• Intelligenza artificiale ovvero intelligenza anaffettiva

      0 commenti

    di Gian Carlo Zanon

    Il 14 novembre 2024 IlSole24Ore ha pubblicato un articolo non firmato dal titolo L’adozione di Intelligenza Artificiale cresce in Italia e conquista anche le Pmi. Nell’articolo si parla di come Intelligenza Artificiale (AI) stia entrando di prepotenza anche nelle PMI (Piccole e Medie Imprese) e come queste innovazioni tecnologiche cambieranno gli assetti lavorativi. Nell’articolo si legge: «L’impatto dell’AI generativa sta suscitando un ampio dibattito che ha bisogno di evitare le secche di una polarizzazione tra apocalittici e integrati. Infatti, se da un lato l’automazione può mettere a rischio milioni di posti di lavoro, dall’altro può creare nuove opportunità e aumentare la produttività a patto di investimenti nella formazione e nelle competenze digitali anche per intercettare tutto il suo potenziale nel compensare il declino demografico e mantenere alta la produttività.»

    Inoltre nell’articolo vengono definite12 milioni di persone che, o sono «prive di competenze di base e quasi 5 milioni con competenze superiori insufficienti.» oppure «con competenze superiori insufficienti.(…) » una «zavorra» per il nostro Paese. Poi si dice che «l’Europa (…) ha avviato il processo di regolazione per un utilizzo etico e sicuro dell’AI.»

    Leggendo l’articolo viene in mente il Programma Eutanasia, nome in codice Aktion “T4”, cheprevedeva, nella Germania nazista, la soppressione di persone disabili la cui vita “era indegna di essere vissuta” .

    La pressione sui giovani per far loro accettare l’eugenetica si esercitava anche attraverso la potente organizzazione  Hitler-jugend (Gioventù hitleriana), che raggruppava tutti tedeschi dai 10 ai 18 anni di età. In un manuale formativo a uso dei leader della Gioventù hitleriana, nel capitolo «Genetica e igiene razziale» si poteva leggere: «La maggior parte di coloro con malattie e deficienze genetiche sono completamente incapaci di sopravvivere da soli. Non possono badare a se stessi ma devono essere presi in cura dalle istituzioni. Ciò costa allo stato enormi somme ogni anno. Il costo di cura per una persona geneticamente malata è otto volte superiore rispetto a quello di una persona normale. (…) L’istruzione di un bambino sordo costa circa 20.000 marchi. In tutto il Reich tedesco spende circa 1.2 miliardi di marchi ogni anno per la cura ed il trattamento [medico] di cittadini con malattie genetiche.»

    Le persone incapaci senza competenze e con poche competenze – secondo ciò che scrive Il Sole24Ore – sarebbero una “zavorra”; sarebbero dei parassiti  e di conseguenza che farne? La zavorra di solito la si elimina.

     Il fatto che l’Europa abbia «avviato il processo di regolazione per un utilizzo etico e sicuro dell’AI»,  visto le parole usate e visto l’aria scura che tira dalle parti di Bruxelles,non mi tranquillizza nemmeno un po’. 

    Altre parole e frasi mi tolgono completamente la tranquillità in quanto in loro colgo menzogne palesi inghirlandate a festa: «se da un lato l’automazione può mettere a rischio milioni di posti di lavoro, dall’altro può creare nuove opportunità e aumentare la produttività a patto di investimenti nella formazione e nelle competenze digitali anche per intercettare tutto il suo potenziale nel compensare il declino demografico e mantenere alta la produttività.»  Paragrafo da cestinare in quanto fallace. L’uso del condizionale (può) è improprio: l’AI elimina milioni, forse miliardi di posti di lavoro, e lo sappiamo benissimo, lo vediamo ogni giorno. Poi parla di declino demografico in un mondo che in realtà sta morendo per l’aumento demografico. Un articolo quindi ingannevole, mistificatorio e quindi socialmente pericoloso.  Delle persone non occupabili cosa ce ne facciamo? L’esistenza di coloro che essendo meno abili o meno inclini alla schiavitù sarà considerata «vita indegna di vita»? Per “divergenti” e “difformi” si apriranno le porte di campi di sterminio?

    – 

    Nel libro di Viviane Forrester, L’orrore economico del 1997, trovo scritto: «Una quantità sempre crescente di essere umani non è già più necessaria al piccolo numero che, plasmando l’economia, detiene il potere. Una folla di esseri umani si ritrova così, secondo la logica imperante, senza una ragionevole ragione di vita in questo mondo dove sono comunque nati. Per ottenere la facoltà di vivere, per averne i mezzi, dovrebbero poter rispondere ai bisogni delle reti che governano il pianeta, a quella dei mercati. Il fatto è che i mercati non rispondono più alla loro presenza e non hanno bisogno di loro. O di pochissimi e di sempre meno di loro. La loro vita non è più “legittima” ma solo tollerata. Fastidiosa…».

    Questa «folla di essere umani» “illegittima”, di cui parlava V. Forrester, ora, con l’ulteriore progresso tecnologico, aumenta sempre più.

    Domenico De Masi nel 2016 scriveva:[ “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché certamente questo Paese non soffrirà a non averli più tra i piedi”. Con queste parole il Ministro del Lavoro Poletti ha commentato la fuga dei giovani che egli stesso ha costretto a espatriare con la sua scellerata politica del lavoro. Dopo averli ingannati, ora li offende. Venti anni fa la scrittrice francese Viviane Forrester pubblicò L’horreur économique, un libro sul declino del lavoro che destò una forte impressione e provocò una discussione accanita in tutta Europa. Poi, come il libro stesso aveva previsto, le sue accuse caddero nel dimenticatoio e si tornò a parlare di lavoro con le menzogne di sempre. In cosa consiste questo orrore? Consiste nel fatto che tutta la nostra ricchezza, il nostro prestigio, la nostra rispettabilità, le nostre opportunità, le nostre tutele, qualsiasi forma di sopravvivenza, derivano dal nostro lavoro. Ma il lavoro viene negato a un numero crescente  di persone che, per questa deprivazione, sono gettati nella disperazione. La mancanza di lavoro non dipende da chi non ce l’ha, e tuttavia gli viene imputata come se fosse colpa sua. Una colpa di cui vergognarsi.

    Ogni giorno ci viene raccontato che la disoccupazione è effetto di una crisi passeggera ma, nei fatti, la crisi non passa e, anche se passasse, nessuno ci assicura che, con essa, cesserebbe anche la disoccupazione. E mentre vengono contrabbandati come rimedi i più astrusi sotterfugi (come il Jobs Act o i vaucher) di cui conosciamo in anticipo l’inefficacia, mentre vengono esibite statistiche ridicole (come un incremento dello 0,2%) di cui è lampante la futilità, milioni di persone si macerano in una sofferenza sorda, acuita dalla vergogna per il fallimento, benché incolpevole. Una vergogna che coinvolge, insieme al disoccupato, anche i suoi familiari: la madre che si umilia ad implorare un lavoro purchessia per la propria figlia; il padre che inventa scuse penose per nascondere a se stesso e agli altri la disoccupazione del figlio.

    La verità è che siamo in presenza di una mutazione epocale per cui riusciamo a produrre sempre più beni e servizi con sempre meno lavoro umano, eppure imputiamo ai disoccupati il peccato della loro disoccupazione quasi che, se avessero voglia di lavorare, tenessero a portata di mano un ottimo posto di lavoro che si ostinano colpevolmente a rifiutare. E, a furia di essere considerati colpevoli, finiscono per sentirsi colpevoli anch’essi, succubi di un’alienazione che inclina alla depressione.

    Indurre alla vergogna i disoccupati e in suoi familiari è un capolavoro del capitalismo perché tramuta la rabbia in rassegnazione e garantisce pace al sistema. È dunque un elemento così imprescindibile del profitto, che meriterebbe di essere quotato in borsa.

    Nessuno ha deciso la propria nascita e tuttavia, secondo questo sistema implacabile, dopo essere nato, ognuno deve dimostrare di meritare la vita. Non “ognuno”, a dire il vero. Perché vi è una stretta e privilegiata minoranza che detiene ricchezza, potere e sapere mentre la quasi totalità è tenuta a dimostrare giorno per giorno, attraverso il lavoro, la propria utilità al sistema, cioè al profitto. E se il sistema del profitto gli toglie il lavoro, cioè l’unica condizione necessaria alla sopravvivenza, impedendogli così di dimostrare la propria utilità, non è il colpevole sistema che deve vergognarsi ma il disoccupato incolpevole! ]

    Alla sua uscita il saggio di Viviane Forrester suscitò forti polemiche, poi scomparve dagli orizzonti culturali e politici. Ci ritroviamo oggi dopo quasi trent’anni a verificare che la Cassandra di allora ci aveva visto molto bene ma non perché aveva poteri profetici da Pitzia delfica, ma semplicemente perché vedeva ciò che gli altri non vedevano, deduceva da ciò che vedeva cosa sarebbe accaduto e, soprattutto, aveva il coraggio di dire ciò che pensava. La drammatica analisi di Viviane Forrester si mostra ora in tutta la sua verità.

    Nonostante ciò che oggi è sempre più palese miliardi di esseri umani continuano a vivere come in un Truman show, credendo che la realtà narrata da politici scaltri e informatori mediatici asserviti sia reale.  E si accaniscono nel voler negare ciò che sta sotto ai propri occhi.  L’estinzione del lavoro giustamente retribuito, in quanto a causa della tecnologia la domanda si azzera sempre più, viene annullata da proclami televisivi in cui, mentendo per la gola, si giura sulla crescita dei posti di lavoro…. senza ovviamente definirne i contorni temporali né tantomeno quantificare qualità e retribuzione.

    E, allora, siete tutti invitatati divenire consapevoli di ciò che sta accadendo e a dedurre ciò che accadrà nel mondo del lavoro.

    Dopodiché le scelte di base sono due: 1) abbracciare la razionalità animale darwinistica, che prevede una scala alimentare, che prevede che solo le razze più forti, più spietate, più aggressive e con più capacità di adattamento “all’aria che tira”, potranno sopravvivere a scapito di altre. E questo anche se ciò prevede un cambiamento di specie, nel nostro caso diventare meno umani, meno solidali, eccetera eccetera. 2) L’altra scelta è quella di restare umani aderendo consapevolmente a una “irrazionalità consapevole” che prevede la realizzazione dell’umano, ovvero libertà, uguaglianza, solidarietà, divenire e trasformazione.

    Nel sistema nazi-liberista ognuno deve dimostrare di meritare la vita sociale. E lo deve fare togliendo la vita agli altri. In questo terribile sistema sociale ed economico, in cui vige il concetto di mors tua vita mea, i capibranco detengono ricchezza, potere e tecnologia; gli altri sono tenuti a dimostrare giorno dopo giorno, con i loro comportamenti, la propria adesione e la propria utilità a questo sistema. E se nonostante questo, come accade oggi, il sistema vi toglie il lavoro, cioè l’unica condizione necessaria per dimostrare la propria utilità al sistema, il sistema vi espelle dichiarando la vostra difformità, il vostro essere zavorra, mostrando al mondo il vostro stato di parassiti.

    I veri parassiti della società, che come vampiri bramosi succhiano la linfa vitale agli essere umani, che deforestano, desertificano, inquinano, rendendo la terra infertile, l’acqua imbevibile, l’aria irrespirabile riescono a irretirci facendo leva sulla favola di Caino e sulle fanfaluche di Freud&Company, ripetono da sempre che siamo tutti dei perversi con la bestia dentro e che quindi dobbiamo lottare ogni giorno gli uni contro gli altri per sopravvivere calpestando i meno furbi, i meno forti, i più onesti… e questo perché, dicono, in fondo in fondo siamo tutti animali. Animali che, come nel racconto di Kafka, Una relazione per un’Accademia, o capiscono che si devono identificare con chi li tiene in gabbia e comportarsi come loro, oppure da quella gabbia non usciranno mai perché… perché sono loro, quelli che non vogliono rinunciare alla propria identità umana, gli asociali, la zavorra da eliminare.

    18 novembre 2024

     








    
    
    
    
    
    
    
    
    
    

    Scrivi un commento