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di Giulia De Baudi
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I passeggeri che porto nella mente è gente a posto. Timidi mostrano le immagini e parlano delle loro storie solo quando il pensiero li raggiunge sfiorando le loro mute, invisibili esistenze. Non so se è la servetta Fantasia, di cui parla Pirandello, la responsabile del loro venire in scena. So soltanto che i miei passeggeri sono gente a posto. Educati e sensibili capiscono subito se la loro ospite li vuole accanto a sé. A volte giungono inaspettati, e come ospiti inattesi si siedono alla mia tavola e chiedono vino rosso; oppure spuntano dalla tastiera del mio computer costringendomi a scrivere di loro … solo dopo mi rendo conto di averli inconsapevolmente convocati.
Li ho conosciuti tutti i passeggeri del mio pensiero diurno, alcuni in modo profondo, altri sbadatamente mentre anch’io, passeggera del tempo, scorrevo pagine e pagine dove loro continuavano la loro vita per mezzo di parole, frasi, paragrafi, spesso scritti nella lingua che fu di Cervantes, di Lope de Vega.
I passeggeri del tempo a volte erano felici di stare nei luoghi in cui le espressioni verbali erano amiche e dicevano di loro la verità; altre volte li vedevo vivacchiare annoiati da quel viaggio in cui uno scribacchino li guidava a suo piacimento senza ascoltare i loro ricchi consigli; succedeva anche che l’oppressione del disonesto attentasse allo loro integrità … e li vedevo annaspare in acque torbide alla ricerca di una mente che li salvasse della menzogna che a volte minacciava persino la loro eterna ma labile esistenza.
Sono certa che anche questi ultimi passeggeri, che hanno sentito la propria esistenza liquefarsi a causa delle piogge acide del “non è”, si sono salvati grazie a chi li ha portati con sé ridando loro l’immagine perduta a causa di negazionisti, millantatori, ciarlatani, lacchè …
Loro me lo dicono continuamente che stanno male ascoltando le parole di miele rancido recitate da Bergoglio di fronte ai molti individui accecati dall’alienazione religiosa. Alienazione religiosa che in questi giorni ha ottenuto una ricca occasione per esercitare il suo surrettizio potere: quale migliore opportunità per intorbidire lo sguardo già compromesso dei credenti che passivamente si fanno ammaestrare da les nouveaux maîtres à penser nostrani scatenatesi in difesa del nuovo führer cattolico costretto alle corde da migliaia di articoli, milioni di post, miliardi di parole che denunciano le sue connivenze, i suoi tradimenti, le sue menzogne che vorrebbero acquietare l’indignazione dei miei passeggeri furibondi che chiedono l’esistenza e la verità che viene loro negata continuamente.
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Loro, i passeggeri della mente, sono fatti così; è gente seria che odia la menzogna. Quando vengono gli argentini, si siedono bevendo el mate , mi guardano con certi occhi … poi silenziosi sussurrano : “Informati, pensa, scrivi di noi … noi non abbiamo più voce, non abbiamo neppure una foto su una lapide che le nostre donne possano bagnare col pianto che lenisce il dolore, Il loro dolore, il nostro dolore”.
Gli argentini che mentre scrivo stanno intorno a me sono i passeggieri de los vuelos , i voli della morte. Molti di loro pur storditi dalle pesanti droghe che venivano iniettate prima del “volo” hanno visto e udito solerti cappellani cattolici che con le parole scritte nei testi biblici esortavano i soldati argentini a “dividere l’erba buona da quella cattiva”.
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I miei passeggeri, erano giovani studenti e volevano giustizia sociale; erano religiosi terzomondisti di Teologia della Liberazione che Bergoglio espelleva dalla Chiesa cattolica sapendo benissimo che sarebbero diventati subito preda dei militari ebbri di sangue. I miei passeggeri erano operai specializzati, come quelli della Mercedes Benz denunciati dai loro direttori -perché troppo di sinistra o perché erano semplicemente delegati sindacali scomodi – che venivano sequestrati da agenti in borghese perfino sui luoghi di lavoro.
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Loro, i miei passeggeri che volarono con gli altri, erano religiosi che si erano messi in testa di seguire gli insegnamenti evangelici che parlano di bontà, di fratellanza, di giustizia sociale e che per essere coerenti lavoravano insieme agli umili. Alcuni di loro facevano gli spazzini. Troppo ingenui e disarmati nei confronto dei feroci ed invisibili Domini cani, questa volta appartenenti alla Compagnia di Gesù che avevano deciso di ripulire la “Città di Dio” da coloro che si opponeva ai loro disegni divini richiesti dal dio degli eserciti.
I passeggieri che attraversano le zone della mia mente è gente a posto, gente seria che odia la menzogna. Attraverso le mie parole scritte mostrano le loro immagini e parlano delle loro storie solo quando il pensiero li raggiunge sfiorando le loro mute, invisibili esistenze.
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Oggi sono venuti gli argentini, c’era Ramon con i capelli ricci che quasi nascondono le ustioni alle tempie provocate dalla picana; c’era Ines che guarda il suo ventre di madre asciugato e chiede della sua creatura vista solo per pochi istanti. La bimba – Manuela l’avrebbe chiamata – era nata in quell’orrido posto dove l’avevano torturata e dove l’avrebbero ammazzata senza pietà poche ore dopo il parto; ci sono anche le due suore francesi, Léonie Duquet e Alice Domon, attiviste per il terzomondo, che furono rapite mentre erano in chiesa e portate alla ESMA. Lì vennero torturate. Poi divennero anche loro passeggere di uno dei tanti volos.
Tra i miei passeggeri c’è anche Mirta Mónica Alonso e suo figlio Emiliano Hueravillo nato da lei all’ESMA.
A lui è rimasta la voce:
Mi chiamo Emiliano Hueravillo, sono nato qui alla ESMA. Qui mia madre, Mirta Mónica Alonso, mi diede alla luce. Come lei, in tutti i centri di detenzione della zona sud di Buenos Aires, centinaia di coraggiose donne diedero alla luce i loro bambini in mezzo ai medici torturatori. A tutti i nostri fratelli e sorelle che sono nati qui, e che non sono ancora ritornati alla propria famiglia come ho potuto fare io: voglio che sappiano che li stiamo cercando, li stiamo aspettando, vogliamo raccontargli che le loro madri li amavano, che i loro padri li amavano, e che appartennero alla parte migliore di una generazione che si mise in gioco completamente per consegnarci un paese migliore.
I passeggeri che viaggiano nella mia mente è gente a posto, gente seria …
Le foto dell’articolo appartengono alla raccolta di fotografia Aucencias di Gustavo Germano.
Le immagini rendono omaggio a tutti i desaparecidos che con le loro “assenze” lasciano un vuoto incolmabile.
Le “assenze” evocano come scrisse Horacio Verbitsky il “ trauma fondatore dell’identità argentina contemporanea e ci introducono nel mistero del tempo con la muta violenza di un gesto congelato”.
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18 marzo 2013
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esteem
12 Aprile 2013 @ 17:09
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