed ampia Senna che va da Rouen a Le Havre, seminata di battelli che passano. A sinistra, laggiù, c’è Rouen, la grande città dai tetti blu, sotto la moltitudine dei campanili gotici appuntiti. Sono tantissimi, esili e grossi, dominati dalla guglia di ghisa della cattedrale, pieni di campane che suonano nell’aria blu delle belle mattine, facendomi arrivare il dolce brusio del ferro, il loro canto di bronzo portato dalla brezza a volte più forte, a volte più flebile a seconda che la campana cominci a suonare o finisca. Come era bello il tempo stamattina! Verso le undici, un lungo convoglio di battelli trainati da un rimorchiatore Aguerlo, ha su si noi, sui nostri organi e, attraverso loro, sulle nostre idee, perfino sul nostro cuore, degli effetti rapidi, sorprendenti ed inspiegabili. Come è profondo il mistero dell’Invisibile! No possiamo conoscerlo attraverso i nostri sensi miserandi, con i nostri occhi, che non sanno scorgere né il troppo piccolo, né il troppo grande, né il troppo vicino, né il troppo lontano, né gli abitanti di una stella, né gli abitanti di una goccia d’acqua… con le nostre orecchie, che ci ingannano perché ci trasmettono le vibrazioni dell’aria sotto forma di note sonore. Esse sono delle fate che compiono il miracolo di trasformare in rumore questo movimento e, grazie a questa metamorfosi, danno vita alla musica, che rende cantante l’agitazione muta della natura… con il nostro odorato, più debole di quello di un cane… con il nostro gusto, che riesce a stento a riconoscere l’età di un vino! Ah, se avessimo altri organi capaci di compiere in nostro favore altri miracoli, quante cose potremmo scoprire ancora intorno a noi!
16 maggio
Sono veramente malato! Stavo così bene lo scorso mese! Ho la febbre, una febbre atroce, o meglio un nervosismo febbrile, che rende la mia anima sofferente quanto il corpo! Ho senza sosta questa spaventosa sensazione di un pericolo incombente, questa apprensione di una disgrazia che viene dalla morte che si avvicina, questo presentimento che è senza dubbio la minaccia di un male ancora sconosciuto, che nasce nel sangue e nella carne.
18 maggio
Ho appena consultato un medico, poiché no potevo più dormire. Mi ha trovato il polso accelerato, l’occhio dilatato, i nervi tesi, ma senza sintomi allarmanti, come terapia mi ha prescritto docce e bromuro di potassio.
25 maggio
Nessun cambiamento. Il mio stato di salute è veramente bizzarro. Man mano che si avvicina la sera, mi prende una inquietudine incomprensibile, come se la notte nascondesse per me una terribile minaccia. Ceno rapidamente, poi provo a leggere, ma non capisco le parole, distinguo a stento le lettere. Allora percorro il salone in lungo e in largo, oppresso da una paura confusa ed irresistibile, la paura del sonno e del letto. Verso le dieci salgo nella mia stanza. Appena entrato, chiudo con due mandate la porta e tiro i chiavistelli; ho paura… di cosa? Non avevo paura di nulla fino adesso… apro gli armadi, guardo sotto il letto, ascolto… ascolto… cosa? È strano che un semplice malanno, un problema legato alla circolazione forse, l’irritazione di qualche nervo, un po’ di congestione, un piccolo disturbo nel funzionamento imperfetto e delicato della nostra macchina vivente possano rendere malinconico il più felice degli uomini e pavido il più coraggioso? Poi, mi corico ed aspetto che arrivi il sonno come si aspetta il boia. Aspetto con lo spavento della sua venuta ed il mio cuore batte, e le mie gambe tremano, e tutto il corpo trasale nel calore delle lenzuola fino al momento in cui d’improvviso sprofondo nel sonno come ci si tuffa per annegarsi in un abisso di acqua stagnante. Non lo sento arrivare, come altre volte, questo sonno perfido, nascosto accanto a me, che mi spia, che mi afferra per la testa, mi chiude gli occhi e mi annienta. Dormo a lungo – due o tre ore, poi un sogno – no, un incubo mi afferra. So bene che sono a letto e dormo… lo sento e lo so… e sento anche che qualcuno si avvicina a me, mi scruta, mi tocca, sale sul mio letto, si inginocchia sul mio petto, mi stringe le sue mani intorno al collo e stringe… stringe con tutta la sua forza per strangolarmi. Io mi dibatto, legato da quella impotenza atroce che ci paralizza nei sogni; vorrei gridare ma non riesco; vorrei muovermi ma non riesco. Provo, con sforzi spaventosi, ansimando, di girarmi, discalzare quell’essere che mi schiaccia e che mi soffoca, ma non riesco. E all’improvviso mi sveglio sconvolto, madido di sudore. Accendo una candela. Sono solo. Dopo questa crisi, che si ripete tutte le notti, dormo, alla fine, con calma fino all’aurora.
2 giugno
Il mio stato di salute si è aggravato ancora di più. Ma che cosa ho? Il bromuro non ha sortito alcun effetto; le docce neanche. Questo pomeriggio, per stancare il mio corpo, già tanto stanco, sono andato a fare un giro nella foresta di Roumare. Ho creduto all’inizio che l’aria fresca, leggera e dolce, piena di odori di erba e foglie, mi mettesse in circolo del sangue nuovo, in cuore una nuova energia. Ho imboccato un grande viale di caccia, poi ho svoltato verso La Bouille, per un sentiero stretto, tra due file d’alberi smisuratamente alti che ponevano un tetto verde, spesso, quasi nero, trame ed il cielo. Un brivido mi ha colto all’improvviso; non un brivido di freddo, ma uno strano brivido di angoscia. Ho affrettato il passo, inquieto all’idea di essere solo in quel grande bosco, terrorizzato senza motivo apparente, stupidamente, a causa della profonda solitudine. Ad un tratto, mi è parso d’essere seguito da molto vicino, quasi a toccarmi. Mi sono voltato bruscamente: ero solo. Ho visto dietro di me soltanto il viale lungo e dritto, vuoto, indubbiamente vuoto. Esso si stendeva anche dall’altra parte a perdita d’occhio e, allo stesso modo, spaventoso. Ho chiuso gli occhi. Perché? Mi sono voltato ancora molto velocemente come una trottola. Ho rischiato perfino di cadere; ho riaperto gli occhi e gli alberi danzavano e la terra ondeggiava. Ho dovuto sedermi. E poi, ahimè!, non sapevo più da dove ero venuto. Che idea bizzarra! Bizzarra davvero! Un’idea bizzarra! Non sapevo più niente. Mi sono incamminato dalla parte che si trovava alla mia destra e sono tornato sul viale che mi aveva condotto al centro della foresta.
3 giugno
La notte è stata terribile. Mi assenterò per qualche settimana. Sicuramente un piccolo viaggio mi rimetterà.
2 luglio
Sono rientrato e sono guarito. D’altronde, ho fatto un viaggio affascinante. Ho visitato il Monte Saint-Michel, che non conoscevo. Che visione quando si arriva, come ho fatto io, ad Auranche verso il tramonto! La città si trova su una collina e mi hanno portato nei giardini pubblici alla fine della città. Ho gridato di meraviglia. Una baia smisurata si stendeva davanti a me, a perdita d’occhio, tra due coste che si divaricavano e che si perdevano in lontananza nelle nebbie e al centro di questa immensa baia gialla, sotto un cielo dorato e chiaro, si stagliava scuro e appuntito un monte strano, in mezzo alla sabbia. Il sole stava calando e sull’orizzonte ancora fiammeggiante si disegnava il profilo di quella fantastica roccia che reca sulla sua sommità un meraviglioso monumento. Dall’aurora andai verso di lui. Il mare era basso, come la città nella sera, e guardai innalzarsi davanti a me, man mano che mi avvicinavo, la sorprendente abbazia. Dopo diverse ore di cammino, giunsi all’enorme blocco di pietra che porta alla città dominata dalla grande chiesa. Essendomi inerpicato sulla strada stretta e ripida, entrai nella più ammirevole dimora gotica edificata per Dio sulla terra, ampia come una città, colma di sale basse schiacciate da volte ed altre gallerie che sostengono esili colonne. Entrai in quel gigantesco gioiello di granito, leggero come una trina, coperto di torri e di guglie slanciate, dove giungono delle scale ritorte che lanciano nel cielo blu del giorno e nel cielo nero della notte le loro teste bizzarre irte di chimere, diavoli, bestie fantastiche, fiori mostruosi, collegati tra loro da fini archi intarsiati. Quando arrivai sulla cima, dissi al monaco che mi accompagnava: “Padre, dovete stare bene qui! ”Egli rispose: “C’è molto vento, signore” e ci mettemmo a conversare sulla marea che correva sulla sabbia e la copriva con una carezza d’acciaio. Ed il monaco mi raccontò delle storie, tutte le vecchie storie legate a quel luogo, le leggende, sempre leggende. Una di queste mi colpì particolarmente. La gente del paese, quella del monte, sostiene di sentir parlare tra la sabbia nella notte e poi di sentire belare delle capre, una con una voce forte ed una con una voce debole. Gli increduli affermano che sono le grida degli uccelli marini, che assomigliano talvolta al belare, talvolta ai lamenti umani, ma i pescatori che si trattengono fino a tarda notte giurano di aver incontrato, girando sulle dune tra le due maree, intorno alla piccola città così lontana dal mondo, un pastore, di cui non si vede mai la testa, coperta dal mantello, che conduce, camminando davanti a loro, un caprone a forma d’uomo ed una capra a forma di donna, ambedue con lunghi capelli bianchi. Questi esseri parlano senza mai fermarsi, litigando in una lingua sconosciuta e poi smettendo all’improvviso di gridare per belare con tutta la loro forza. Dissi al monaco: “Ci credete?” Egli mormorò: “Non lo so.” Ripresi: “Se esistessero sulla terra degli esseri diversi da noi, come non potremmo riconoscerli dopo tanto tempo? Come potreste non averli visti voi? Come avrei potuto non riconoscerli io stesso?” Rispose: “Vediamo per caso la centomillesima parte di ciò che esiste? Ad esempio, prendete il vento, la più grande forza della natura, che rovescia gli uomini, abbatte gli edifici, sradica gli alberi, solleva il mare in montagne d’acqua, distrugge le falesie e getta contro gli scogli le grandi navi, il vento che uccide, che soffia, che geme, che muggisce, l’avete visto e potete vederlo? Eppure esiste”. Tacqui davanti a quel semplice ragionamento. Quell’uomo era un saggio o forse uno stupido. Non avrei potuto dirlo, ma tacqui lo stesso. Quello che egli aveva detto l’avevo pensato spesso.
3 luglio
Ho dormito male; certo, c’è qui un’influenza febbrile, perché il mio vetturino ha il mio stesso male. Rientrando ieri, avevo notato il suo particolare pallore. Gli ho domandato:
Cos’avete, Jean?” “Ho che non posso più dormire, signore, le mie notti mangiano i miei giorni. Dalla vostra partenza, mi trattiene come un sortilegio.” Gli altri domestici comunque mi sembrano a posto, ma ho il terrore che questa cosa mi riprenda.
4 luglio
Sono stato sicuramente riacciuffato. I miei vecchi incubi sono tornati. Questa notte ho avvertito qualcuno accovacciato su di me che, con la sua bocca poggiata sulla mia, bevevo la mia vita dalle mie labbra. Se ne abbeverava nella mia gola, come avrebbe fatto una sanguisuga. Poi si è alzato sazio, ed io mi sono svegliato talmente afflitto, a pezzi, annientato, da non potermi muovere. Se continua così, ripartirò sicuramente.
5 luglio
Ho perso la ragione? Ciò che è successo la scorsa notte è così strano che mi sento smarrito quando ci penso! Come faccio adesso ogni sera, avevo chiuso la porta a chiave, poi, avendo sete, ho bevuto mezzo bicchiere d’acqua e mi sono accorto per caso che la caraffa era piena fino al tappo di cristallo. Poi sono andato a letto e sono piombato in uno di quei sogni spaventosi, dal quale sono stato tratto dopo due ore circa da uno scuotimento ancora più terrificante. Immaginate un uomo che dorme, che viene assassinato, che si sveglia con un coltello piantato nel polmone e che rantola, coperto di sangue e che non riesce più a respirare e che sta per morire e che non capisce: ecco come mi sono sentito. Avendo infine riconquistato la ragione, ho avuto nuovamente sete; ho acceso una candela e sono andato verso la tavola dove era posta la caraffa. L’ho sollevata, inclinandola sul mio bicchiere, ma non ne è uscito nulla. Era vuota! Completamente vuota! All’inizio non ho capito nulla, poi, tutto ad un tratto, ho provato un’emozione così terribile che ho dovuto sedermi, o piuttosto così terribile che mi sono lasciato cadere su una sedia! Poi, mi sono alzato di scatto per guardarmi intorno! Mi sono seduto di nuovo, sperduto di stupore e di paura, davanti al cristallo trasparente! L’ho contemplato con gli occhi fissi, provando ad indovinare. Mi tremavano le mani! Qualcuno aveva bevuto quell’acqua? Chi? Io? Sicuramente io? Nessun altro che me? allora ero sonnambulo, vivevo, senza saperlo, in questa doppia vita misteriosa che fa dubitare se non ci siano due esseri in sé o se un essere straniero, sconosciuto ed invisibile, anima, a momenti, quando l’anima è intorpidita, il corpo un prigioniero obbedisce a quest’altro come fa con noi, anzi più di noi.
Ah! Chi capirà la mia angoscia abominevole? Chi capirà l’emozione di un uomo senza spirito, ben sveglio, nel pieno delle sue facoltà mentali, che guarda spaventato attraverso una caraffa, un po’d’acqua sparita mentre dormiva? E sono rimasto lì fino a giorno fatto, senza osare ritornare a letto.
6 luglio
Sto diventando pazzo. Qualcuno ha bevuto nuovamente tutta l’acqua dalla caraffa questa notte. O piuttosto IO l’ho bevuta! Ma sono veramente io a berla? Sono io? Chi è allora? Chi? Oh mio Dio! Sto diventando pazzo! Chi mi salverà?
10 luglio
Ho appena finito di fare delle prove sorprendenti. Sono sicuramente pazzo! Eppure…Il 6 luglio, prima di andare a letto, ho messo sul tavolo del vino, del latte, dell’acqua, del pane e delle fragole. Qualcuno ha bevuto – io ho bevuto – tutta l’acqua e un po’ di latte. Né il vino, né il pane, né le fragole sono stati toccati. Il 7 luglio ho fatto di nuovo la mia prova ed ho avuto lo stesso risultato.L’8 luglio ho tolto sia l’acqua che il latte. Non è stato toccato niente. Infine il 9 luglio ho rimesso sul tavolo solo l’acqua ed il latte, avendo cura di avvolgere le caraffe in panni di mussolina bianca e di legare i tappi con dello spago. Poi hop sfregato le labbra, la barba, le mani con della grafite e sono andato a letto. Il sonno invincibile mi ha colto, seguito ben presto dall’atroce risveglio. Non mi ero affatto mosso; né le lenzuola recavano macchie. Mi sono lanciato verso la tavola. I panni intorno alle bottiglie erano immacolate. Ho slegatole corde, palpitando di terrore. L’acqua era stata bevuta tutta! E anche il latte! Oh Dio!…Parto immediatamente per Parigi.
12 luglio
Parigi. Avevo perso la testa, allora, negli ultimi giorni! Devo essere stato il giocattolo della mia immaginazione eccitata, a meno che non sia veramente sonnambulo, o che abbia subito una delle mie influenze documentate ma tuttora inspiegabili che si chiamano suggestioni. In ogni caso, il panico che mi ha colto mi ha portato alla demenza, ma mi sono bastate 24 ore a Parigi per rimettermi in sesto. Ieri, dopo delle gite e delle visite, che mi hanno posto in animo dell’aria nuova e vivificante, ho terminato la mia serata al Théâtre-Français. Vi si rappresentava un’opera di Alexandre Dumas figlio e questo spirito pronto e potente è riuscito a guarirmi. Certo, la solitudine è pericolosa per le intelligenze che lavorano. C’è bisogno, intorno a noi, di gente che pensa e che parla. Quando restiamo soli per troppo tempo, popoliamo la vita di fantasmi. Sono tornato all’albergo molto felice attraverso i boulevard. A contatto con la folla pensavo, non senza ironia, alle mie fobie, alle mie supposizioni della scorsa settimana, poiché ho creduto, sì, ho creduto che un essere invisibile abitasse sotto il mio tetto. Come è debole la nostra mente e quanto si sconvolge e si smarrisce quando un piccolo evento inspiegabile ci colpisce. Invece di concludere con queste semplici parole: “Non capisco perché la causa mi sfugge” immaginiamo subito dei misteri spaventosi e delle potenze soprannaturali.
14 luglio
Festa della Repubblica. Ho passeggiato per le strade. I petardi e le bandiere mi divertivano come un bambino. Eppure è da veri idioti essere felici in un giorno fisso, per decreto del governo. Il popolo è formato da un branco di imbecilli, a volte stupidamente pazienti, altre volte ferocemente riottosi. Se dicono loro “Divertitevi” essi si divertono, se dicono “Combattete con il vostro vicino”, essi combattono, se dicono “Votate per l’imperatore” essi votano per l’imperatore, poi dicono loro “Votate per la Repubblica” ed essi votano per la Repubblica. Coloro che li comandano sono ugualmente stupidi, ma invece di obbedire a degli uomini, obbediscono a dei principi, i quali non possono che essere sciocchi, sterili e falsi, proprio perché sono dei principi, cioè delle idee considerate certe ed immutabili, in questo mondo in cui non si è sicuri di niente, poiché la luce è un’illusione ed il rumore anche.
16 luglio
Ho visto ieri delle cose che mi hanno turbato parecchio. Ho cenato con mia cugina, M.me Sablé, il cui marito comanda il 76° cacciatori a Limoges. Mi trovavo a casa sua con altre due donne, di cui una ha sposato un medico, il dottor Parent, che si occupa di malattie nervose e di manifestazioni straordinarie a cui danno luogo in questo momento le esperienze sull’ipnotismo e la suggestione. Ci ha descritto a lungo i risultati prodigiosi ottenuti da alcuni scienziati inglesi e da certi medici della scuola di Nancy. I fatti che ha raccontato mi sono parsi talmente bizzarri che mi sono dichiarato completamente incredulo. “Noi stiamo per scoprire – ha detto -uno dei più importanti segreti della natura, cioè uno dei suoi più importanti segreti su questa terra, poiché essa ne ha altri ugualmente importanti laggiù tra le stelle.
Da quando l’uomo è in grado di pensare, da quando ha imparato a parlare e a scrivere ciò che pensa, si sente sfiorare da un mistero impenetrabile per i suoi sensi grossolani ed imperfetti e tenta di supplire, sforzando la sua intelligenza, all’impotenza dei suoi organi. Quando questa intelligenza era ancora in uno stato rudimentale, questa ossessione dei fenomeni invisibili ha preso forme banalmente spaventose. Da lì sono nate le credenze popolari riguardo al soprannaturale, le leggende degli spiriti erranti, delle fate, degli gnomi, dei fantasmi, direi perfino la leggenda di Dio, poiché le nostre concezioni del creatore, da qualsiasi religione provengano, sono veramente le invenzioni più mediocri, più stupide, più inaccettabili partorite dal cervello spaventato delle creature. Niente è più vero delle parole di Voltaire: “Dio ha fatto l’uomo a sua immagine, ma l’uomo gliel’ha restituita bene”. “Ma da poco più di un secolo sembra che si veda qualcosa di nuovo. Mesmer e qualche altro ci hanno posto su una strada inattesa e noi siamo veramente arrivati, soprattutto da quattro o cinque anni a questa parte, a risultati sorprendenti. ”Mia cugina, anche lei molto scettica, sorrideva. Il dottor Parent le ha detto: “Volete che provi ad addormentarvi, signora?” “Oh si.” Si è seduta in poltrona e il dottore ha cominciato a guardarla fissa incantandola. Io mi sono sentito all’improvviso leggermente turbato, il cuore che batteva, la gola serrata. Vedevo gli occhi diM.me Sablé appesantirsi, la bocca contrarsi, il petto ansimare. Nel giro di dieci minuti dormiva. “Mettetevi dietro di lei” ha detto il medico. E mi sono seduto dietro di lei. Il dottore ha messo tra le sue mani un biglietto da visita dicendole: “Questo è uno specchio; cosa ci vedete? ”Ha risposto: “Vedo mio cugino.”“Cosa fa?” “Si liscia i baffi.” “Ed ora?” “Prende una fotografia dalla tasca.” “Che fotografia è?” “Una fotografia sua.” Era vero! E quella fotografia mi era stata appena data, la sera stessa all’albergo. “In che posizione è in questa fotografia?” “In piedi con il cappello in mano.” Quindi lei vedeva in quel biglietto, in quel cartoncino bianco, come se avesse guardato in uno specchio. Le donne, spaventate, dicevano: “Basta! Basta! Basta!”
Ma il dottore ha ordinato: “Domani mattina vi sveglierete alle otto, poi andrete a trovare vostro cugino al suo albergo e lo supplicherete di prestarvi 5000 franchi che vostro marito vi chiede e reclamerà al suo prossimo viaggio.” Poi l’ha risvegliata. Mentre rientravo all’albergo, ho pensato a lungo a quella curiosa seduta e dei dubbi mi hanno assalito, non sull’assoluta ed insospettabile buona fede di mia cugina, che conosco come una sorella dall’infanzia, ma su un possibile inganno del dottore. Non nascondeva per caso nella sua mano uno specchio che mostrava alla giovane donna addormentata insieme al biglietto da visita? I prestigiatori di professione fanno delle cose ugualmente singolari. Sono rientrato e mi sono messo a letto. Quel mattino, verso le otto e mezza, sono stato risvegliato dal mio attendente di camera che mi ha detto: “È M.me Sablé che chiede di parlare con voi immediatamente.” Mi sono vestito alla svelta e l’ho ricevuta. Si è seduta assai turbata, gli occhi bassi, e, senza alzare il velo, mi ha detto: “Mio caro cugino, ho un grosso favore da chiedervi.” “Quale, cugina mia?” “Mi dà molto disagio dirvelo e tuttavia devo. Ho assolutamente bisogno di 5000 franchi.”“Suvvia, voi?”“Si, io. O piuttosto, mio marito, che mi ha incaricato di trovarli.” Ero talmente stupefatto che ho balbettato le risposte. Mi chiedevo se veramente non si stesse prendendo gioco di me insieme con il Dottor Parent, se quella non fosse che una farsa preparata in anticipo e molto ben recitata. Ma, guardandola con attenzione, tutti i miei dubbi si sono dissipati. Tremava d’angoscia, tanto le era stata dolorosa questa visita e ho capito subito che aveva la gola piena di singhiozzi. Io sapevo che era molto ricca e ho detto: “Come? Vostro marito non ha 5000 franchi a sua disposizione? Vediamo, riflettete… Siete sicura che vi abbia incaricato di chiedermeli?” Ha esitato qualche secondo come se facesse un grande sforzo per cercare nella sua memoria, poi ha risposto: “Si… si… sono sicura.” “Vi ha scritto?” Ha esitato ancora, riflettendo. Ho indovinato il lavoro torturante del suo pensiero. Non lo sapeva.Sapeva solo che doveva farsi prestare 5000 franchi per il marito. Allora ha osato mentire. “Si, mi ha scritto.” “E quando? Non mi avete detto niente ieri.” “Ho ricevuto la lettera questa mattina.”
“Me la potete mostrare?” “No… no… no… conteneva delle cose intime… troppo personali… l’ho… l’ho bruciata.” “Allora vostro marito ha fatto dei debiti.” Ha esitato ancora, poi ha mormorato: “Non lo so.” Ho dichiarato bruscamente: “Il fatto è che non ho al momento 5000 franchi, mia cara cugina.” Le è sfuggito un grido di sofferenza. “Oh, vi prego, vi prego, trovateli…”Si esaltava, giungeva le mani come se mi stesse pregando! Ascoltavo la sua voce cambiare di tono, piangeva e balbettava, tormentata, dominata dall’ordine irresistibile che aveva ricevuto. “Oh, vi supplico… se solo sapeste come soffro… mi servono oggi.” Ho avuto pietà di lei. “Li avrete ve lo giuro.” Così ha gridato: “Oh, grazie! Grazie! Siete molto buono.” Ho ripreso: “Vi ricordate cosa è successo ieri a casa vostra?” “Si.” “Vi ricordate che il Dottor Parent vi ha addormentata?” “Si.” “Ebbene, vi ha ordinato di venire a chiedere in prestito questa mattina 5000 franchi e voi ora obbedite a quella suggestione.” Ha riflettuto un momento e ha risposto: “Perché è mio marito che lo chiede.” Per un’ora ho provato a convincerla, ma non ci sono riuscito. Quando è andata via, sono corso dal dottore. Stava per uscire e mi ha ascoltato sorridendo. Poi ha detto: “Ci credete ora?” “Si, per forza.” “Andiamo dalla vostra parente.” Lei sonnecchiava già su una chaise-longue, sopraffatta dalla stanchezza. Il medico le ha preso il polso, l’ha guardata per un po’ con una mano alzata verso i suoi occhi, che lei ha richiuso poco a poco sotto lo sforzo insostenibile di quella potenza magnetica. Quando è stata addormentata il dottore ha detto: “Vostro marito non ha più bisogno dei 5000 franchi. Dimenticherete quindi di aver pregato vostro cugino di prestarveli e, se lui dovesse parlarvene, non comprenderete ciò che dice.” Poi l’ha svegliata. Ho preso dalla tasca il mio portafogli: “Ecco mia cara cugina ciò che mi avete chiesto questa mattina.” È stata talmente sorpresa che non ho osato insistere. Ho provato tuttavia a farle ricordare, ma ha negato con forza, ha creduto perfino che la prendessi in giro e per poco, alla fine, non si è arrabbiata.
Ecco, sono appena rientrato e non ho potuto cenare tanto questa esperienza mi ha sconvolto.19 luglio Molte persone, alle quali ho raccontato questa avventura, mi hanno preso in giro. Non so più cosa pensare. Il saggio dice: può essere?
21 luglio
Sono andato a cena a Bougival, poi ho trascorso la serata al ballo dei canottieri. Sicuramente tutto dipende dai luoghi e dagli ambienti. Credere al sovrannaturale nell’isola della Grenouillère sarebbe il colmo della follia… ma sulla cime del Monte Saint-Michel? E nelle Indie? Noi subiamo spaventosamente l’influenza di ciò che ci è intorno. Tornerò a casa la settimana prossima.
30 luglio
Sono tornato a casa ieri. Tutto va bene.
2 agosto
Niente di nuovo; c’è un tempo splendido. Passo le giornate a guardare la Senna che scorre.
4 agosto
Scaramucce tra i miei domestici. Sostengono che qualcuno rompa i bicchieri nei mobili durante la notte. L’attendente di camera accusa la cuoca, che accusa la donna della biancheria, che accusa gli altri due. Chi è il colpevole? Bravo chi lo sa!