• La raccolta di poesie IL RAGAZZO VELOCE di Alessia Fiorani sa di vento, di stridio di stelle e di chiglie inzaccherate di vita

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    di Gian Carlo Zanon

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    Materica. Questa è poesia materica … è stato il primo pensiero dopo aver, finalmente, trovato il coraggio di leggere fino in fondo la raccolta di poesie Il ragazzo veloce di Alessia Fiorani. Il piccolo scrigno che raccoglie ventisette poesie dell’autrice è stato realizzato da Montedit editore nella collana editoriale Le schegge d’oro “quale 1° premio del concorso letterario Jacques Prévert, 2014”.

    Non so se si può aggettivare con l’espressione verbale “materica” una raccolta di poesie. Di solito l’aggettivo si riferisce alla pittura. Per ora però non trovo nessun’altra parola per definire la sua lirica. Qui Alessia Fiorani riallaccia il filo spezzato della lirica che nasce con “l’io sono” di Archiloco che fece tremare i polsi ai sacerdoti e diede coraggio ai primi filosofi della natura. Un filo interrotto dal pensiero debole di deboli menti prone nell’omaggio al nulla.

     

    Mi piace chiamare questa sua raccolta materica perché le parole delle poesie, che come colonne portanti sostengono il senso, si susseguono evocando suoni, odori, sapori, sensazioni tattili e sanno aprire varchi allo sguardo: “voce vivida”, “il sangue che romba”, “fra la pelle e lo scuro”, “chioma che freme”, “di carne e capelli che mi sentivo addosso”, “l’essere battuta dai venti”, “lento affondi” e “sotto attendono scagliosi pesci”.

     

    Poi il mare e il vento e le aspre corde, inzaccherate di sole e sale. Corde che tendono le vele e, dentro “l’onda che non sai domare” , un luccichio di squame e sopra le stelle a “tracciare la via” a chi vuole sempre rivederle ma … dopo, dopo essere riemerso dal “breve crepuscolo ombroso/ di te che mi hai dato riposo” o dalla “tempesta” in cui, come ti “ha bisbigliato lui” ,  hai lasciato colare a picco le ultime inutili arrugginite àncore.

     

    E il ragazzo va veloce, senza voltarsi indietro come fece Orfeo che perse “Euridice”, e senza fermarsi a risolvere gli insulsi indovinelli della “Sfinge”. Non è fretta, c’è solo l’urgenza di essere che crea il ritmo eccitato da improvvise accelerazioni che fanno pensare a quegli istanti in cui il vento come d’incanto gonfia le vele di vita e, come un amante, ti porta con sé:

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    Ragazzo veloce

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    Mi disegni una pelle

    bianca di schiuma

    Ridi alle stelle,

    sorridi alla luna

    Un lago può fare da specchio,

    e se è grigio il mare è invidioso come un vecchio

    Non c’è nessun ranocchio,

    nessuna che scenda dal cocchio – Ci sei tu, e io

    E un inizio, e un addio

    E in quell’attimo fragile e colmo

    Il sangue che romba – l’incontro profondo.

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