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In questi giorni mi sono chiesto spesso il motivo per cui da almeno dieci anni mi occupo del genocidio argentino. Mi sono anche chiesto perché da anni penso che la storia vada raccontata attraverso la letteratura. Non ho risposte da dare. So soltanto che se conosco gli angoli nascosti della storia lo devo alla narrazione “romanzesca”, in cui non ci sono solo i romanzi storici ma persino i racconti della nonna che raccontava piccoli accadimenti vissuti in prima persona.
La storia, quella vera, anche quella certificata da documenti e da dati inoppugnabili, viene ogni giorno messa in forse da revanchisti e da revisionisti. Ciò significa che la storia non ha il potere di garantire alla verità la sua salvezza.
La narrazione artistica, cioè la memoria dell’autore che ha soggettivizzato la storia attraverso il proprio filtro poetico-visionario, per sua stessa natura è inattaccabile: non è possibile “revisionare” un romanzo, una rappresentazione teatrale, un film né appellarsi a vere o presunte mancanze di veridicità. Sarebbe ridicolo.
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Nella “lettura scenica” Passeggeri, che sarà presentata al pubblico domenica 28 febbraio (leggi qui) abbiamo cercato – io, Simone Amendola, Daniele Amendola, Valentina Morini e Giacomo Sette – di narrare l’orrore del genocidio argentino partendo da questi pensieri. I testo della “lettura scenica” è stato scritto, adattato e sarà intepretato, utilizzando il dato storico solo come un canovaccio sul quale si muove una storia vera e inattaccabile perché divenuta narrazione. Tra i testi adattati allo spettacolo c’è anche un brano di I vent’anni di Luz della scrittrice argentina Elsa Osorio. «Un romanzo – scriveva Wlodek Goldkorn in un’intervista alla scrittrice – che in America Latina è considerato un classico, un po’ come da noi Se questo è un uomo di Primo Levi.»
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L’intervista di Wlodek Goldkorn (leggi qui) è del 2 maggio del 2014 . Ve ne propongo alcuni brani in cui Elsa Osorio parla di queste “assenze” che hanno determinato la presenza inattaccabile della memoria. Buona lettura.
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Gian Carlo Zanon
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La retorica dei carnefici, il segreto delle uccisioni, la forza della memoria: «Perché l’oblio collettivo è la morte»
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di WLODEK GOLDKORN
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Quando parla della sorte dei bambini, «della generazione di mio figlio che è nato nel 1976» e quando confessa che ogni giorno pensa a cosa sarebbe successo se quel suo figlio fosse stato rubato e dato in adozione a una famiglia di carnefici, la voce di Elsa Osorio si incrina. Osorio è una signora di 62 anni. È argentina, fa la scrittrice. Da giovane era affascinata dalla “letteratura fantastica”, quella di Borges e Cortázar. Poi, la storia dei bambini rubati, dei figli dei desaparecidos, fatti crescere dagli assassini dei loro genitori le ha fatto cambiare genere. Ha scritto I vent’anni di Luz, un romanzo che in America Latina è considerato un classico, un po’ come da noi Se questo è un uomo di Primo Levi. Lei per fortuna non ha vissuto sulla propria pelle gli orrori dei centri di tortura.
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Ma si porta addosso la stessa ossessione di molti ebrei quando si tratta della Shoah: svegliarsi ogni mattina col pensiero dell’inimmaginabile, e cercare di immaginarselo lo stesso. E provarne paura. Elsa Osorio, questa paura la supera con la scrittura. In I vent’anni di Luz ( Guanda) racconta la vicenda, inventata, di una bambina cresciuta in una famiglia di militari e che cerca la verità e l’amore. E per questo scopre in che modo è stata uccisa sua madre e rintraccia il vero padre(…) Per Elsa Osorio, che vive a Madrid, la narrazione è dolore, ma anche una ricerca della verità per poter costruire il futuro.
(…)
L’Argentina è un Paese che oscilla tra memoria e oblio. É possibile la memoria senza l’oblio?
“Per poter vivere occorre dimenticare. Però, abbiamo bisogno della memoria perché mai si ripetano le cose del passato”.
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E lo scrittore che ruolo ha?
“Deve raccontare i suoi personaggi. Senza metterci l’ideologia. Ne I vent’anni di Luz, faccio parlare anche i boia e spiego che qualcuno di essi era perfino capace di amare. (…)”.
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Tzvetan Todorov disse una volta che noi siamo ciò che dimentichiamo.
“Poiché io ho vissuto le conseguenze dell’oblio, sono a favore della memoria. L’oblio collettivo è la morte. (…) “.
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Quanta invenzione c’è nella memoria?
“Senza invenzione non esiste la memoria. (…) La letteratura ha un potere enorme. È in grado di cambiare le persone”.
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Sta dicendo che la letteratura dà forza alla memoria. E del resto, Primo Levi è stato un testimone prezioso, proprio perché era un grande scrittore…
“Il miracolo della letteratura sta nella capacità di dare nome a quelle persone che non sono tra di noi, però non sono ufficialmente morte. Queste persone hanno bisogno di essere contornate dalle nostre storie. La letteratura dà un nome a ciò che altrimenti sarebbe solo assenza”.
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Luz è un personaggio inventato, eppure sembra vera. Henry James, ha scritto che Balzac si era inventato tutto, ma che la sua invenzione era più vera della realtà sociale della Francia.
“C’è gente, perfino le nonne di plaza de Mayo, convinta che Luz sia esistita davvero. Ecco, la letteratura pur essendo una menzogna può toccare la verità in una maniera più forte della testimonianza diretta”.
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La vicenda dei desaparecidos è il fenomeno più vicino alla Shoah…
“L’organizzazione burocratica della morte, il segreto delle uccisioni, la sparizione dei corpi. E la retorica dei carnefici: parlavano di una guerra non convenzionale per salvare la civiltà”.
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Come si racconta dunque l’inenarrabile?
Come si fa a tradurre il dolore in letteratura?
“Ci ho messo 20 anni per poterne scrivere. Volevo raccontare la paura, ma mentre scrivevo avevo ancora paura, una paura che sentivo fin alle ossa, che mi chiudeva lo stomaco”.
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Come si fa a superarla la paura?
“Agendo. L’importante è uscire dalla situazione della vittima. Il mio modo di agire è usare la parola. La parola cambia il mondo”.
(…)
È capace di perdonare?
“Voglio giustizia, non perdono. La verità non può essere oggetto di un negoziato”.
E di papa Bergoglio che ne pensa?
–“Faceva parte della gerarchia cattolica argentina. E la gerarchia era complice della dittatura. (…)”.
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