foto di Isabella sommati
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di Nora Helmer
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I social network sono una vetrina sociale in cui si le infamie e gli splendori della società stanno in bella mostra. Lì i vizi, a volte protetti dall’anonimato e spesso dall’assenza di veri contatti con i dialoganti, esplodono sicuri della loro invulnerabilità. Padani e grillini hanno fatto scuola d’insulto su face book cancellando dalle bacheche dei social gli ultimi baluardi di civiltà.
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Dopo i doverosi distinguo, potrei dire che in quei luoghi, in cui i rapporti umani sono nella maggioranza dei casi solo virtuali, si possono notare meglio che altrove le pigrizie mentali: si scrive prima di pensare, si posta e si condivide anche l’impossibile senza verificare, si clicca su “mi piace” come se non si possedesse un’identità etica da salvaguardare. In poche parole, sempre generalizzando, non si approfondisce mai nulla. In questo modo miti e leggende metropolitane assurgono a verità dogmatiche come la persistenza dello spirito di Gauchito Gil e della Difunta Correa a cui sono dedicati santuari e tempietti d’arte povera sulla strada che attraversa tutta l’Argentina: la leggendaria Ruta 40 percorsa in motocicletta da Ernesto Guevara prima che divenisse el Che.
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La pigrizia mentale, dovuta a decenni di annullamenti della realtà umana e politica circostante, crea un sacra alleanza tra chi propone un’opinione e chi la fagocita senza discriminare il vero dal falso. L’importante è che l’opinione contenga qualche goccia di banale buon senso necessario per mitigare quanto basta l’olezzo del resto del contenuto composto da porzioni più o meno massicce di quella cultura dominante che rumina da sempre la stessa immondizia filosofica. Cultura egemone che si rifà a modelli antichi riveduti e corretti quel tanto che basta per renderli sempre appetibili agli “alleati” che passivamente riruminano il ruminato.
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Chi legge passivamente i messaggi che vengono dal mondo virtuale rinuncia alla propria percezione soggettiva e al proprio sentire per adeguarsi al mainstream culturale e alle parole che vengono dai pulpiti disseminati in ogni dove. Pulpiti evanescenti da dove guitti ben allevati dalla morte interiore inscenano dotte parodie per incatenare i più al nulla. Ormai da tempo nelle sale della notizia, che diventa conoscenza avvelenata, va di moda portare il vuoto a perdere. E così milioni di individui che fanno pubblica opinione cavalcano, come fossero alghe strappate da una marea anomala, le onde tossiche dell’informazione senza aver nessuna possibilità di fermarsi a raccogliere ciò che resta del proprio pensiero critico.
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Così un giorno si parla delle prodezze Napolitano, il giorno dopo del genio politico di Renzi, il giorno dopo delle exploits sessuali di Berlusconi, e così via mandando all’ammasso i residui legami con la realtà vera, con i suoi contenuti e la sua complessità. Si parla di eliminare i simboli della cultura altrui perché non confacenti con i propri schemi mentali predefiniti senza mettere prima un discussione i propri simboli di morte: vedi il crocifisso. Non ci si accorge del pensiero avvelenato contenuto nelle parole, nelle frasi, nelle enunciazioni e si prende a modello squallidi personaggi che sembrano avere fatto dell’asservimento delle menti altrui il proprio solo e unico scopo esistenziale.
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Li vediamo tutti i giorni i lacchè mediatici correre ad aprire questo o quel portello, al potente che gira in carrozza, per agevolare il catalogo dei suoi desiderata. Questi cliens del terzo millennio sono i pidocchi dei potenti e come tutti i parassiti devono far vivere coloro che li mantengono in vita. I patti sono taciti e ferrei: tu inganni le menti e una piccola parte del mal tolto ti sarà versato. La parola d’ordine per entrare nei domini del potente di turno a cui serve la copertura mediatica è l’inchino canagliesco di chi, perduta ogni possibilità di vivere la realtà in modo coerente, cerca di dissociare anche le menti dei pochi sprovveduti che ancora avrebbero la possibilità di sfuggire al gorgo del nulla. Gli altri, con vari gradi di complicità, stanno già lì sempre pronti ad ingoiare la brodaglia mediatica percepita come una leccornia a causa della pigrizia che rende la realtà indecifrabile. Si guarda senza vedere con la vista orba di senso critico e si ripete coattivamente.
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Entrati nella cosiddetta “età della ragione” si applica alla mente un sensore che avverte del pericolo di essere fino in fondo se stessi, e il gioco è fatto. La banalità del vedere applicata ad ogni settore della realtà, soprattutto alla realtà umana, rende immuni da pensieri liberi, da utopie, da crisi che presuppongono mutazioni identitarie. Con un po’ di sforzo si elimina anche il sentire con il corpo l’altro da sé. “Guariti” dal fastidioso contatto tra corpo e mente che distrae dai propri fini utilitaristici, si può finalmente vivere la propria “autenticità dell’essere” … dell’essere animali che lottano per realizzare il proprio “destino” contro chi impedisce alla loro bramosia di espandersi. Heidegger docet.
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La vista orbata dal giudizio non conosce l’alterità. Si nutre di comodi modelli di comportamento prêt-à-porter che stabiliscono gli spazi invalicabili del politically correct in cui ci si può muovere senza urtare gli alleati con cui si vuole convivere pacificamente in eterno.
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Eseguita la lobotomia psichica, che priva la mente della fantasia interna che da senso alla realtà, tutto è “più facile” e si da agli avvenimenti della politica , del sociale, del religioso lo stesso giudizio che si è soliti dare al “caro estinto”: Napolitano? un salvatore della patria; Bergoglio? un genio di sinistra; Netanyahu ? grande statista difensore della pace in medio oriente; Renzi? un Mosè che porterà gli italiani verso la terra promessa … promessa al potere finanziario.
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Ma la cecità psichica non è un destino, l’irriverenza dello sguardo ci salverà …
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Le foto di copertina è di Isabella Sommati. Vedi le opere dell’artista su Visions
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