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Questo articolo è stato pubblicato la prima volta il 22 marzo 2012.
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di Gian Carlo Zanon
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«Queste scoperte fisiologiche costituiscono un solido fondamento per la teoria dello psichiatra Massimo Fagioli secondo il quale il pensiero inizia alla nascita.»
Su ‘l’Unità’ di ieri lo psichiatra Luigi Cancrini, rispondeva ad una lettera di “due genitori di Roma”, i quali non avendo potuto, a causa di due aborti spontanei dovuti a cause naturali, aver la gioia di avere due bambini, proponevano, come sta succedendo a Firenze per una iniziativa della giunta Renzi, di istituire, anche a Roma uno spazio all’interno del cimitero comunale per i bambini non nati.
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Cancrini, rispondeva che pur essendo convinto « … del fatto che l’attuale legislazione italiana in tema di interruzione volontaria della gravidanza sia fondamentale per tutelare il diritto della donna e della coppia alla procreazione responsabile, vorrei esprimere qui tutto il mio rispetto, altrettanto pieno e convinto, alla posizione di chi, avendo perso un bambino prima della sua nascita, esprime il desiderio di ricordarlo in un cimitero».
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La risposta dello psichiatra pur nella sua ragionevole pietas illuminista, che assolvendo qualsiasi modo di pensare, rendere liberi di pensare ciò che si vuole, lascia dei dubbi che chiederebbero ben altre risposte. Anche il suo dire “avendo perso un bambino prima della nascita” lascia stupefatti perché bambino e feto sono due enti ben distinti tra loro e non andrebbero mai confusi né assimilati.
Anche perché se è vero che ognuno nella propria mente è libero di pensare ciò che vuole – e come si potrebbe impedire? – è anche vero che nel momento in cui questo pensiero viene reso pubblico, la sua affermazione si incontra e si scontra con il pensiero scientifico che dice che non si può pensare che la luna è più piccola della terra, ecc. ecc. .
Basterebbe parlare dei pensieri deliranti che un Anders Behring Breivik, lo schizofrenico della strage di Oslo, pubblicava sulla rete, per rendersi conto che se è possibile avere un pensiero criminale celato, non può essere possibile che questo pensiero delirante divenga pubblico senza che la società adotti norme e leggi per poter intervenire e fermare che certe ‘idee’ circolino liberamente.
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Ancor più pericoloso dal punto di vista sociale è stata la pubblicazione dell’articolo, di cui abbiamo già parlato giorni fa in “Apologia di infanticidio” – dove due ‘brillati ricercatori’ equiparavano eticamente l’aborto terapeutico all’infanticidio, definendo assurdamente il secondo ‘aborto post-nascita’. Questa mostruosità, fatta passare in modo stolido per ricerca scientifica o come una veniale ‘provocazione’, da scienziati come Flamini, è di fatto ancor più che un’apologia, è una vera e propria ‘istigazione all’assassinio’ di neonati.
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Ci sono le leggi che parlano chiaro: l’infanticidio è un crimine gravissimo che suscita orrore. Il Codice Napoleonico assimilava l’infanticidio con l’assassinio e lo puniva con la pena capitale, mentre non prevedeva pene per un procurato aborto.
Se non fosse così, se non ci fosse questa differenza tra l’aborto volontario, che è legale e protetto nella maggior parte dei paesi civili, molte ragazze si sentirebbero legittimate a portare a conclusione la gravidanza per poi sopprimere in neonato, come raramente già accade.
Quindi questo pseudo pensiero scientifico di Alberto Giubilini e Francesca Minerva, che è stato pubblicato, essendo di fatto un‘istigazione a delinquere, è perseguibile legalmente.
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Come abbiamo già accennato nel precedente articolo citato, queste ‘idee’ criminali non nascono dal nulla ma sono ben radicate nella cultura razionale e cattolica che non ha mai distinto il feto dal neonato. La neonatologa dell’Azienda universitaria ospedaliera di Siena, Maria Gabriella Gatti, a quanto pare è una delle poche che ha le idee chiare sull’argomento. In una sua lunga e dettagliata lettera, “L’aborto post-natale è un infanticidio: una risposta a Gibellini e Minerva”, pubblicata sulla rivista Journal of Medical Ethics, lo stesso organo di stampa che aveva pubblicato l’articolo delirante dei due ricercatori, la dottoressa Gatti scrive:
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«Gibellini e Minerva non prendono in considerazione, o fraintendono sistematicamente, le acquisizioni della medicina moderna e in particolare della ricerca neonatologica e psichiatrica. L‘embrione non ha alcuna possibilità di sopravvivere al di fuori dell’utero e il feto acquisisce soltanto alla settimana 24 una “capacità di reagire” che è fondamentale perla vita autonoma. La nascita è concepita da un’avanzatissima ricerca neonatologica e psichiatrica come un evento che implica una rottura della continuità fra la vita fetale e neonatale. (…) Queste scoperte fisiologiche costituiscono un solido fondamento per la teoria dello psichiatra Massimo Fagioli secondo il quale il pensiero inizia alla nascita. (…) L’aborto e l’uccisione del neonato sono eticamente dissimili
Sulla base dei dati sperimentali della neonatologia e dei dati clinici della psichiatria, feto e neonato sono due condizioni diverse. Possiamo di conseguenza dedurne che non possiamo paragonare l’aborto pre e post-parto. Il primo, concettualizzato e legalizzato anteriormente alla 23sima-24sima settimana nella maggior parte delle società occidentali, riguarda una entità biologica: ha alla fine la “possibilità”, solo nel futuro, se il suo sviluppo naturale non viene interrotto, di nascere.
Dopo 23-24 settimane il feto raggiunge la capacità di reagire alla luce così da avere la potenzialità per sviluppare immediatamente, quando al di fuori dell’utero, il pensiero e la fantasia. Secondo il senso comune e le conoscenze della scienza medica l’aborto post parto è un infanticidio in quanto il neonato è un essere umano in relazione con il mondo che lo circonda. La forma e il contenuto del pensiero alla nascita, prevalentemente non riflessivo e inconscio, sono la matrice originale da cui si sviluppa la personalità futura: si tratta del più profondo senso e valore etico e psicologico dell’esistenza umana. Le considerazioni e le argomentazioni etiche non possono essere scisse dalle conoscenze derivanti dall’indagine sulla neurofisiologia e sullo sviluppo embriologico: la sola maniera in cui la bioetica possa davvero liberarsi dai pregiudizi ideologici e religiosi.»
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Come scrive la neonatologa, per la scienza, e per le leggi vigenti, c’è un’immensa differenza fra nato e nascituro … ma non a quanto pare non è così per la cultura colonizzata «dai pregiudizi ideologici e religiosi.».
La lettera dei due genitori a L’Unità e la timida risposta di Cancrini, il quale essendo medico dovrebbe sapere che il “medico pietoso fa la piaga purulenta”, sono la cartina tornasole di questa nostra cultura cattolica che predilige il credere al pensare, … predilige anche risposte false e pietose a verità che possono essere percepite come estremamente crudeli.
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Si deve essere chiari, lo devono essere soprattutto coloro che essendo medici, psichiatri, scienziati, politici, magistrati, giornalisti, hanno il dovere di definire l’essenza dell’essere umano che è il pensiero umano che inizia alla nascita.
Infatti oggi sulle pagine de Il Fatto Furio Colombo scrive molto chiaramente a proposito della volontà di Renzi di dare «il diritto alla sepoltura dei feti (compresi i prodotti abortivi e i prodotti da concepimento) prevedendo la realizzazione di un’area a ciò destinata». Scrive Colombo: «La prima cosa che colpisce, nell’iniziativa (per ora tentata, ma non realizzata dal giovane promesso sposo del Partito democratico italiano) è la cattiveria. L’intento è di insinuare l’immagine del delitto e la colpa di omicidio contro le donne che hanno abortito.»
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Questo sono le conseguenze di una credenza che nega la nascita. Negare la nascita come assoluta cesura tra un prima/feto e un dopo/neonato, è criminale perché legittima idee e comportamenti criminali. Parlare di cimiteri per feti significa far confusione tra feto e neonato. Dire che un aborto eseguito nei primi mesi di gravidanza e un infanticidio sono la stessa cosa significa crocifiggere quelle donne che, a causa dell’influenza culturale nefasta della Chiesa cattolica e di questa casta politica concordataria, non hanno potuto fare una corretta prassi anticoncezionale.
Bisogna dire, ridire, scrivere e riscrivere all’infinito che una donna costretta ad un aborto non è un’assassina mentre chi uccide un neonato lo è. Lo dice la legge, lo dice la scienza, lo dice il buon senso delle persone che inorridiscono di fronte ad all’assassinio di un bambino mentre di fronte ad una donna che ha abortito provano ben altri sentimenti, ad esempio solidarietà umana.
Finché il pensiero culturale sarà devastato da credenze ed ideologie che negano la nascita come istante dell’inizio del pensiero che rende il neonato un essere umano, si potranno continuare a render pubblici deliri che hanno il solo scopo di impedire la ricerca sulla realtà umana e sulla nascita del pensiero.
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Ormai è ora di non credere più ad assunti culturali disumanizzanti: anche se quel nazista di Freud – che scriveva a Mussolini definendolo un eroe della cultura – in Lutto e melanconia affermava «Tra la vita intrauterina e la prima infanzia vi è molta più continuità di quel che non ci lasci credere la impressionante cesura dell’atto di nascita»; anche se quel pederasta di Platone pensava che il pensiero potesse essere indotto nell’allievo solo se questi accettava di essere violentato dal sapiente, tutti coloro che hanno un minimo di buon senso sanno che non è questa la verità.
Realtà umana e pensiero che non ci vengono donati da nessuna divinità metafisica, né incisi come fossimo tavolette di cera dalla ragione del pater familias, né indotti dal sapiente pederasta, ma sono il risultato della trasformazione che avviene nei primi attimi della nostra nascita.
22 Marzo 2012
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