Da sinistra a destra, Víctor Zorzín, Rector del Colegio Máximo; Andrés Swinnen, Maestro de Novicios; Jorge Bergoglio, Prepósito Provincial; Carlos Cravena, Ministro del Colegio Máximo o vice superior, e Hipólito Salvo, ex Provincial en la Argentina.
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«In quel momento furono evidenziati i maneggi economici di Bergoglio nell’amministrazione della Compañía de Jesús, dove si rilevò un ammanco equivalente a sei milioni di dollari.»
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Qualcosa sta cambiando nei media argentini. Molti articoli di Página 12, in cui si denunciavano le “manchevolezze” di J.M. Bergoglio fino a poco tempo fa postati in rete, sono scomparsi. Alcuni però si sono salvati, per ora, degli uragani della messa all’indice telematico. Di questi articoli, desaparecidos dal web, fortunatamente sono rimaste tracce in innumerevoli siti web, e questo ci cautela da possibili attacchi oscurantisti. Inoltre esistono le copie cartacee conservate con cura nella splendida casa incastonata nel barrio Recoleta dal mio caro amico Arcadio, sin dal 1989.
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Tra gli articoli salvati dalla sparizione ho ritrovato questa lunga intervista, dal titolo eloquente, Fama, dinero y poder, che Horacio Verbitsky, nel 2010, fece a Miguel Ignacio Mom Debussy, che fu per alcuni anni segretario particolare di Bergoglio. L’articolo è importante anche perché dimostra che, al contrario di ciò che dicono i detrattori del giornalista argentino, egli ben prima della salita al trono di Pietro di Bergoglio, già fu molto critico nei suoi confronti. Già nel 2005, nel suo libro El silencio, Verbitsky inquadrò Bergoglio tra coloro che furono al fianco dei torturatori argentini. «Bergoglio è stato un delatore» scrive il giornalista argentino nel suo libro e «La Compagnia (l’istituzione dei gesuiti N.d.R.) non svolse un ruolo profetico perché Bergoglio aveva legami con Massera». Ma leggetevi questo articolo in cui la figura francescana di Bergoglio viene messa a dura prova dalle testimonianze del suo ex segretario personale. Ho chiesto a G.C. Zanon di tradurlo … ed eccolo qui …
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di Giulia De Baudi
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Pàgina 12 – I conti di Bergoglio
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Domenica, 2 maggio 2010
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Fama, denaro e potere
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«L’amministrazione di Bergoglio lasciò un ammanco di sei milioni di dollari nella contabilità della Compañía de Jesús, provenienti da contributi e donazioni che non furono registrate nei libri contabili. Un testimonio di prima mano. L’atto politico per il Bicentenario.»
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di Horacio Verbitsky
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Miguel Ignacio Mom Debussy entrò nel noviziato gesuita nel 1973 e Bergoglio lo ordinò sacerdote nel 1984. Due anni dopo si allontanò dalla Compañía de Jesús e nel 1990 il provinciale Víctor Zorzín (1) firmò il decreto di dimissioni da gesuita. In questo momento furono evidenziati i maneggi economici di Bergoglio nell’amministrazione della Compañía de Jesús, dove si rilevò un ammanco equivalente a sei milioni di dollari. Così lo racconta l’ex sacerdote: “Quando morì mio nonno l’eredità fu divisa tra le mie due sorelle e io. Consegnai la mia parte a Bergoglio nel suo studio del Colejio Máximo, in banconote e nemmeno mi fece una ricevuta”.
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Quando Debussy si ritirò dalla Compañía seppe dal provinciale Zorzín che Bergoglio non registrò la donazione nei libri contabili della Curia Provinciale. Tra 1988 y 1989, Zorzín gli rese 7300 dollari, in tre trances. Tale importo corrispondeva all’aggiornamento calcolato da sacerdote Vicente Pellegrini, Economo de la Provincia in quegli anni. Mom Debussy ritiene che questa fu una stima molto stringata, dato che ciò che egli aveva consegnato a Bergoglio equivaleva al valore di un appartamento di tre stanze nel barrio Recoleta.(2)
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Oltre a restituire il denaro, Zorzín e l’ex provinciale Hipólito Salvo, che era dottore in Diritto Canonico, gli spiegarono che Bergoglio avrebbe dovuto depositare questo denaro in un conto bancario a nome del novizio, fino a che questi non avesse terminato la sua formazione e non avesse pronunciato i voti solenni che altrimenti gli sarebbero stati negati.
«In entrambi i casi, per raggiungere questa istanza è prescritto stesura di un testamento e la libera disposizione dei fondi (sempre staccandosi da loro, in virtù di voto solenne di povertà) in favore della Compañía de Jesús, o della mia famiglia o dei volontari dei Vigili del fuoco del quartiere Boca, però sempre seguendo l’esclusiva volontà del donatore. »
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Nel momento delle dimissioni avrebbe dovuto essere restituito integro questo e qualsiasi altro denaro che fosse stato depositato nel conto. «Se lo avessi saputo e se fosse esistito il conto e il fondo, non avrei aspettato quasi quattro anni a dimettermi», dice Mom Debussy, che visse con angoscia il suo ritorno al mondo.
Quando lasciò la Compañía fece l’imbianchino, l’impiegato nella Cassa di Previsione sociale per avvocati della Provincia di Buenos Aires, il professore di filosofia nel Colegio Andersen y Lincoln di Belgrano e il direttore di studio in una scuola nel barrio Patricios. Inoltre si sposò e ora lavora come accompagnatore terapeutico.
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Mentre stava nel Noviziato vendette anche un appartamento di media grandezza, con bagno e cucina completo, ammobiliato e con aria condizionata, nel quartiere Juncal tra Uriburu e Azcuénaga, per pagare le spese mediche e ordinarie di sua madre, finché questa morì nel novembre de 1975. Zorzín y Salvo gli dissero che la Provincia jesuita avrebbe dovuto farsi carico di queste spese e anche che il denaro di questo appartamento avrebbe dovuto essere depositato in un conto bancario mai esistito.
«Bergoglio, essendo gesuita professo e, per di più, Provinciale, non poteva ignorare la normativa e il modo corretto di procedere (che io non potevo conoscere dato che ero un novizio)». I due Gesuiti gli dissero anche che l’amministrazione di Bergoglio lasciò una contabilità «piagata di omissioni e occultamenti di entrate (donazioni particolari e ingressi di denaro nella Curia General della Compañía, della chiesa tedesca, dello Stato Nazionale destinato al sostentamento dei novizi e degli studenti gesuiti). Da un’inchiesta interna e dalla raccolta dei dati, tra i donatori e ingressi di denaro, si è calcolato un ammanco di quasi sei milioni di dollari».
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La lettera manoscritta con la quale Mom Debussy chiese al papa che lo dispensasse dal celibato sacerdotale e alla Compañía de Jesús dai suoi volti povertà, castità e obbedienza, del febbraio 1989, contiene osservazioni categoriche sull’ex Provincial. Scrisse che «le mia relazione con il Provincial Jorge Mario Bergoglio mi spersonalizzò, mi impedì di maturare e pose fine alla poca autonomia che mi rimaneva». Mom Debussy scrive che dovette sopportare «oppressione, falsità e disprezzo». Il suo ingresso nella Compañía e la sua ordinazione sacerdotale furono errori influenzati dalla «mia mancanza di libertà e l’oppressione ‘paternale’ e il ‘lavaggio del cervello’ causati dalla mia debolezza, dalla mia confusione e timore di solitudine e dal disprezzo del Provincial Bergoglio», che «considero un demente, nei migliore dei casi, e una cattiva persona in molti altri».
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Dopo due anni di allontanamento, grazie ai quali «ho potuto conoscermi meglio, sentirmi un essere umano e un essere libero», Mom Debussy ora può dire «preferisco questo mondo peccatore, dove i corrotti non passano per virtuosi, o per lo meno, cercando fama, denaro e potere, non si camuffano dietro dichiarazioni di povertà né proclamano la virtù suprema della carità, mentre impunemente distruggono altri esseri umani, figli di Dio uguali a loro. Fuori dall’isola ecclesiastica le cose vengono chiamate con il proprio nome e finalmente nessuno inganna nessuno».
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Dopo aver ammesso che conserva un amabile e affettuoso ricordo di molti gesuiti, conclude «gli altri, i mentitori e agli ipocriti, gli indegni e i vigliacchi, è giunta l’ora di dimenticarli». Per Mom Debussy, «Bergoglio è un sociopatico che non esitò nel sottomettere psicologicamente tutti i gesuiti che poté, iniziando con i novizi e gli scolari (tra i quali mi incasellava). Raggiunse il suo obiettivo, in generale. Molti di coloro che sono stati danneggiati finirono per dimettersi dalla Compañía. Inoltre, mi risulta, che egli fece lo stesso senza nessuno scrupolo contro altri gesuiti (del Centro de Investigaciones y Acción Social, CIAS) e laici legati alla Compañía, specialmente nella Universidad del Salvador».
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Quando Ubaldo Calabresi successe nel ruolo di nunzio apostolico a Laghi, nel 1981, Bergoglio lo fece venire al Colejio Máximo (residenza di Bergoglio Leggi qui) e lo invitò a celebrare la messa en latino. «Nessuno capì nulla», dice Mom Debussy. Quando il suo compagno su Jorge Seibold fu designato Rettore di Filosofia nella sede San Miguel della Universidad del Salvador, Bergoglio lo fece inginocchiare nella cappella del Máximo e gli fece dire il giuramento contra la modernità che Pio X stabilì nel 1910 e che stava in completo disuso. (il contenuto di questo giuramento è molto simile alle questioni poste dal cardinale Antonio Caggiano al Movimento dei Sacerdoti terzomondisti). «Bergoglio si vantava di averlo obbligato a questo giuramento, e uno dei suoi libri preferiti era Il Principe», ricorda Mom Debussy.
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Qui sotto potete leggere l’articolo in lingua originale
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Note
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(1)Padre Víctor Zorzín, fu vice di Bergoglio, quando questi era a capo della provincia argentina, e nel 1986 prese il suo posto restando in carica fino al 1991.
(2)Il barrio Recoleta è il quartiere più ricco di Buenos Aires
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Pàgina 12 › LAS CUENTAS DE BERGOGLIO
Domingo, 2 de mayo de 2010
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Fama, dinero y poder
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La administración de Bergoglio dejó un faltante de unos seis millones de dólares en la contabilidad de la Compañía de Jesús, provenientes de aportes y donaciones que no se registraron en los libros. Un testimonio de primera mano. El acto político para el Bicentenario.
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Por Horacio Verbitsky
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Miguel Ignacio Mom Debussy ingresó al noviciado jesuita en 1973 y Bergoglio lo ordenó sacerdote en 1984. Dos años después se alejó de la Compañía de Jesús y recién en 1990 el provincial Víctor Zorzín firmó el decreto de dimisión como jesuita. En ese momento quedaron en evidencia los manejos económicos de Bergoglio en la administración de la Compañía de Jesús, donde se detectó un faltante equivalente a seis millones de dólares. Así lo relata el ex sacerdote:
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“Cuando murió mi abuelo, la herencia se repartió entre mis dos hermanas y yo. Le entregué mi parte a Bergoglio, en su despacho del Colegio Máximo, en billetes, y ni siquiera me dio un recibo”, dice. Cuando se retiró de la Compañía supo por el provincial Zorzín que tampoco lo registró en los libros contables de la Curia Provincial. Entre 1988 y 1989, Zorzín le devolvió 7300 dólares, en tres entregas. Ese monto correspondía a la actualización calculada por el sacerdote Vicente Pellegrini, Ecónomo de la Provincia en esos años. Mom Debussy entiende que esa fue una estimación muy conservadora, ya que lo que él le había entregado a Bergoglio equivalía al valor de un departamento de tres ambientes en Recoleta. Además de devolverle el dinero, Zorzín y el ex provincial Hipólito Salvo, quien era doctor en Derecho Canónico, le explicaron que Bergoglio debería haber depositado ese dinero en una cuenta bancaria a nombre del novicio, hasta que terminara su formación y pronunciara los votos solemnes o se le negaran. “En cualquiera de los dos casos, al llegar a esta instancia está prescripta la redacción de un testamento y la libre disposición de los fondos (siempre desprendiéndome de ellos, en virtud del solemne voto de pobreza) a favor de la Compañía, o de mis familiares, o de los Bomberos voluntarios de la Boca, pero siempre según la exclusiva voluntad del testador”. En el momento de la dimisión debería haberle restituido íntegro ese y cualquier otro dinero que hubiese sido depositado en la cuenta. “De haberlo sabido y existido la cuenta y los fondos, no hubiera esperado casi cuatro años para dimitir”, dice Mom Debussy, quien vivió con mucha angustia su regreso al mundo. Cuando dejó la Compañía fue pintor de brocha gorda, empleado en la Caja de Previsión para abogados de la Provincia de Buenos Aires, profesor de filosofía en los Colegios Andersen y Lincoln de Belgrano y director de estudios de un colegio en Patricios. También se casó y ahora trabaja como acompañante terapéutico.
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Mientras estaba en el Noviciado también vendió un departamento de un ambiente y medio, grande, con baño y cocina completos, alfombrado y con aire acondicionado, en Juncal entre Uriburu y Azcuénaga, para pagar los gastos médicos y de alimentación de su madre, hasta que murió en noviembre de 1975. Zorzín y Salvo le dijeron que la Provincia jesuita debería haberse hecho cargo de esos gastos y que también el dinero de ese departamento debería haberse depositado en la cuenta bancaria que nunca existió. “Bergoglio, como jesuita profeso y, más aún, como Provincial, no podía ignorar el normado y correcto modo de proceder (que yo no tenía por qué conocer, como jesuita novel que era)”. También le comentaron que la administración de Bergoglio dejó una contabilidad “plagada de omisiones y ocultamientos de ingresos (donaciones de particulares y aportes de la Curia General de la Compañía, de la Iglesia alemana y del Estado Nacional destinados al sostenimiento de los novicios y estudiantes jesuitas). Por auditorías internas y recolección de datos entre donantes y aportantes, calculaban un faltante de casi seis millones de dólares”.
Bergoglio in un carcere argentino in compagnia di confratelli–
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La carta manuscrita en la que Mom Debussy pidió al papa que lo dispensara del celibato sacerdotal y a la Compañía de Jesús de sus votos de pobreza, castidad y obediencia, en febrero de 1989 contiene observaciones categóricas sobre el ex Provincial. Escribió que “mi relación con el p. Jorge Mario Bergoglio me despersonalizó, me impidió madurar y acabó con la poca autonomía que me quedaba”. Mom Debussy escribe que debió soportar “opresión, falsedad y desprecio”. Su ingreso a la Compañía y su ordenación sacerdotal fueron errores influenciados por “mi falta de libertad y la opresión ‘paternal’ y ‘lavado de cerebro’ provocados con el consentimiento de mi debilidad, confusión y temor a la soledad y el desprecio por el p. Bergoglio”, a quien “considero un demente en el mejor de los casos y una mala persona en muchos otros”. Luego de dos años de alejamiento, en los que “he podido conocerme mejor, sentirme un ser humano y un ser libre”, Mom Debussy dice que “prefiero este mundo pecador, donde los corruptos no pasan por virtuosos, o al menos, buscando fama, dinero y poder, no se camuflan detrás de profesiones de pobreza ni proclaman la virtud suprema de la caridad, mientras impunemente destruyen a otros seres humanos, tan hijos de Dios como ellos.
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Fuera de la isla eclesiástica las cosas son llamadas por su nombre y finalmente nadie engaña a nadie”. Luego de consignar que guarda un amable y afectuoso recuerdo de muchos jesuitas, concluye que “a los otros, a los mentirosos y los hipócritas, los indignos y los cobardes, ya es hora de olvidarlos”. Para Mom Debussy, “Bergoglio es un sociópata que no titubeó en someter psicológicamente a todos los jesuitas que pudo, empezando por los novicios y escolares (entre los cuales me contaba). Logró su cometido, en general. Varios de los damnificados terminamos dimitiendo de la Compañía. También, me consta, actuó sin ningún escrúpulo contra otros jesuitas (del Centro de Investigaciones y Acción Social, CIAS) y laicos allegados a la Compañía, especialmente en la Universidad del Salvador”. Cuando Ubaldo Calabresi sucedió como nuncio a Laghi, en 1981, Bergoglio lo llevó al Máximo y lo invitó a celebrar la misa en latín. “Nadie entendió nada”, dice Mom Debussy. Cuando su compañero Jorge Seibold fue designado Rector de Filosofía de la sede San Miguel de la Universidad del Salvador, Bergoglio lo hizo arrodillarse en la capilla del Máximo y decir el juramento contra el modernismo que Pio X estableció en 1910 y que estaba en completo desuso. (El contenido de ese juramento es muy similar a los cuestionamientos del cardenal Antonio Caggiano al Movimiento de Sacerdotes para el Tercer Mundo). “Bergoglio se jactaba de haberlo obligado a ese juramento, y uno de sus libros de cabecera era El Príncipe”, recuerda Mom Debussy.
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