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di Giulia De Baudi
Il Vaticano sapeva e taceva. Il Vaticano insieme al dittatore Jorge Videla, grande amico di Wojtyla, che ha sempre ammesso, anche in tribunale, la connivenza criminale con i cardinali cattolici argentini, fu corresponsabile del genocidio di almeno 30.000 giovani argentini.
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In un articolo di Horacio Verbitsky apparso oggi su Il Fatto, il giornalista e scrittore argentino mostra un documento dove si legge che la sorte dei desaparecidos era nota, fin dal 10 aprile 1978 alla Chiesa cattolica.
Scrive Horacio Verbitsky: «La politica dei “desaparecidos” che il dittatore Jorge Videla ha finito per ammettere con diverse dichiarazioni e in tribunale, era nota fin dal 10 aprile 1978 alla Commissione esecutiva della Chiesa cattolica che, però, si guardò bene dall’informare l’opinione pubblica. Tutto questo risulta da un documento rinvenuto nell’archivio della Conferenza episcopale.
Il documento porta il numero 10.949 e già il numero dà un’idea della quantità di informazioni sulle quali la Chiesa continua a mantenere il segreto. Il documento fu redatto a cura del Vaticano al termine di un pranzo con Videla ed è conservato nel fascicolo 24-II. Sono riuscito a visionare il documento in maniera surrettizia dopo che a una formale richiesta le autorità ecclesiastiche avevano risposto con la sorprendente affermazione secondo cui l’Episcopato non avrebbe archivi». L’articolo poi racconta di come Videla incontrava alti esponenti della Chiesa cattolica, con i quali si intratteneva «con la franchezza in uso tra amici».
Il documento ritrovato non fa altro che confermare ulteriormente ciò che tutti già sapevano sul ruolo criminale che ebbe la Chiesa cattolica in argentina. Verbitsky racconta le nefandezze, degne del gruppo nazista che circondava Hitler, dell’allora presidente dell’Episcopato, il cardinale Raul Francisco Primatesta, il quale comunicò all’Assemblea Plenaria di come lui e i suoi due degni compagni di merenda «l’arcivescovo Vicente Zazpe e il cardinale Juan Aramburu, avevano parlato a Videla dei casi di prigionieri apparentemente rimessi in libertà, ma in realtà assassinati, si erano interessati dei sacerdoti desaparecidos, quali Pablo Gazzarri, Carlos Bustos e Mauricio Silva, e di altre persone scomparse nei giorni precedenti all’incontro con Videla.
Secondo il documento episcopale “il presidente ha risposto che apparentemente sarebbe ovvio affermare che sono già morti; si tratterebbe di varcare una linea di demarcazione: questi sono scomparsi, non ci sono più».
I prelati si ponevano il problema non per un interesse umano né tantomeno sociale o politico ma solo perché, come disse Zapse, «Cosa rispondiamo alla gente visto che c’è un fondamento di verità in quanto sospettano? ”. E Aramburu spiegò che «il problema è di rispondere in modo che la gente non continui a chiedere spiegazioni».
«La chiesa – scrisse il cardinale Primatesta – vuole capire, collaborare, è consapevole che il Paese versava in uno stato di caos” e che ha misurato le parole perché sapeva benissimo “il danno che poteva arrecare al governo.»
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In realtà laChiesa cattolica argentina,in combutta con i capitani della finanza del paese e americani, con Forze armate, Aviazione e Marina, preparò il golpe; prescrisse ai militari le modalità di assassinio dei prigionieri politici, che venivano gettati dagli aerei ancora vivi; convinse, attraverso i propri cappellani militari, i marinai reticenti e angosciati, a torturare e ad uccidere i prigionieri politici, facendo dire loro che “separare l’erba buona da quella cattiva” era un precetto biblico da applicare senza nessuna colpa.
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In Argentina, dagli anni cinquanta in poi, prelati, cardinali, vescovi, fecero a gara per incoraggiare l’odio verso i ‘sovversivi’, tra i quali vi erano numerosi religiosi che appartenevano in gran parte ai movimenti popolari cristiani che volevano la giustizia sociale: dalla Teologia della liberazione ai Montoneros.
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In Argentina Chiesa cattolica argentina, Opus dei, P2, gesuiti, potere economico, investitori stranieri come la Mercedes, militari, politici, dalla fine degli anni cinquanta, prepararono la logistica, indottrinarono e addestrarono i loro uomini con un fine preciso e lucido: eliminare la parte migliore del paese che voleva: «… sovvertire l’ordine cristiano, la legge naturale o il progetto del Creatore». Per fare questo la Chiesa argentina, appoggiata dal Vaticano, al grido di “Dio è giusto”, non esitò a legittimare, la tortura, gli assassinii, e le sparizioni di migliaia di esseri umani: «Quando la Chiesa si sente minacciata nella sua stessa esistenza, cessa di essere soggetta a principi morali. (…) tutti i mezzi sono benedetti: inganno, tradimento, violenza, prigionia e morte», questo è ciò che facevano imparare a memoria a preti e militari nei corsi di ‘Guerra controrivoluzionaria’, dove molti docenti erano dei prelati, con la benedizione di Paolo VI presente anche durante la firma del concordato del 1933 tra Vaticano e Terzo Reich hitleriano.
La scelta de “la disposición final”,di cui ha parlato al processo Videla, era ‘comoda’ sia per le forze armate che per il Vaticano «perché sollevava dal fornire spiegazioni». E, fino ad oggi solo un cappellano militare, Christian von Wernich, è stato condannato per complicità in casi di tortura e omicidio; tutti gli altri criminali in abito talare non solo l’hanno fatta franca ma godo di ottima salute… salute solo d’immagine pubblica … fortunatamente.
11 maggio 2012
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Desaparecidos, il Vaticano sapeva
di Horacio Verbitsky | 11 maggio 2012
Il documento porta il numero 10.949 e già il numero dà un’idea della quantità di informazioni sulle quali la Chiesa continua a mantenere il segreto. Il documento fu redatto a cura del Vaticano al termine di un pranzo con Videla ed è conservato nel fascicolo 24-II. Sono riuscito a visionare il documento in maniera surrettizia dopo che a una formale richiesta le autorità ecclesiastiche avevano risposto con la sorprendente affermazione secondo cui l’Episcopato non avrebbe archivi.
Quando incontrava esponenti della Chiesa cattolica, Videla parlava con la franchezza in uso tra amici. L’allora presidente dell’Episcopato, il cardinale Raul Francisco Primatesta, comunicò all’Assemblea Plenaria che lui e i suoi due vicepresidenti, l’arcivescovo Vicente Zazpe e il cardinale Juan Aramburu, avevano parlato a Videla dei casi di prigionieri apparentemente rimessi in libertà, ma in realtà assassinati, si erano interessati dei sacerdoti desaparecidos, quali Pablo Gazzarri, Carlos Bustos e Mauricio Silva, e di altre persone scomparse nei giorni precedenti all’incontro con Videla. Secondo il documento episcopale “il presidente ha risposto che apparentemente sarebbe ovvio affermare che sono già morti; si tratterebbe di varcare una linea di demarcazione: questi sono scomparsi, non ci sono più. Questo sarebbe il più chiaro, comunque ci porta a una serie di considerazioni in ordine a dove sono stati sepolti: in una fossa comune? E in tal caso chi li avrebbe sepolti in questa fossa? Una serie di domande alle quali le autorità di governo non possono rispondere sinceramente in quanto la cosa coinvolge diverse persone”, un eufemismo per alludere a coloro che avevano svolto il lavoro sporco di sequestrarli, torturarli, ucciderli e fare sparire le spoglie. L’atteggiamento del clero aveva sfumature sottili. Zazpe chiese: “Cosa rispondiamo alla gente visto che c’è un fondamento di verità in quanto sospettano?”. E Videla “ammise che era vero”. Aramburu spiegò che “il problema è di rispondere in modo che la gente non continui a chiedere spiegazioni”.
Primatesta spiegò che “la Chiesa vuole capire, collaborare, è consapevole che il Paese versava in uno stato di caos” e che ha misurato le parole perché sapeva benissimo “il danno che poteva arrecare al governo”. Anche Primatesta ha insistito sulla necessità di arrivare a una qualche soluzione in quanto prevedeva che alla lunga il metodo consistente nel far sparire le persone avrebbe prodotto “effetti negativi” considerata “l’amarezza che affligge molte famiglie”. Questo dialogo di straordinaria franchezza mostra che sia Videla sia la Chiesa conoscevano benissimo i fatti e sottolinea la complicità con cui valutavano e decidevano in che modo rispondere alle denunce della gente avvertite da entrambe le parti come una minaccia comune.
Nello scegliere questa politica di omicidi clandestini, che Videla ora definisce “comoda” perché sollevava dal fornire spiegazioni, la giunta militare gettò un’ombra di sospetto su tutti i quadri delle Forze armate e delle forze di sicurezza, ombra che cominciò a dissiparsi con la riapertura dei processi che hanno consentito di accertare le responsabilità individuali che la giunta aveva coperto. Fino ad oggi ci sono state 253 sentenze di condanna e 20 di assoluzione, la qual cosa dimostra che in democrazia nessuno viene condannato pregiudizialmente e senza poter esercitare il suo diritto alla difesa. Fino ad oggi solo un cappellano militare, Christian von Wernich, è stato condannato per complicità in casi di tortura e omicidio.
Zazpe è morto nel 1984, Aramburu nel 2004 e Primatesta nel 2006. Nel 2011 ha rinunciato per sopraggiunti limiti di età, Jorge Casaretto, l’ultimo vescovo di quei tempi ancora in attività. Tuttavia la Chiesa continua a mantenere un ostinato silenzio che talvolta sottolinea la sua crescente irrilevanza nel panorama della società argentina. La scarsa influenza della Chiesa si è vista con chiarezza l’anno scorso quando, malgrado la sua mobilitazione, il Congresso ha modificato il codice civile per consentire il matrimonio a tutte le persone indipendentemente dal sesso dei contraenti.
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto
Il Fatto Quotidiano, 11 maggio 2012
Gamala
9 Febbraio 2014 @ 16:52
Una cosa che vorrei potesse essere messa in evidenza, è l’immagine del palco d’onore in piazza san Pietro nella circostanza dell’investitura di Papa Giovanni Paolo II. Questo, perché seduto sulla prima fila alla sinistra del Papa il più vicino a lui, c’era Videla in divisa color “crema” super decorata. E’ strano che nei vari siti, non si evidenzi questa circostanza che ho potuto vedere con chiarezza in TV nel 1978, ad ulteriore dimostrazione della collusione tra il Vaticano e il regime dittatoriale argentino. E…, qualora ci si domandasse se il Vaticano sapesse o meno di quanto accadesse in Argentina, dato che le sparizioni degli attivisti Montoneros e dei loro simpatizzanti iniziarono già dal 1976, la risposta è sicuramente sì; E, il palco, ne è una ulteriore dimostrazione. Quando un giorno del 2006 chiesi ad una insegnante argentina che aveva trovato lavoro in Italia, se secondo lei il Papa avesse saputo o meno di quello che stava accadendo in Argentina, la stessa mi rispose di chiederlo al cardinale Aramburu (che dal nome pensavo fosse un africano), il quale a suo dire tutti in Argentina sapevano essere iscritto alla P2 italiana insieme a Videla.
XXX
9 Febbraio 2014 @ 22:48
Concordo parola per parola. La Chiesa cattolica sapeva perché era complice dei generali Argentini e fu la Chiesa a stabilire come uccidere e far sparire i ragazzi argentini. Nel nostro Dosssier Bergolio vi sono , documenti e testimonianze che certificano tutto ciò.
Grazie per il tuo intervento Gamala . In questo articolo c’è la foto di cui parli http://www.igiornielenotti.it/?p=11894
G.D.B