• Allo studio del governo il “decreto popolari” che cancellando le piccole banche eliminerebbe la democrazia economica. Accorato appello di due docenti di economia per difendere la “biodiversità bancaria”

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    george_32


    Cari Colleghi

    In tutto il mondo diversi modelli di banca (cooperativa ed spa) concorrono liberamente sul mercato per conquistare il consenso di clienti, soci e investitori aumentando biodiversità e resilienza dei sistemi finanziari. Come sappiamo alcuni modelli sono più vulnerabili di altri ad alcuni tipi di crisi. Per questo la “biodiversità” del sistema e la libertà di scelta sono una ricchezza fondamentale.
    Non è un caso che in nessun paese serio del mondo i governi pensano di togliere dal gioco con un editto un modello di banca fissando arbitrariamente una soglia dimensionale. In Francia, Germania, Austria, Olanda, Finlandia, Canada e in moltissimi altri paesi del mondo esistono modelli di banche a voto capitario che vanno ben oltre quella soglia.

    Ci piace segnalare come esempio il gruppo Desjardins in Canada che ha un attivo di 223 miliardi di dollari canadesi, 44,900 addetti e 5,6 milioni di soci. Il gruppo eroga un milione al giorno in borse studio e donazioni. Bloomberg ha definito nel 2014 Desjardins la prima banca più solida dell’America del Nord e la seconda del mondo (WCM, 2014).

    Il governo con il decreto popolari sta decidendo che in Italia non potrà mai crescere qualcosa di così bello. Sarebbe stata una grossa perdita per il Canada se qualcuno avesse avuto da loro la stessa idea 20 anni fa.

    Se condividete questa nostra preoccupazione vi chiediamo di sottoscrivere l’appello e di farlo circolare tra i colleghi. Anche se di solito non è consuetudine farlo abbiamo pensato fosse opportuno mettere nell’appello citazioni di letteratura e rapporti perchè mai come su questo tema la comunicazione ha diffuso una serie di luoghi comuni che vanno sfidati e discussi con dati ed evidenze.

    Speriamo con questa iniziativa di elevare (oltre la passione per le dietrologie e i complotti) il livello del dibattito nel nostro paese su un tema così importante e delicato per il nostro futuro affinché la nostra classe politica possa decidere ben informata dei fatti.

    Giovanni Ferri
    Dept Economic & Political Sciences & Modern Languages
    LUMSA University of Rome

    Leonardo Becchetti
    Università di Roma Tor Vergata
    Facoltà di Economia
    Dipartimento di Economia e Istituzioni

    george_grosz chiesa stato

    Appello


    Il decreto popolari desta forti perplessità nella forma e nella sostanza perché muove in direzione contraria a quanto suggerito da gran parte della letteratura bancaria negli ultimi anni. Tale letteratura non identifica alcuna correlazione tra rischiosità di una banca e voto capitario e tra capitalizzazione di una banca e voto capitario. Come è noto la maggiore o minore rischiosità di una banca dipende da fattori quali volatilità degli utili, diversificazione del portafoglio crediti, stabilità della raccolta fondi, facilità di reperire capitali in momenti di crisi, leva bancaria cruda. Su molti di questi indicatori le banche a voto capitario non vanno affatto peggio delle banche spa. Ad esempio, Hesse e Cihák (2007) al FMI e International Labour Office (2013) rilevano la maggiore stabilità delle banche cooperative nel confronto internazionale, cosa che in Italia vale per le popolari (Bongini e Ferri, 2007); per l’Europa, Ferri et al. (2013 e 2014a) mostrano, rispettivamente, che le banche cooperative né prima né con la crisi performano peggio delle spa e che dal 2007 Fitch e Moody’s hanno ridotto i rating alle cooperative meno che alle spa; De Jonghe e Öztekin (2015) trovano che, nonostante il minore accesso ai capitali esterni, la capitalizzazione delle banche cooperative non è inferiore alle spa. E mantenere la diversità nelle forme organizzative (cioè la coesistenza di banche for-profit e banche orientate ai soci) è cruciale a preservare servizi finanziari ben funzionanti e inclusivi (Bülbül et al., 2013; Michie e Oughton 2013). Inoltre, dovrebbe preoccupare il fatto rilevato in una recente audizione alla Commissione Europea che alcune grandi banche sono tornate ad avere rapporti tra debito e capitale proprio (fino a 50) superiore ai livelli pre-crisi che erano attorno a 30 per le quattro grandi banche d’affari americane.

    Numerosi studi dimostrano inoltre che le banche con voto capitario prestano una quota superiore degli attivi e hanno volatilità degli utili minore delle banche spa (Ayadi et al., 2009; Becchetti et al., 2014). Inoltre, l’offerta di credito delle banche cooperative è meno prociclica, cioè alimenta di meno i boom creditizi, che fomentano le bolle finanziarie, e fanno mancare di meno il credito nelle fasi di crisi (Ferri et al., 2014b); nelle popolari, a prescindere dalla dimensione della singola banca, ciò dipende dalla vocazione al relationship banking, il modello più adatto a prestare a piccole imprese e famiglie (De Bruyn e Ferri, 2005; 2009). E lavori tra cui il rapporto Liikanen degli esperti UE e quello dell’ILO del 2013 indicano che la diversità bancaria è un fattore fondamentale di resilienza dei sistemi. Banche a voto capitario di grandi dimensioni esistono in quasi tutti i paesi del mondo (oltre la soglia degli 8 miliardi di attivo indicata dal governo). Esempi europei più rilevanti sono in Olanda, Finlandia, Austria, Germania e Francia. Nessuno di questi paesi sta pensando di abolire il voto capitario. Le banche popolari non hanno registrato performance peggiori della media di sistema negli stress test della BCE. La crisi finanziaria globale è stata soprattutto una crisi di grandi banche spa che ha portato molti osservatori autorevoli (tra cui Martin Wolff sul Financial Times) a dubitare del fatto che una banca debba essere un’organizzazione dedita alla massimizzazione del valore per gli azionisti visto che fare credito è attività a basso rendimento ed alto rischio mentre altre sirene come quelle del trading proprietario promettono risultati a breve migliori per gli azionisti generando però maggiore rischiosità non sempre avvistabile ai radar degli indicatori contabili. È per ridurre tentazioni come questa che paesi come Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito e Belgio hanno varato misure di separazione tra banca commerciale e banca d’affari in direzione di una nuova Volcker Rule piuttosto che privarsi della ricchezza di banche vocate al credito per il territorio. Un esempio interessante da questo punto di vista è il Canada dove la crisi finanziaria globale non è mai arrivata perché le banche avevano il divieto di trading proprietario e dove il sistema DesJardins di banche a voto capitario si è conquistato sul campo (non con un editto governativo) il 48% della quota di mercato. Noi invece abbiamo deciso di muovere in direzione opposta. Il fine di una banca non è la contendibilità ma la sua capacità di prestare denaro a imprese e famiglie evitando di mettere a repentaglio i risparmi raccolti.


    E gli eventi più gravi nel nostro paese dalla crisi finanziaria in poi (e da quando Tremonti salvò i nostri maggiori gruppi passando dal valore di mercato al valore di libro per i derivati in bilancio) riguardano tutti grandi banche spa.
    Per migliorare le banche cooperative e popolari senza snaturarle ci sono molte vie: aumento della quota minima di capitale per singolo socio, voto plurimo, creazione di garanzie di rete come in quasi tutti gli altri paesi (Austria e Germania in primis), misure sulle modalità di voto, costruzione di liste e limiti di mandato.

    Con il decreto popolari è in discussione un caposaldo della democrazia economica: la possibilità di una comunità di darsi un’organizzazione economica solidale, mutualistica e di non vedere questo orientamento cancellato per legge dall’alto. Nessuno ritiene un modello di banca superiore ad un altro e siamo convinti che la banca spa rende un servizio prezioso al paese. Il principio della biodiversità stabilisce però che il sistema finanziario, come ogni ecosistema, ha bisogno di modelli diversi che assolvono diverse funzioni lasciando decidere al mercato quale sistema debba essere più o meno diffuso.

    Leggi qui “Elogio della libertà e diversità bancaria” importante documento di approfondimento che spiega nel dettaglio i motivi per i quali quest’appello è stato lanciato.

    Breve bibliografia

    J.L. Arcand, E. Berkes, U. Panizza. Too Much Finance? IMF Working Paper No. 12/161. SSRN: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2127541, June 2012.
    R. Ayadi, E. Arbak, S. Carbó Valverde, F. Rodriguez Fernandez, and R.H. Schmidt. Investigating Diversity in the Banking Sector in Europe: The Performance and Role of Savings Banks. Brussels: Centre for European Policy Studies, 2009.
    L. Becchetti, R. Ciciretti, A. Paolantonio. Is There a Cooperative Bank Difference? AICCON CEIS working paper n.313, 2014.
    P. Bongini, G. Ferri. Governance, Diversification and Performance: The Case of Italy’s Banche Popolari. Paper given at the meeting on Corporate Governance in Financial Institutions, organized by SUERF and the Central Bank of Cyprus, Nicosia, 2007.
    D. Bülbül, R.H. Schmidt, U. Schüwer. Savings Banks and Cooperative Banks in Europe. SAFE Policy Center, Goethe University, White Paper Series 5, 2013.
    R. De Bruyn, G. Ferri. Le Banche Popolari nel localismo dell’economia italiana. Edicred, 2005.
    _____________. Banche Popolari: importanti per l’economia italiana e modello in Europa. Edicred, 2009.
    O. De Jonghe, Ö. Öztekin. Bank capital management: International evidence, Journal of Financial Intermediation, 2015.
    G. Ferri, P. Kalmi, E. Kerola. Organizational Structure and Exposure to Crisis Among European Banks: Evidence from Rating Changes. Journal of Entrepreneurial and Organizational Diversity, Special Issue on Cooperative Banks, 3(1): 35-55, 2014a.
    G. Ferri, P. Kalmi, E. Kerola. Does bank ownership affect lending behavior? Evidence from the Euro area. Journal of Banking & Finance, 48: 194–209, 2014b.
    G. Ferri, P. Kalmi, E. Kerola. Governance and performance: Reassessing the pre-crisis situation of European Banks. In S. Goglio, Y. Alexopoulos (eds.) Financial cooperatives and local development. Abingdon, UK: Routledge: 37-54, 2013.
    H. Hesse, M. Cihák. Cooperative Banks and Financial Stability. IMF Working Paper No. 07/2. SSRN: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=956767, January 2007.
    International Labour Office. Resilience in a downturn: The power of financial cooperatives. 2013.
    J. Michie, C. Oughton. Measuring Diversity in Finan- cial Services Markets: A Diversity Index. SOAS, University of London, Centre for Financial and Management Studies Discussion Paper No. 113, 2013.
    M. Pagano. “Lessons from the European Financial Crisis,” CSEF Working Papers 370, 2014.
    Rapporto Liikanen: http://ec.europa.eu/internal_market/bank/docs/high-level_expert_group/report_en.pdf
    L’Inkiesta: http://www.linkiesta.it/banche-popolari-riforma-voto-capitario-sbagliata

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