di Giulia De Baudi
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Pubblichiamo questo articolo – inviatoci da Antonio, un nostro lettore che partecipa attivamente al nostro Diario polifonico anche in modo ruvidamente critico – che apre nuovi scenari sul mondo dominato dalla religione mussulmana.
Il testo originale è di Fabienne Michèle Melmi, che lo ha anche tradotto in italiano, è stato pubblicato da La Bataille socialiste. Il titolo originale è 2005-09 Contre l’Islam politique : La libération des femmes n’est pas un luxe réservé aux pays riches.
È di ieri la notizia che in Tunisia la costituente ha approvato l’articolo 20 che introduce per la prima volta nel Paese l’uguaglianza davanti alla legge tra «cittadini e cittadine». I sì sono stati 159 su 169. La richiesta di imporre la sharia (legge teocratica che fa riferimento al libro sacro dei Mussulmani) come legge di Stato è stata momentaneamente respinta.
La parità tra uomini e donne entra quindi per la prima volta nella Costituzione tunisina. L’Assemblea nazionale tunisina ha approvato, infatti, un articolo della bozza della nuova Costituzione che, se ratificata, garantirà la parità di genere “senza discriminazione” nel paese nordafricano. «Tutti i cittadini, uomini e donne, hanno gli stessi diritti e doveri. Sono uguali davanti alla legge senza discriminazione», recita l’articolo 20 della Carta fondamentale, approvato da 159 deputati su un totale di 169 votanti.
Ne sono ben felice. Detto questo come ben sappiamo la condivisione sociale delle leggi, che se approvate tuteleranno le donne tunisine, non sarà certo repentina . Questo articolo che proponiamo racconta i motivi per cui le “tradizioni” e la sharia, negli anni che vanno dal 2005 al 2009, si sono sempre più affermate, annichilendo ulteriormente le istanze di libertà delle donne mussulmane.
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Come scrivevo mesi fa nel mio articolo Il “sistema”: finanza e religione : «Il potere finanziario, che potremmo definire “nazi-capitalismo globalizzato” è spalmato nei quattro continenti ed ha assunto un’accelerazione bruciante nel controllo dei popoli. La Chiesa cattolica con i suoi ancestrali riti stereotipati non riesce certo ad interfacciarsi con questo tipo di potere. Quindi, per il “nazi-capitalismo globalizzato”, il tipo di religione che propone la Chiesa cattolica è obsoleto in quanto non più in grado di controllare le masse. Molto meglio l’islamismo che non ha in sé il concetto di democrazia, né tantomeno il concetto di eguaglianza: la sharia è assolutamente dalla parte del maschio della specie umana.» L’articolo di Fabienne Michèle Melmi non fa che confermare questa mia tesi,(indotta in verità da Paolo-Ipazia-Bakunin).
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L’articolo che a prima vista potrebbe sembrare un inno contro il mondo mussulmano, in realtà svela la volontà di chi tira le redini del mondo intero, di utilizzare la religione mussulmana a suo uso e consumo. Se fino a qualche anno è stato utilizzato il cristianesimo, e soprattutto il protestantesimo, come cane da guardia del capitalismo ora il potere finanziario ha capito che le leggi coraniche sono più funzionali per portare a termine i propri fini: la disintegrazione della democrazia. Ma vi lascio all’articolo. Leggetelo con calma e attenzione perché è un condensato di informazioni che potrebbero esservi molto utili.
2005-09
Contro l’islam politico:
La liberazione delle donne non è un lusso riservato ai paesi ricchi
da La Bataille socialiste
di Fabienne Michèle Melmi
dimanche 6 novembre 2011, 17:19
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Dal Magreb al Medio Oriente, dal Caucaso al Pakistan, il mondo detto “arabo-musulmano[1]” deve fare fronte alla ascesa del cosiddetto Islam politico, integralismo o fondamentalismo. Utilizzeremo qui il termine di islam politico, termine che definisce meglio, secondo noi, questa corrente eteroclita. Difatti, il punto comune di tutti questi gruppi o partiti, che siano FIS o GIA in Algeria, Hamas o Jihad Islamico in Palestina, Hezbollah in Libano, Talebani in Afghanistan, ecc… è che si basano sulla più rigorosa lettura dell’islam come base del loro progetto politico. Tenteremo poi di analizzare in modo più dettagliato questa corrente, con le loro differenze, ed anche i loro punti comuni. Va notato che questa corrente, con organizzazioni come l’UOIF, (Unione delle Organizzazioni Islamiche della Francia), dei teorici come Tarik Ramadan, tenta anche di stabilirsi nell’immigrazione “di origine musulmana” europea in generale, e nella classe operaia immigrata in particolare. Nel periodo attuale, caratterizzato da un’offensiva della borghesia ed una migliore posizione difensiva del proletariato, non è davvero sorprendente che le idee reazionarie stiano guadagnando terreno, e ciò sta avvenendo in tutti i paesi, (basta vedere l’aumento del razzismo, della xenofobia, delle superstizioni in ogni genere nei paesi imperialisti) . Quello che, invece, è più sorprendente, è che i gruppi di estrema-sinistra, rivendicandosi dal marxismo [2] o dall’anarchismo, hanno una certa indulgenza verso i reazionari islamisti, potendo arrivare perfino a sostenerli in nome dell’ “anti-imperialismo” o dell’”anti-razzismo.”
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L’islam politico, una corrente reazionaria anti-comunista
L’islam politico è una nebulosa eteroclita di gruppi e di partiti politico-religiosi. Ci troviamo sia sciiti che sunniti, dei partiti legali e legalistici e dei gruppi armati, delle organizzazioni anti-americane ed altre pro-americane, certe organizzazioni, come Hezbollah, al servizio degli interessi della Siria, altri finanziati dall’Iran o dall’Arabia Saudita. Nei paesi come l’Iraq o l’Afghanistan, troviamo degli islamisti in governi fantoccio al servizio dell’imperialismo e, allo stesso tempo, nella guerriglia che combatte l’imperialismo. In Algeria, le rivalità tra il GIA e il FIS si sono trasformate in conflitto armato tra questi due gruppi. In breve, le divisioni e sotto-divisioni sono numerose in seno a questa instabilità. Tuttavia, in più della loro base ideologica, la lettura la più rigorosa possibile del Corano e della Sunna come fondamento politico, ci sono altre similitudini tra questi gruppi. In un testo risalente al 1992, il gruppo femminista palestinese Al-Fanar[3] descriveva come segue le “asserzioni fondamentali del fondamentalismo”:
“1. la crisi della società araba -che, per natura, è islamica (secondo i fondamentalisti), e che costituisce anche “una società naturalmente islamica”- è nata dal fatto che la società ha preso le distanze dai comandamenti divini dell’islam e che le sue élite sono state infettate da un Jahaliyah di origine occidentale. Si ritiene generalmente che il termine Jahaliyah si riferisce al periodo pre-islamico. In effetti, questo termine non rinvia ad un periodo storico specifico, ma piuttosto ad un contesto in cui la società è retta da leggi “fatte dall’uomo” e non da leggi divine.
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2. la società araba può essere salvata solo con la lotta per uno Stato islamico, di cui i popoli arabi saranno gli elementi di base; uno Stato dove la Sharia, (legge islamica) sarà l’unica legge, interpretata dall’Ulimah Supremo,e non da un governo laico.
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3. la democrazia, l’uguaglianza, la liberazione nazionale, il socialismo ed il comunismo sono gli agenti dell’ “imperialismo culturale”, il cui obiettivo è di distruggere l’islam, per far regnare il materialismo, edonista ed individualista Jahaliyah.
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4. tutti i movimenti che aderiscono ai suddetti principi (democrazia, ecc.) sono i nemici dell’islam e quindi anche della società araba. Secondo i fondamentalisti, la prova ne è che, dei musulmani, cosi come dei membri di altre comunità, collaborano in questi movimenti. La lotta per il trionfo di questi valori è corrotta e vile e deve essere combattuta.
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5. il colmo della corruzione occidentale, secondo i fondamentalisti, è il femminismo ed il movimento di liberazione delle donne che alleano dei valori egualitarii e democratici e li applicano alle donne. Le donne che sono attive in questi movimenti sono corrotte e licenziose, e sono delle rinnegate di cui è permesso versare il sangue. Inoltre, tutto questo si applica a chiunque li sostiene.
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Forte di queste affermazioni, il fondamentalismo opera per la preservazione ed il rafforzamento della società patriarcale e delle sue istituzioni; e più specificamente della famiglia patriarcale, che costituisce l’unità di base dell’ordine sociale patriarcale “sulla proprietà privata”. Questa relazione traspare chiaramente nelle rivendicazioni demagogiche del fondamentalismo che, da una parte esalta l’uguaglianza e vuole che le persone si accontentino di poco, e d’altra parte esalta la carità e vuole che i ricchi aiutino i poveri. In altri termini, fare la carità sostituirà la necessità di trasformare l’ordine sociale esistente.»
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Queste “asserzioni fondamentali del fondamentalismo” possono difatti definire l’insieme delle organizzazioni che si pretendono dell’islam politico, che siano legate o in opposizione all’imperialismo. Ed è così che, laddove l’islam politico ha un’influenza, usa i metodi più violenti contro il movimento operaio, i comunisti, i liberi pensatori e più generalmente i progressisti. Fin dalle loro origini, i Fratelli musulmani considerano il “comunismo internazionale” come uno dei loro principali nemici, e questo anti-comunismo degli islamici non si è mai smentito . Nel gennaio 1995, il GIA pubblica un comunicato in cui chiede, in cambio della fine della guerra, al governo algerino di “bandire tutti i partiti comunisti ed atei come prova della volontà del potere di combattere i nemici di Dio[4]”, riferendosi ai movimenti nazionalisti palestinesi, Hamas stabilisce nel suo statuto che “li incoraggia affinché non siano fedeli sudditi dei comunisti dell’Est e dei Crociati dell’Occidente [5]”, senza parlare, più recentemente, dei numerosi fatwas della pretesa “resistenza” irachena, che condannano numerosi militanti comunisti operai a morte, fatwas purtroppo seguiti di effetti. Riprendendo le tesi del classico antisemitismo razzista , Hamas, come altri gruppi dell’islam politico, sostiene che ci sarebbero”gli ebrei” dietro la
Rivoluzione francese o la Rivoluzione di ottobre 1917. Inoltre, va ricordato che, anche quando attaccano l’imperialismo, i gruppi dell’islam politico, come qualsiasi frazione borghese e reazionaria, preferiscono sempre un’alleanza con l’imperialismo che con il socialismo. Durante l’insurrezione operaia di 1991 in Iraq, si è potuto assistere ad una “santa alleanza” degli islamici, dei baathisti, dei nazionalisti curdi e dell’imperialismo contro il proletariato. L’Arabia Saudita, paese in cui regna l’islamismo il più oscurantista, e che finanzia numerosi gruppi islamisti nel mondo, è sempre stata un’alleata dell’imperialismo americano, e non dobbiamo dimenticare che la rete Al-Qaeda ed i Talibani sono stati formati e finanziati dagli USA quando si trattava di combattere l’Armata Rossa in Afghanistan.
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Nel 1980, Giscard d’Estaing aveva ragione quando spiegava: “Per combattere il comunismo, dobbiamo opporgli un’ideologia. In Occidente, non abbiamo niente. Ecco perché dobbiamo appoggiare l’islam”. Dall’appoggio alla religione, questo oppio del popolo, al sostegno delle correnti fondamentaliste dell’islam politico, c’è solo un passo, che i dirigenti imperialisti non si sono preoccupati di superare: e, se il sostegno degli USA ai Talebani in Afghanistan è noto, possiamo ricordare che, nella metà degli anni 70, lo stato d’Israele ha incoraggiato lo sviluppo di Hamas . “Le associazioni islamiche e l’università ricevevano tutti gli incoraggiamenti del governo militare” incaricato dell’amministrazione della Cisgiordania e di Gaza, scriveva nell’ottobre 1987, il settimanale israeliano, Koteret Rashit, riportato da Le Monde il 18 novembre 1987, aggiungendo che” erano autorizzate a far venire del denaro dall’estero “. Gli islamisti creano degli orfanotrofi e dei dispensari, organizzano una rete scolastica, delle fabbriche di confezione di vestiti per il lavoro femminile, e dispensano un aiuto finanziario ai più bisognosi. E nel 1978, creano una” università islamica” a Gaza. Koteret Rashit aggiungeva: ” Il governo militare era convinto che queste attività avrebbero indebolito l’OLP e le organizzazioni di sinistra a Gaza. ” Fine 1992, si contavano 600 moschee in Gaza. Ed è così, grazie al Mossad, che gli islamisti hanno tessuto la loro tela, all’ombra di una spietata repressione, colpendo i militanti del Fatah e della sinistra palestinese” [6].
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L’antifemminismo, cemento dell’islam politico
Esiste un altro punto di accordo fondamentale tra le differenti correnti dell’islam politico, punto sul quale basa l’essenziale della sua azione e della sua propaganda, che siano fazioni islamiste filo o anti americane, è il suo odio per le donne. E’ così che Al-Fanar spiega: “Il movimento fondamentalista rigetta il nazionalismo anche partecipando alla lotta per la liberazione nazionale; odia la democrazia pure essendo in favore delle elezioni; rigetta il principio di uguaglianza nazionale pure utilizzando lo stesso principio quando le masse lottano per accedervì; condanna il lusso pure finanziando i suoi giornali con la pubblicità di beni di consumo occidentali, come automobili di lusso, indumenti intimi maschili, ecc.; detesta lo sport come “valori occidentali barbari” pur formando delle squadre di calcio islamiche. Tuttavia, la questione della liberazione e dell’uguaglianza delle donne è l’unica sulla quale il movimento islamico non è assolutamente pronto a fare compromessi. Senza esitare né transigere, il movimento mette in atto la sua tesi secondo la quale lo statuto accordato alle donne nell’islam è più corretto ed il migliore, (a condizione “che sappiano rimanere al loro posto”). Per i fondamentalisti, il movimento di liberazione delle donne è il nemico centrale, perché tutta la società patriarcale, di cui il fondamentalismo difende l’esistenza, si basa sull’oppressione delle donne. »
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Non basterebbe un intera enciclopedia a riassumere tutti i crimini commessi, in tutti i paesi, da militanti islamisti contro le donne. In Palestina, Hamas ha, dalle sue origini, promesso il ritorno delle donne a casa, lanciato delle campagne per imporre l’uso del hidjab, si oppone ad ogni tentativo per migliorare la condizione delle donne, e designa le militanti femministe come “occidentalizzate, sostenute dalle organizzazioni occidentali allo scopo di distruggere la nazione islamica basata sulla cellula familiare, per incitamento alla dissolutezza ed alla rivolta” [7]. E agli slogan anti-femminista si sono aggiunti gli atti di terrore, come dimostra la recente esecuzione di Yousra eseguita dagli assassini di Hamas, a Gaza nell’aprile 2005. E se si è parlato di questo crimine all’epoca, non si tratta di un caso isolato, gli islamisti costituiscono delle “polizie del buoncostume” in varie località della Banda di Gaza e della Cisgiordania. In Algeria, il FIS e il GIA hanno fatto delle donne il loro bersaglio prioritario, terrorizzando quelle che rifiutavano l’obbligo dell’ hidjab, violando ed assassinando migliaia di donne. I Signori islamisti della guerra, così puritani quando si tratta della sessualità delle donne, redigono delle fatwas che favoriscono lo stupro. Così, nel settembre 1997, l’emiro del GIA pubblica un fatwa che indica “Al nome di Allah il Misericordioso, la donna vi appartiene quando l’emiro ve l’ha data. Fate di lei ciò che volete. È “jarya” (schiava)[8].” Ed in Iraq, durante il congresso dei Mujaheddin, che si è tenuto a Falluja il 20 ottobre 2004, Abdulla Al-Janabi ed il Consiglio islamico di Falluja hanno pubblicato un fatwa che decreta che i Mujaheddin possono violare le ragazze fin dall’età di 10 anni, prima che siano violate dagli americani! Per quanto riguarda l’Iraq, si può notare che le due correnti antagoniste dell’islam politico, coloro che collaborano con l’occupazione e coloro che partecipano alla pretesa “resistenza”, hanno almeno un punto in comune, quello di essere favorevoli all’oppressione delle donne. Mentre i “resistenti” assassinano delle donne perché rifiutano di nascondersi sotto il hidjab, perché vogliono lavorare, studiare e dimostrano una certa indipendenza davanti al potere patriarcale, gli islamisti filoamericani cercano di imporre una costituzione basata sulla Sharia. Come lo scrive Yanar Mohammed, presidentessa dell’Organizzazione per la Libertà delle Donne dell’Iraq: “L’abbozzo di costituzione menziona nel suo articolo 14, l’abrogazione della legge attuale e si limita a rinviare alle leggi sulla famiglia, in complemento alla Sharia islamica ed altri codici religiosi in Iraq. In altri termini, rende le donne vulnerabili a tutte le forme di disuguaglianze e di discriminazioni sociali, e fa di loro delle cittadine di seconda classe, dei mezzi esseri umani. [9]” e nel Nord-Ovest del Pakistan, una coalizione di partiti islamisti al potere ha smesso di prendersela con gli USA, pure vietando per esempio alle donne di presentarsi ad esami dove la giuria sarebbe maschile.
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Si noterà che sulla questione delle donne, gli islamisti europei dicono la stessa cosa dei loro accoliti del Magreb o del Machrek. Ed è così che il consiglio europeo delle fatwas e della ricerca ha pubblicato alle edizioni Tawhid nel 2002, i suoi “Pareri giuridici che riguardano i musulmani dell’Europa” [10] dove si può leggere: “Lo sposo ha il diritto di vietare alla sua donna di rendere visita ad una donna precisa, musulmana o no, se teme che ciò rechi torto o danno alla sua sposa o ai suoi bambini, o alla sua vita coniugale [11]” o “Questo pudore è una qualità lodevole sia negli uomini che nelle donne, ma lo è ancora di più nella donna ed è più conforme alla sua natura femminile. È per questo motivo che, generalmente, non prende l’iniziativa di rivolgere la parola agli uomini che non conosce (…) L’importante è di sapere che la Legge non vieta ad una donna di parlare con un uomo o viceversa in caso di bisogno, se i propositi restano nei limiti del lecito e conformi alle sue norme. [12]”
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Potremmo ancora aggiungere altri esempi dal carattere profondamente antifemminista, e anche più generalmente anti-donne, (è necessario riprendere gli esempi delle legislazioni saudite, iraniane o afgane?), dell’islam politico, e potremmo sviluppare anche altre tematiche reazionarie di questo movimento. Perché questo movimento è ovviamente profondamente omofobo, antisemita, ed il concetto stesso di unità della Ouma, (la comunità dei credenti) rigetta ogni autonomia della classe operaia. Tuttavia, l’antifemminismo è il più importante cemento ideologico dell’islam politico.
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Movimento eteroclito, dove troviamo al tempo stesso l’espressione della frustrazione dei piccoli-borghesi e del popolo davanti alla dominazione imperialista ed alla corruzione degli Stati , il sostegno di stati borghesi esistenti, (come la Siria nel caso di Hezbollah), dell’Iran e anche di regimi feudali (Arabia Saudita, Emirati arabi Uniti), il rifiuto del “progresso” visto come una forma di “colonialismo” e dunque la difesa delle tradizioni le più medievali, talvolta alleato, talvolta opposto all’imperialismo occidentale, vestendo sotto un discorso apparentemente “rivoluzionario” delle concezioni reazionarie, movimento di massa in certi paesi, disponendo di partiti, di gruppi armati, di organizzazioni di beneficenza e di reti diverse, questo movimento ricorda il fascismo. Ci vediamo una sola differenza fondamentale: in Europa, il fascismo fece la sua apparizione nel cuore stesso dei paesi imperialisti, mentre l’islam politico si sviluppa in paesi dominati. Non risponderemo dunque alla domanda di sapere se il termine fascismo, o fascismo verde, si applica veramente o no all’islam politico[13], ma conviene tenere in mente le similitudini tra questi due movimenti. E se la corrente islamica forma in sé un insieme eterogeneo”, ciascuno dei gruppi che lo rivendicano è lui stesso un guazzabuglio di idee ed interessi contraddittori. Se ci troviamo gli interessi di certi Stati, di cricche dominanti feudali, di frazioni borghesi, così come dei “Signori” della guerra, questi gruppi sono in grado di sfruttare le frustrazioni delle classi popolari per avere un pubblico di massa. Ora, rispettosi della proprietà privata e dei loro ricchi finanziatori, i gruppi islamisti non possono portare un miglioramento delle loro condizioni di vita alle masse , da lì la necessità di offrire alla loro base la possibilità di sfogare le loro frustrazioni prendendosela con le donne. In questo senso, i gruppi islamisti possono, secondo gli interessi dei loro finanziatori e le ambizioni dei loro capi, accettare tutti i cambiamenti di opinioni, dei Talebani detti “moderati” possono allearsi con l’imperialismo americano, ma c’è un punto del loro programma che non cambierà mai, il loro antifemminismo, il loro disprezzo delle donne. In questo senso, l’antifemminismo svolge per l’islam politico lo stesso ruolo di cemento che hanno svolto l’antisemitismo nel nazismo.
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Dal colonialismo all’indipendenza
L’argomento principale degli islamisti contro le militanti femministe è di accusarle di essere “occidentalizzate, sostenute dalle organizzazioni occidentali allo scopo di distruggere la nazione islamica basata sulla cellula familiare”, ossia che sarebbero una sorta di cavallo di Troia dell’imperialismo o del colonialismo. Ora, il colonialismo, giustamente, non ha mai rotto e neanche tentato di rompere i rapporti di oppressione patriarcale nei paesi dominati. In Algeria ad esempio, il colonialismo francese non ha mai abolito la poligamia, il ripudio o più largamente il diritto islamico e tradizionale applicato prima della colonizzazione. Si noterà del resto che le leggi dello statuto riguardanti la persona continuano ad essere applicate nei DOM-TOM, come l’applicazione di un diritto locale musulmano a Mayotte o di un diritto consuetudinario in Nuova Caledonia per gli “indigeni”, o per le donne immigrate, come dimostra la convenzione franco-marocchina del 1981 che stipula che “il riferimento alla legge di uno dei due Stati s’intende della legge interna a questo Stato all’esclusione del diritto internazionale privato”, (art. 3). Detto diversamente, una donna marocchina in Francia si vedrà sottomessa, in caso di conflitto familiare, di conflitto di filiazione, al codice di statuto personale marocchino. In Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, l’occupazione israeliana ha certo imposto numerose restrizioni di movimento alla popolazione palestinese, ma non ha per niente rimesso in causa le leggi discriminatorie contro le donne generate dal diritto giordano o egiziano. In Afghanistan, l’occupazione americana non impedisce che le violenze contro le donne restino frequenti, nemmeno le lapidazioni, (nel maggio 2005, nel distretto di Urgu, una donna di 29 anni è stata condannata a morte da un tribunale e lapidata per adulterio [14]) per non parlare dell’Iraq dove, con la benedizione dell’imperialismo, si organizza una costituzione contro le donne. Quindi, come i “Signori” della guerra islamica possono patteggiare molto bene con l’imperialismo, questo ultimo non ha fatto mai progredire di un passo la situazione delle donne nei paesi dominati.
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il fenomeno delle mogli bambine
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Ovviamente, il cemento antifemminista, cosi come la base politico-religiosa, dell’islam politico ha potuto trovare un’eco nei paesi di cultura musulmana solo perché queste società sono rimaste patriarcali e religiose. L’islam, in sé, non è più reazionario o antifemminista delle altre religioni, per esempio non è più intollerante del cristianesimo e il giudaismo . In Turchia, con la rivoluzione nazionalista-borghese condotta sulle rovine dell’impero ottomano, Atatürk ha fatto dello stato turco un Stato laico e ha permesso dei progressi in quanto ai diritti delle donne. Le donne turche hanno avuto così il diritto di voto nel 1934, ossia dieci anni prima delle donne francesi. Nei paesi arabi, invece, i movimenti di liberazione nazionale del dopoguerra non hanno, da nessuna parte, imposto la laicità ed ancora meno l’uguaglianza tra uomini e donne. Magida Salman, nel suo testo “Le donne arabe” afferma che: “La divisione del mondo arabo, ad opera dei poteri imperialisti europei, ha condotto all’uscita di una coscienza nazionalista, di cui l’elemento centrale era il desiderio di riaffermare l’unità araba distrutta dagli “Occidentali”. Questa coscienza si è manifestata per un attaccamento agli elementi unificatori precedenti la divisione: la lingua, i costumi e la religione vissuta come tradizione culturale. L’islam diventava così un componente della coscienza nazionalista borghese. La donna araba ha sofferto di questa reazione, che ha avuto l’ effetto di limitare le trasformazioni che si sarebbero potute produrre nella sua condizione, per il contatto con la società europea e per la lotta dei popoli per la liberazione del giogo imperialista europeo. [15]”
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Così, se il colonialismo non ha fatto progredire la condizione delle donne, è la stessa cosa per i movimenti di liberazione nazionale. Magida Salman spiega bene questa situazione, analizzando la base sociale dei movimenti di liberazione nazionale del mondo arabo all’ indomani della seconda guerra mondiale. “Questi movimenti sono arrivati al potere sia grazie a colpi di stato organizzati dai giovani ufficiali militari sia per l’azione di partiti
politici essenzialmente formati dalla piccola borghesia. I regimi borghesi stabiliti dalle lotte ed i movimenti anti-imperialisti nel mondo arabo, erano spesso obbligati a prendere delle misure radicali contro l’intransigenza imperialista. Erano obbligati così ad appoggiarsi non solo sulla piccola borghesia urbana ma anche sulla classe contadina e addirittura la classe operaia , in una certa misura, a mobilitare gli operai ed i contadini. Ma era anche necessario assicurarsi che la radicalizzazione e la mobilitazione popolare non accentuasse la lotta delle classi, che il sollevamento popolare potesse essere circoscritto nei limiti compatibili col mantenimento del metodo di produzione capitalista. La formula permettendo di giungere a questo equilibrio delicato era scelta molto bene: il socialismo islamico.
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In altre parole, il socialismo per le masse, l’islam per la sopravvivenza del capitalismo. ” In questo senso, il mantenimento della religione come ideologia di stato con, come corollario, l’oppressione patriarcale sulle donne, era una necessità per la piccola-borghesia nazionalista, per mantenere lo sfruttamento capitalista. E per quanto riguarda l’Algeria, possiamo ricordare quali furono le posizioni di questo “socialismo islamico”, (che ovviamente di socialista ha solo il nome), rispetto all’emancipazione delle donne,: nel 1967, la gazzetta ufficiale “el-Moujahid” spiegava: il “nostro socialismo riposa sui pilastri dell’islam e non sull’emancipazione femminile col suo trucco, le sue pettinature ed i suoi prodotti di bellezza che apre la via alle passioni nocive all’umanità”. Nel 1965, la rivista “el-Jaish” si chiedeva: “che cosa accadrebbe della virilità e della gloria algerina, della natura nazionale arabo-islamica della nostra dinamica gioventù, come i nostri giovani si sentirebbero vedendo le loro sorelle abbracciate a degli stranieri, che sono i loro nemici ed i nemici dell’intera nazione araba? .”
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Del resto questo riferimento all’islam ed ai “valori tradizionali” continua sempre ad essere utilizzato dagli Stati del mondo arabo per chiamare all’unità nazionale” davanti ai rischi di esplosioni sociali. Cosi come in Francia e più generalmente in Europa occidentale, i politici fanno appello alla demagogia razzista contro gli immigrati, gli Stati del mondo “arabo-musulmano” utilizzano una demagogia religiosa, antifemminista o omofoba. L’arresto di 52 omosessuali egiziani nella notte del 11 al 12 maggio 2001, ha permesso così di creare un tipo di unione sacra contro l’omosessualità, facendo del resto quasi passare questi arresti per una “azione anti-imperialista”. Il giornale Al-Maasa, vicino al potere, indicava così che questi omosessuali avrebbero “importato le loro idee perverse da un gruppo europeo”. Ed un giornalista egiziano, Rose al Youssef, scrisse “Israele è fortemente coinvolto nell’affare.”
Come possiamo vedere, le correnti dell’islam politico non sono , come spesso è il caso per i movimenti di estrema destra, che una radicalizzazione dell’ideologia dominante. Negli Stati che considerano che la sharia è uno dei pilastri del diritto, gli islamisti chiedono l’applicazione la più rigorosa e la più sanguinosa di questo diritto, nelle società patriarcali, gli islamisti rivendicano la difesa di queste strutture sociali ed il rafforzamento di questa oppressione.
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Un colonialismo appena velato?
Se l’estrema-sinistra occidentale ha avuto assolutamente ragione di lottare contro il colonialismo, durante la guerra dell’Algeria per esempio, certi gruppi, invece, sono sprofondati nell’opportunismo contro i movimenti di liberazione nazionale. Ed è così che, in certe pubblicazioni marxiste o anarchiche, non solo i limiti del nazionalismo non sono stati denunciati, ma questi movimenti piccolo-borghesi per natura sono stati ridipinti di rosso. Il terzomondismo, alla moda negli anni 70, ha persino teorizzato che i movimenti di liberazione nazionale sostituirebbero il proletariato mondiale come motore della trasformazione sociale. Troviamo sempre, per esempio, questo aspetto riguardo al movimento nazionale palestinese, le critiche nei confronti dell’OLP essendo generalmente sempre mal viste dall’estrema-sinistra occidentale. E tuttavia! L’OLP che comincia la maggior parte delle sue dichiarazioni ufficiali per “Al nome di Dio, il clemente, il misericordioso”, non è di natura diversa dagli altri movimenti di liberazione nazionale. Non si tratta qui di sviluppare una critica dei movimenti di liberazione nazionale in sé, ma possiamo semplicemente ricordare che tutti questi movimenti, basandosi proprio su “l’unità nazionale”, (ivi compreso le correnti che si rivendicano dal “marxismo”, come i maoisti e la loro teoria del “blocco delle quattro classi [16]”), non solo sono classisti e mirano all’unità del proletariato con uno strato della borghesia, ma che , contrariamente al movimento operaio rivoluzionario[17], non cercano di combattere i pregiudizi razzisti, sciovinisti o sessisti, tra il popolo.
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Affermando ” le vostre spose sono per voi un campo da arare; andate ai vostri campi come [e quando] lo volete” [18], il Corano fa un’analogia tra la donna e la terra, analogia che si ritrova nella maggior parte dei movimenti nazionalisti, ovviamente anche in Europa. Le donne rasate in Francia dopo la Liberazione, in quanto sospettate di avere avuto rapporti sessuali con dei tedeschi o gli stupri collettivi commessi dai soldati serbi in Bosnia-Erzegovina, provengono dalla stessa logica. Il corpo della donna non gli appartiene, ma è la proprietà della patria. Quindi, se il colonialismo non ha rotto le strutture patriarcali e tribali, gli uomini hanno rinforzato il loro potere sulle donne, giustificandolo in nome della difesa dell’ “onore della patria”. Così, quando Hamas ha cominciato la sua campagna, prima nella Striscia di Gaza, poi in Cisgiordania, per imporre l’uso dell’ hidjab alle donne, la “Direzione Nazionale Unificata della Rivolta” ha aspettato più di un anno e mezzo per denunciare le violenze commesse dagli islamisti[19] contro le donne. Peggio ancora, dei graffiti, rivendicati dal Fatah, si associavano alla campagna di Hamas per velare le palestinesi. Allo stesso modo, né l’OLP, né i componenti detti “di sinistra” del nazionalismo palestinese, hanno lanciato campagne importanti per lottare contro i crimini detti “di onore” o contro le violenze coniugali.
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il fenomeno delle mogli bambine
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Il marxismo, ha, dalle sue origini, considerato che la lotta del proletariato contro il capitalismo, abolendo l’ordine esistente delle cose , mirava a costruire una società nuova, il comunismo, dove sarebbe stata rotta anche l’oppressione patriarcale. E, in Europa, la quasi-totalità delle organizzazioni di estrema-sinistra dicono di sostenere i movimenti femministi e denunciano regolarmente il sessismo o il maschilismo della società francese nelle loro pubblicazioni, certe dispongono anche di segreterie o di commissioni ” donne.” Forti degli apporti di Marx, Engels, Clara Zetkin, Alessandra Kollontaï e altri classici del marxismo e del movimento femminista degli anni 70, si potrebbe sperare che l’insieme dell’estrema-sinistra prenda posizione a favore delle donne nate “musulmane” contro l’islam politico. Certamente, delle organizzazioni come Lutte Ouvrière o la Federation Anarchiste non hanno avuto nessuna ambiguità su questo punto. Ma altre, invece, hanno un atteggiamento premuroso nei confronti dell’islam politico, in particolare nei confronti di Hamas o della pretesa ” resistenza” irachena in nome dell’anti-imperialismo.” La corrente che teorizza di più questa benevolenza con l’islam politico, è quella rappresentata in Gran Bretagna dal SWP, (Socialist Workers Party). È questa corrente che, all’epoca della guerra civile in Algeria, aveva lanciato la parole d’ordine ” Con lo stato mai, con gli islamisti talvolta” che, con i reazionari della Lega Araba Europea, ha organizzato il 27 marzo 2004 una manifestazione commemorativa in onore dello sceicco Ahmed Yassin, fondatore di Hamas liquidato cinque giorni prima dall’esercito israéliano[20 ] ad Amsterdam, o che influenza in Francia le “Jeunesses Communistes Révolutionnaires” ed una tendenza minoritaria della LCR che hanno manifestato con le organizzazioni islamiste per il ” diritto di portare il hidjab.”
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Ed al di là di questa corrente chiaramente identificabile[21], troviamo dei militanti e anche delle militanti, marxisti, anarchici o femministi, che non vedono niente di scandaloso se un Tarik Ramadan viene invitato ad un Forum Sociale e rifiutano di combattere chiaramente l’oppressione patriarcale che subiscono le donne ” nate musulmane” ed i gruppi dell’islam politico. Spesso, si tratta solamente di un rifiuto per omissione. Rispetto alla Palestina per esempio, che fa colare cosi tanto inchiostro nella stampa di estrema-sinistra, quante linee denunciano la situazione delle donne in questo paese? Esistono tuttavia parecchie organizzazioni femministe in Palestina, ma se ne parla raramente nelle pubblicazioni marxiste o libertarie. Peggio, capita che dei militanti, peraltro progressisti quando si tratta delle donne in Francia, considerano che denunciare i crimini di Hamas o gli omicidi ” di onore” sarebbe ” fare il gioco del sionismo.” cosi come, ad un’altra epoca, denunciare i processi di Mosca sarebbe stato come ” fare il gioco dell’imperialismo” ?
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Così, per l’Iraq, il Comitato Internazionale della Quarta Internazionale per esempio se la prende con Lutte Ouvrière in questi termini: ” mentre la salita della resistenza immergeva i governi di Washington e di Londra in una crisi severa, Lutte Ouvrière denunciò una delle figure simboliche di questa resistenza, l’iman sciita Moqtada al Sadr.” Come non stupirsi che i trotskisti possano essere urtati se si denuncia un nemico della classe operaia come Moqtada Al Sadr! Al Sadr fa massacrare delle donne unicamente perché sono donne , e non si dovrebbe denunciarlo perché rappresenterebbe una delle figure simboliche della resistenza?!? E mentre dei gruppi che si pretendono marxisti glorificano la pretesa resistenza, dimenticano che esiste in questo paese una corrente comunista rivoluzionaria, il Partito Comunista Operaio dell’Iraq che difende una linea di classe, internazionalista e femminista. È chiaro, ovviamente, che ogni organizzazione o militante può formulare delle critiche rispetto alla linea del PCOI, il dibattito ed il confronto di punti di vista diversi, anche la polemica, essendo una tradizione nel movimento operaio rivoluzionario[22]. Invece, è scandaloso discutere delle posizioni del PCOI mettendoli sullo stesso piano di quelle della pretesa ” resistenza”, il che significa mettere sullo stesso piano un’organizzazione operaia, dei compagni, e dei nemici della classe operaia! Che si possa criticare il PCOI è una cosa, ma è una altra cosa quando dei militanti comunisti, dei militanti operai, dei fratelli e delle sorelle di classe, vengono assassinati da militanti islamisti , criticare il sedicente “settarismo” dei primi e sostenere la” resistenza” dei secondi! Queste considerazioni dovrebbero essere la più elementare solidarietà di classe, e tuttavia, parecchie organizzazioni progressiste o anche rivoluzionarie francesi hanno rifiutato un intervento di Houzan Mahmoud, presidentessa dell’organizzazione per la Libertà delle Donne dell’Iraq e militante del PCOI, durante un meeting contro la guerra del 20 marzo 2004, temendo che il suo discorso femminista fosse troppo virulente riguardo agli assassini dell’islam politico!
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Se, durante la decolonizzazione, potevamo pensare che i compagni si lasciavano abbagliare dal discorso vagamente socialista del movimento di liberazione nazionale, anche un cieco può vedere il carattere profondamente reazionario, anti-comunista ed anti-femminista dell’islam politico. Certi compagni pensano forse che la liberazione nazionale sarebbe, in Palestina o in Iraq, la ” prima tappa”, necessitando la più grande unità, per permettere poi di abbordare altre questioni come la liberazione delle donne. Già nel 1979 , all’epoca della rivoluzione iraniana, una frazione no-trascurabile dell’estrema-sinistra iraniana considerava che Khomeini rappresentasse una ” piccola-borghesia progressista” e che bisognava dunque sostenerlo. E tuttavia, tutti oggi sanno ciò che significa il regime dei mullah per i progressisti, le donne e gli operai dell’Iran. Dovremo sperare la stessa sorte per le donne, gli operai ed i progressisti dell’Iraq o della Palestina?
I crimini commessi dall’islam politico, in Algeria, in Iran, in Iraq, in Pakistan, in Palestina ed altrove, urlano la necessità di rifiutare ogni alleanza, anche ” tattica”, ” provvisoria” o ” critica” con l’instabilità fondamentalista. A meno di considerare che la lotta delle classi sarebbe valida solamente in Occidente? Che il femminismo sarebbe un lusso riservato ai paesi imperialisti? Perché le donne ” nate musulmane” non avrebbero gli stessi diritti delle donne ” nate europee” ? Occorre ” smontare il genere” in Europa ed accettare altrove l’apartheid sessista, e perché non, al nome di un relativismo reazionario, accettarlo anche qui per le ragazze generate dall’immigrazione?
Nel suo bellissimo testo, ” Femministe, vi scrivo di Algeri” [23], rispondendo alle femministe che, in Francia, manifestavano per l’uso dell’ hidjab, Wassyla Tamzali chiede: ” la paura di stigmatizzare il cristianesimo non ha fermato la lotta delle femministe, per la conquista essenziale del diritto all’aborto e della libertà di disporre del proprio corpo. Si toccava un dogma molto più serio ed accertato che il velo nell’islam. Allora, ciò che va bene per una religione non va bene per l’altra? La sinistra, una certa sinistra, le femministe, certe femministe, per il loro atteggiamento, ci spingono a credere che ciò che tocca all’islam è fuori dal pensiero. Possiamo dire che ciò che conduce in generale il pensiero femminista non va bene per ciò che riguarda le donne dette musulmane? .”
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Certamente, l’estrema-sinistra ha il dovere di lottare contro l’occupazione dell’Iraq, della Palestina o dell’Afghanistan, i rivoluzionari devono mobilitarsi contro l’imperialismo, ed in primo luogo contro l’imperialismo francese[24], ma senza dimenticare che conduciamo una lotta generale, per il comunismo, per l’emancipazione dell’umanità, il che implica una lotta contro l’islam politico. Quelli che sostengono che ci sarebbero delle differenze tra le rivendicazioni per difendere i diritti delle donne in Europa e nei paesi dominati hanno non solo una visione coloniale del mondo, (come se una donna, perché araba, non avesse le stesse aspirazioni ad essere libera e trattata come ogni altro essere umano!), ma, mostrandosi conciliante coi gruppi islamisti, servono da “utili idioti ” ai movimenti fascisti e girano così le spalle all’emancipazione dell’umanità che non potrà farsi senza rompere l’oppressione che subisce più della metà della popolazione mondiale.
Settembre 2005 – Testo di Yasmina, sito della Campagna Internazionale contro i Crimini d’Onore (ICAHK)
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PS: Due piccole riflessioni sui sinistroidi passivi rispetto all’islam politico :
Si sente talvolta dire che il PCOI non ” farebbe niente contro l’occupazione.” Critica senza fondamento, il PCOI organizza i lavoratori, costituisce dei sindacati, contribuisce all’organizzazione delle donne, caccia gli islamisti dai quartieri operai, ecc. … Questo lavoro quotidiano di organizzazione del proletariato e della società civile appare. forse meno ” eccitante” da un punto di vista mediatico che una guerriglia armata, anche se reazionaria, meno virile?
– Durante la guerra in Iugoslavia o le estorsioni dell’esercito francese in Costa d’Avorio, tutte le organizzazioni di estrema-sinistra, o quasi, hanno, giustamente, denunciato il razzismo di Milosevic e di Gbagbo, pure denunciando l’imperialismo. Nessuno ha considerato che di fronte all’imperialismo, bisognava sostenere Gbagbo o Milosevic, come è il caso della pretesa resistenza irachena o di Hamas in Palestina. È perché finalmente, se il razzismo è fermamente condannato, il sessismo, lui, resta visto come un ” male accettabile” ?
Anche in Francia, ivi compreso nei gruppi che si credono progressisti, il femminismo resta una necessità.
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Note
[1] questo termine, generalmente utilizzato, è criticabile, al tempo stesso perché ingloba da un lato numerosi popoli non-arabi (turchi, curdi, persiani, pakistani, cabili)e dall’altro lato delle minorità non musulmane ( druzi, arabi cristiani, zoroastriani, ecc.) senza parlare degli atei di questi paesi
[2] per marxismo, designiamo ovviamente unicamente le organizzazioni che si vogliono di opposizioni di sinistra allo stalinismo, e non quelle che difendono la controrivoluzione burocratica o le sue varianti cinesi o albanesi.
[3] Al-Fanar ” A proposito del fondamentalismo nel nostro paese.”
[4] fonte: L’humanité, 16 gennaio 1995
[5] articolo 25 della carta del Hamas
[6] Hassane Zerrouky, ” Hamas, il prodotto del Mossad”, ” L’humanité”, 14 dicembre 2001
[7] vedere Islah Jad, ” I palestinesi di fronte ai movimenti islamisti”, dicembre,2004.
[8] citato da Martine Gozlan, ” Il sesso di Allah”, Edizioni Le live de Poche, Paris 2004.
[9] Yanar Mohammed, ” Una costituzione disumana per le donne”, 23 luglio,2005.
[10] lavoro prefazionato da Tarik Ramadan che certi, in seno al movimento alter-mondialiste, continuano di considerare come un progressista!
[11] Fatwa numero32.
[12] Fatwa numero36.
[13] su questo punto , vedere il testo di Sivayes Azeri, Partito Comunista Operaio dell’Iran, ” I gruppi della resistenza religiosa irachena sono fascisti? “
[14] fonte: Amnesty International
[15] Magida Salman, ” Le donne arabe”, Dicembre 1997, Donne sotto Leggi musulmane
[16] teoria maoista secondo la quale il motore della trasformazione della società sarebbe ” il blocco delle quattro classi” (proletariato, classe contadina, piccola borghesia e borghesia nazionale,
Teoria che è ovviamente una negazione del marxismo!
[17] dei decenni di controrivoluzione stalinista e la sua influenza sul movimento operaio possono lasciare pensare il contrario. E tuttavia! In 1917, una delle prime misure del governo sovietico, in un paese arretrato come la Russia, fu di depenalizzare l’omosessualità!
[18] il Corano, sourate 2, La mucca,
[19] vedere Remma Hamami, ” Le donne, l’hidjab e l’Intifada.”
[20] vedere De Fabel van de illegaal, mai/juin 2004, ” Sceicco Yassin, un ” eroe” ed un ” esempio” ? ” :
[21] per una critica delle posizioni di questa corrente, vedere ” Lutte di Classe” n°84, ” Quando una parte dell’estrema-sinistra corteggia gli islamisti”
[22] Rosa Luxemburg, per esempio, non si è privata di criticare la strategia dei bolscevichi, ma l’ha fatto in compagna, affermando allo stesso tempo la sua intera solidarietà ai comunisti russi di fronte alla reazione.
[23] http://www.prochoix.org/pages.action/laicite/tamzali.html
[24] mobilitarsi in priorità contro l’imperialismo americano, per esempio, il che è il caso di certi gruppi sinistroidi, nei fatti corrisponde spesso a ritrovarsi al rimorchio dell’imperialismo francese.
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Fonte: http://bataillesocialiste.wordpress.com/documents-historiques/2005-09-contre-lislam-politique-la-liberation-des-femmes-nest-pas-un-luxe-reserve-aux-pays-riches/
Traduzione: Fabienne Melmi
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PS: Due piccole riflessioni sui sinistroidi passivi rispetto all’Islam politico :
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Si sente talvolta dire che il PCOI non ” farebbe niente contro l’occupazione.” Critica senza fondamento, il PCOI organizza i lavoratori, costituisce dei sindacati, contribuisce all’organizzazione delle donne, caccia gli islamisti dai quartieri operai, ecc… Questo lavoro quotidiano di organizzazione del proletariato e della società civile appare forse meno ” eccitante” da un punto di vista mediatico che una guerriglia armata, anche se reazionaria, meno virile?
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Durante la guerra in Iugoslavia o le estorsioni dell’esercito francese in Costa d’Avorio, tutte le organizzazioni di estrema-sinistra, o quasi, hanno, giustamente, denunciato il razzismo di Milosevic e di Gbagbo, pur denunciando l’imperialismo. Nessuno ha considerato che di fronte all’imperialismo, bisognava sostenere Gbagbo o Milosevic, come è il caso della pretesa resistenza irachena o di Hamas in Palestina. È perché finalmente, se il razzismo è fermamente condannato, il sessismo, lui, resta visto come un “male accettabile” ?
Anche in Francia, ivi compreso nei gruppi che si credono progressisti, il femminismo resta una necessità.
Antonio
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8 gennaio 2014
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