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di Giulia De Baudi
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«Ricordo Feuerbach, ed una frase che mi è rimasta fissata nella mente: “Non è Dio che crea l’uomo, ma è l’uomo che crea Dio”. Non riuscivo a comprendere perché avesse pensato quelle parole ma so, con certezza che poi, ho teorizzato la fantasia di sparizione alla nascita ed ho pensato che nel neonato, il mondo viene “creduto” inesistente; l’essere umano fa il nulla intorno a sé, l’opposto assoluto del suo umano esistente e la sua identità è soltanto rapporto interumano che lo fa vivere, e sviluppa il pensiero. Il rapporto con la natura viene dopo, quando diventato autosufficiente, si separa dalla madre.»[1]
Devo, doverosamente, iniziare a parlare dell’alienazione religiosa partendo dalla Teoria della nascita dello psichiatra Massimo Fagioli: se è vero che fu Ludwig Feuerbach il primo a formulare nel 1941 il concetto di alienazione religiosa, è anche vero che però egli non scoprì, come fece M. Fagioli nel 1964/1971, la pulsione che la crea e le dinamiche non coscienti che la sostengono.
Oggi, però non vorrei addentrarmi troppo, come ho fatto in altri articoli, (QUI e QUI) in questa ricerca scientifica molto articolata e in divenire. Vorrei solo cercare di evocare alcuni sintomi sociali, che mi hanno attraversato e che mi attraversano quotidianamente lo sguardo, che possono rilevare la presenza nociva di questa dinamica irrazionale. Uso la parola “irrazionale” non in modo semanticamente negativo come si è solito fare, ma come sinonimo di movimento inconscio, interno, invisibile ai più.
Spendo solo due parole per dire che alla base dell’alienazione religiosa c’è, come ha scoperto M. Fagioli, la “pulsione”. Pulsione intesa, alla nascita, come “fantasia di sparizione” che rende il «mondo (…) inesistente » per privilegiare «soltanto rapporto interumano che lo fa vivere» e quindi positiva; ed in seguito, se nelle vicissitudini dei primissimi rapporti interumani deludenti si perde la vitalità avuta in dote alla nascita, “pulsione di annullamento”. Pulsione di annullamento che ha la proprietà di “rendere inesistente” una realtà – per esempio la realtà umana di un essere umano – e di sostituirla con un’altra inesistente: fare di ciò che è, ciò che non è; fare di ciò che non è, ciò che è. Cioè fare sparire in modo delirante, con un proprio cortocircuito mentale, come fanno alcuni fanatici religiosi, l’umanità di coloro che non appartengono alla propria religione[2] per poi perpetuare un genocidio, e/o far “apparire” culturalmente un’inesistenza, come la divinità monoteista, che legittima il genocidio.
È esattamente ciò di cui parlava L. Feuerbach quando affermava “Non è Dio che crea l’uomo, ma è l’uomo che crea Dio”.
La storia delle religioni ci insegna che ogni superstizione e ogni canone dottrinario sono sempre stati creati e modificati nel tempo in funzione della società in cui si dipanavano. La religione, lo insegnano al primo corso di Storia delle religioni, è sempre funzionale alla società in cui essa si esprime, o meglio funzionale a chi ne detiene il potere politico-religioso. Più la società è complessa e più la religione si dogmatizza, e il gruppo dirigente crea dei canoni che devono servire per arginare la molteplicità di idee religiose dovuta alle diverse istanze personali o di gruppi di individui che, pur facendo parte di una determinata religione/gruppo sociale, non ne condividono pienamente forme e contenuti.[3]
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Nonostante ogni religione monoteista si sia data nei secoli canoni dottrinari, modificati e rimodellati nei secoli, la storia del monoteismo è un susseguirsi di scissioni dogmatiche/culturali che erano anch’esse funzionali a gruppi di potere in lotta tra loro per l’egemonia politica di un territorio più o meno vasto. Un esempio di questa scissione, in qualche modo mitigata da interessi comuni, è la stessa architettura della Sinagoga di Roma, strutturata in modo da accogliere le varie correnti religiose giudaiche – le più importanti sono quelle composte dagli Ashkenaziti o dai Sefarditi – aventi ognuna una propria ritualità e una propria identità religiosa. Stessa cosa vale per i cristiani scissi in centinaia di correnti dottrinarie che vanno dai cattolici ai seguaci di Geova, e per i mussulmani divisi tra sciti, sunniti, sufi, drusi ecc. ecc..
Il Simbolo niceno-costantinopolitano, detto anche Credo niceno-costantinopolitano – fortemente contaminato dai desiderata dall’imperatore Costantino – approvato nel 325 al Primo concilio di Nicea, per contrastare le infinite teorie cristologiche che si disputavano le “supreme verità della fede cristiana”, fu appunto un tentativo di codificare fortemente una credenza, disseminata in milioni di menti, funzionale al potere condiviso e spartito tra Impero romano, e Chiesa cristiana.
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Non “a sua immagine e somiglianza” ma a “mia immagine e somiglianza”
I macrocosmi monoteisti sono, ovviamente, composti di milioni di microcosmi mentali che, ognuno secondo il proprio grado di alienazione e la propria formazione culturale, danno forma e contenuti a una propria, personalizzata, religione. Infatti la parola ebraica Elohim, utilizzata per definire la divinità ebraica è plurale significa spiriti, potenze, che raccolte in un popolo diventano, al singolare, lo “spirito del popolo”. Parlando del fenomeno del cattolicesimo nostrano nello stesso contenitore religioso incontriamo i credenti suddivisi in vare categorie: i chierici, i mistici, gli osservanti, i non osservanti, i praticanti, i non praticanti, quelli che ti dicono “io si ci credo però ho il mio modo di pensare a questa religione”, quelli che ti dicono “sono cattolico ma a dio e alla religione non ci penso mai tranne che ai funerali”, e così via. Insomma una miriade di credenze che sono, io direi, tante quante sono gli individui cattolici che calcano il nostro territorio nazionale. Certamente è vero che molti di loro si riconoscono nella ritualità e nei fondamentali dei cattolicesimo ma … provate a sondare il loro pensiero e troverete delle sorprese: ogni credente fondamentalmente ha un’idea, un’immagine del dio cattolico forgiata “a propria immagine e somiglianza”: il proprio Eloha (singolare di Elohim).
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Lasciando stare il chierico, che crede che dio non voglia che egli abbia rapporti sessuali, e lo psicopatico che ammazza perché sente la voce di dio che glielo comanda, una persona normale non penserebbe mai che il proprio dio possa perdonargli un assassinio; invece il mafioso sì. Di solito una ventenne sana di mente con gli ormoni a mille non pensa certo che il suo dio cattolico stia lì a negarle di fare sesso con il suo ragazzo. Tutt’al più penserà che quel peccato appartenga alla categoria definita dai preti “veniale”. Ebbene quella stessa ragazza – succede spesso ve lo assicuro – se nei marosi dell’esistenza, a causa delle continue delusioni, perderà la speranza di rapporto con l’altro da sé, a cinquant’anni penserà che il dio, che lei ha nella mente, non permetterebbe mai di avere una sessualità libera e bella perché è peccato mortale.
Anche se si dice da 1700 anni che il dio cattolico abbia creato il nostro antenato Adamo (e non Eva) a propria immagine e somiglianza, in effetti, come dice Feuerbach “Non è Dio che crea l’uomo, ma è l’uomo che crea Dio” a propria immagine e somiglianza, e soprattutto funzionale alla propria realtà umana e alle proprie intenzionalità coscienti e non coscienti.
10 agosto 2014
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NOTE
[1] Massimo Fagioli, left n. 24 13 giugno 2008 pagg. 77-78
[2] In questi giorni assistiamo almeno a due eventi tragici di questo tipo: il massacro dei curdi yazidi da parte dei fondamentalisti islamici dell’IS, e il genocidio dei palestinesi invocato dai fondamentalisti ebrei tacitamente sostenuti dalla maggior parte della popolazione israeliana.