• Con Claudio Ricciardi per scoprire le radici dell’etica

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    di Gian Carlo Zanon

    Devo confessare che sin dalle prime pagine del saggio Le gabbie culturali – Dalla biologia alla politica di Claudio Ricciardi, ho pensato che questo testo mi sarebbe servito per delineare ancor più profondamente la figura di Antigone in alcuni miei scritti ancora in fieri. Non mi sono quindi meravigliato quando, poi, ho trovato l’eroina sofoclea più volte citata in questo suo testo.

    Il poeta e romanziere caraibico Édouard Glissant nel suo Saggio “Introduction à une Poétique du Divers” scrive «Per me i luoghi comuni non sono delle idee ricevute, ma, letteralmente, luoghi in cui un pensiero del mondo incontra un altro pensiero del mondo. Ci succede di scrivere, di enunciare, o di meditare un’idea che poi ritroviamo, in un giornale italiano o brasiliano, in forma diversa, prodotta in un contesto differente, da qualcuno con cui non abbiamo niente a che fare. Sono luoghi in cui un pensiero del mondo conferma un altro pensiero del mondo.»

    Ed è questo che è accaduto: ciò che Ricciardi ha scritto sulla nascita dell’etica,  sulla sua universalità, sul suo essere e sul suo divenire, conferma il mio pensiero e mi dà forme di linguaggio verbale a cui attingere per la mia ricerca.

    Un libro molto denso questo di Ricciardi, che penetra nella complessità dell’essere umano per definire ciò che negli esseri umani, alla nascita, è identico, è uguale in ogni latitudine: «Una reazione etica di rifiuto e di scelta specifica».

    È nella “crisi della nascita” che, nello stesso tempo, si determina “l’assoluta convinzione” di un legame imprescindibile con l’essere umano, e il rifiuto del disumano.  E questa è la matrice dell’etica nata dalla crisi intesa, come ricorda Ricciardi, nelle sue accezioni greche primarie, ovvero  “distinzione, giudizio, scelta”. Concetti che fusi tra loro generano il concetto di etica legata a sua volta ai concetti di umano e di non umano. Inutile dire che senza il concetto di umanità, ovvero di ciò che nell’essere umano è umano o non umano, l’etica è una parola senza senso. 

    Scrive Édouard Glissant nel suo saggio citato: «Nelle culture occidentali si dice che l’assoluto è l’assoluto dell’essere e che l’essere non può esistere se non si concepisce come assoluto. Già i presocratici sostenevano, invece, che l’essere è relazione, cioè l’essere non è assoluto ma relazione con l’altro, relazione con il mondo (…)»

    E Ricciardi specifica: «In natura non esiste nulla che sia una “monade” senza rapporto. Ogni elemento esiste e può esistere in quanto “prodotto” da qualcosa e in quanto “in relazione” a qualcosa.» E se questo è vero per ogni essere vivente a maggior ragione lo è per l’essere umano che senza rapporto con l’altro da sé esiste ma non è, in quanto, senza rapporto con l’altro da sé, non può realizzare la propria esistenza dandole senso. La vita umana senza senso è una vita svuotata di significato esistenziale. Quando accade il contrario l’etica interna dell’essere umano si disumanizza, annullando e alterando, in vario peso e misura, la realtà altrui.  E questa è una caratteristica universale.

    Ciò che nell’essere umano è, per dirla con le parole di Ricciardi, “strutturalmente isomorfo”, in ogni tempo e in ogni luogo, è il sentimento etico che in primo luogo è individuale ma immediatamente collettivo nel momento in cui lo stesso sentimento è condiviso da ogni essere umano. Il problema semmai sta nel rimanere umani. D’altronde come ben sanno coloro che non sono stati infettati dal morbo razzista, le dinamiche inconsce che influiscono sulla coscienza e sul relativo comportamento degli esseri umani sono universali.

    Ricciardi, essendo un biologo specializzato in bioetica, ed aver fatto una lunga ricerca all’interno dell’Analisi Collettiva dello neuropsichiatra Massimo Fagioli, ha tutte le carte in regola per cercare le tracce dell’etica, cominciando dalle dinamiche neonatali.

    «Considerando la Teoria della Nascita  di Massimo Fagioli – scrive Ricciardi – possiamo dedurre molti spunti per poter evidenziare le possibili fonti di una differente etica basata essenzialmente sul pensiero non razionale. La concettualizzazione di una nascita del pensiero come immagine e tutto il periodo del primo anno di vita fatto di emozioni, affetti sensazioni e immagini indefinite, sarà la fonte di una “reazione etica” radicata nell’umano» (p. 120)

    E sarà anche quindi «la reazione etica di Antigone che si rifiuta di rispettare regole che a suo giudizio non hanno un  fondamento etico; le regole di diritto si esplicano con la logica e servono a giustificare i comportamenti più nefasti» (p.102)

    Il frammento 119 DK (ēthos anthropoi daímòn), di Eraclito è stato interpretato in centinaia di modi diversi. Se traduciamo l’espressione verbale daímòn, in “realtà psichica”, se pensiamo ai ‘suggerimenti’ del daímòn considerandoli «interventi psichici» e se infine decifriamo la parola (éthos) in “legge”, dovremmo allora interpretare le parole del filosofo efesino in questo modo: «per l’essere umano la propria realtà psichica è legge», oppure «la propria realtà interna per l’essere umano è legge».

    Grandi personaggi della cultura, come per esempio Giorgio Colli, hanno tradotto il sostantivo daímòn riferendosi alla natura profonda dell’essere umano, al carattere, all’indole, alla sua qualità identitaria. E conseguentemente ne è venuto: «La propria qualità interiore (ethos), per l’uomo, è un demone (daímòn)» e la parola daímòn è, per i greci, la rappresentazione verbale della realtà umana interna pensata però come una entità divina interiore. L’entità divina interiore (l’etica interiore) che impedisce a Socrate (Simposio) di commettere azioni indegne.

    «Quando siamo nella condizione di dover scegliere, – scrive Ricciardi – la nostra scelta mette in luce il nostro modo di considerare gli esseri umani. La nostra visione etica della vita e del rapporto con gli altri esprime ed evidenzia la nostra reazione fondamentale della nostra realtà senza coscienza che rifiuta ogni dimensione distruttiva nei confronti dell’altro. Una reazione etica di rifiuto e di scelta specifica. Una sorta di Antigone in cui ciò che conta è la nostra identità più profonda, la nostra storia personale anche al di là del diritto penale del paese in cui viviamo. Anche con la storia collettiva e culturale in cui siamo immersi non entra in gioco nessun elemento ereditato geneticamente o che l’evoluzione avrebbe sviluppato dai comportamenti animali, ma solamente il nostro vissuto personale. (p. 91)

    Claudio Ricciardi si è inabissato nelle profondità dell’etica umana per dirci «Ora possiamo affermare che i valori etici si configurano in modo plurale e si presentano così sia nelle scelte individuali private che nella collettività sociale. Etica personale ed etica pubblica si collegano tra loro, quando questo non accade è perché la pretesa di norme universali, come quelle religiose o di leggi pubbliche, come quello di uno stato totalitario, hanno preso il sopravvento» 

    31 luglio 2024

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