«Si entra senza necessità. Ci si siede senza stanchezza, si beve senza sete. Pur di non restare nella propria stanza». Per il filosofo Emmanuel Lévinas, l’istituzione del caffè è un «non-luogo» per una società senza solidarietà, senza domani, senza impegni, senza interessi comuni e responsabilità reciproca.
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«Si sta lì, ciascuno al suo tavolino, davanti alla tazza o al bicchiere, ci si rilassa completamente al punto di non dover niente a niente e a nessuno; ed è perché si può andare al caffè a rilassarsi che si sopportano gli orrori e le ingiustizie di un mondo senz’anima», luogo giocoso della dimenticanza e dell’oblio dell’altro.giocoso della dimenticanza e dell’oblio dell’altro.
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La condanna senza appello del caffè, emblematica delle esigenze di un’etica innervata di saggezza ebraica e di esercizio talmudico, mostra che per Lévinas essere al mondo significa (sempre) rispondere d’altri, averne cura estrema e considerare la responsabilità illimitata come struttura essenziale, primordiale e fondamentale della soggettività.
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SOMMARIO. Prefazione. L’ultimo maestro (G.D. Cova). Prologo. I. Il filosofo e il talmudista. II. Un insolito rabbino. III. Dove le parole respirano. IV. Il caffè dell’oblio. V. Aldilà del versetto. VI. Una lettura talmudica. VII. Ascoltare il volto. VIII. La parabola della luna. Bibliografia.
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PIER LUIGI CABRI, insegna Teologia fondamentale alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna e all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Modena. È direttore delle Edizioni Dehoniane Bologna, dove da anni segue in particolare il comparto EDB scuola. Ha pubblicato La lettura infinita. Interpretazioni talmudiche di Emmanuel Lévinas (Garamond 1993) e Sulla difficile arte di amare. Con Lévinas e oltre Lévinas (EDB 2011).
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