di Jeanne Pucelli
Non mi è mai piaciuto usare l’abusato argot calcistico per descrivere la realtà. Oggi però non trovo una parola più adeguata di “dribbling” per descrivere i miei esercizi quotidiani per superare,”scartando di lato”, piccoli e grandi ostacoli che mi si parano continuamente davanti trasformando il mio cammino in un specie di cross country equestre.
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Ad ogni ostacolo corrisponde naturalmente una forma di dribbling e quindi un movimento laterale, uno “scarto”. Uno scarto a volte molto brusco, come quello di un cavallo ombroso, a volte lento, composto, circospetto, a volte rapido, istintivo. Spesso il mio movimento che tende a dribblare un ostacolo non interagisce con lo spazio fisico perché è solo mentale. A volte è minimo come quando si fa un clic sul telecomando o sul cellulare o sul mouse, per scartare, ciò che appare nel video. A volte è rabbioso e anche se non sposta nessun corpo e nessun oggetto … lo si avverte dal cambiamento di umore e, “l’ostacolo”, lo percepisce, o lo dovrebbe percepire, dalla fisiognomica del mio volto.
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Ormai è diventato un mio stile di vita, e ho affinato i movimenti e spesso, con sorprendente rapidità, riesco a mutare il fastidio in gioco … come quando, senza più innervosirmi, rispondo all’ennesima telefonata commerciale in perfetto mandarino appreso nei molti anni passati a d ingoiare involtini primavera: « … no signole, mi spiace la signola non è in casa, tolna fla tle settimane». O come quando, nei ristoranti del centro, dopo il quarto mazzo di rose sventolato tra me e il mio piatto simulo un attacco d’asma e fingo, tra gesti e sibili, di essere intollerante alle rose, specie a quelle rosse, perché sempre rosse sono … coño.
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Poi c’è il gioco giornaliero con i venditoridituttoelavatoridivetriefanaliaisemafori in cui ci si smarca dal postulante con vari tipi di dribbling: macchina mai ferma e sempre in lento movimento; telefonata inesistente , ma tragica; varie alterazione dei muscoli facciali ecc..
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I dribbling fin qui elencati sono molto semplici, divertenti e certamente non fanno consumare troppe energie fisiche e mentali. Le cose cambiano quando si devono dribblare veri e propri “soggetti pericolosi” come colleghi invidiosi, parenti estenuanti, genitori asfissianti, amici depressi, boss laidi, dirigenti politici finti, ex respinti, lettori con la coda di paglia. In questi casi le doti della dribblatrice devono essere sofisticate e le capacità di simulazione e di dissimulazione devono avvicinarsi alla perfezione. La gamma delle sfumature di comportamento da utilizzare nel dribbling con questi individui è infinita e quindi non me la sento di proporre soluzioni, … una sola regola … non permettetegli mai di superare il giusto limite della distanza da voi istintivamente stabilito … perché poi diventa difficile dribblarli senza subire un fallo di reazione che potrebbe nuocervi.
Per fortuna non sempre è necessario dribblare … anzi … a volte è necessario “impattare”!!! n’est-ce-pas???(*)
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7 settembre 2014
.tradu
(*) traduzione dal partenopeo “capisci ammè?” o dal castigliano ” me entiendes?”
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© Jeanne Pucelli Riproduzione riservata
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27 Giugno 2016 @ 14:47
Casa “I giorni e le notti” che “mi protegge da un lungo fiume d’acqua sporca esondata da un lago”(non vedo il lago, ma c’è).
Aumme Aumme (modo di dire napoletano ereditato dagli arabi che hanno transitato Napoli).