• Wojtyla, il “papa santo” maledetto dalle Madres de Plaza de Mayo

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    di Giulia De  Baudi

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    Città del Vaticano – Il 3 aprile 2010, alla cerimonia, chiamata in latino ‘Angelus’, che ogni domenica si svolge a Piazza San Pietro, territorio delle Stato vaticano, il capo dei cattolici, un tedesco che di cognome fa Ratzinger, ma che si faceva chiamare dai credenti Benedetto XVI, ricordò agli spettatori assiepati nella càvea di San Pietro, la figura di Giovanni Paolo II, definendolo  «grande Pontefice e testimone di Cristo». Ratzinger, con la sua solita voce bianca, ha cantilenato: «Cari fratelli e sorelle ieri … ricorreva il sesto anniversario della morte del mio amato predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II. A motivo della sua prossima beatificazione non ho celebrato la tradizionale Messa di suffragio per lui, ma l’ho ricordato con affetto nella preghiera, come penso tutti voi. –  Poi ha concluso –  Mentre, attraverso il cammino quaresimale, ci prepariamo alla festa di Pasqua, ci avviciniamo con gioia anche al giorno in cui potremo venerare come Beato questo grande Pontefice e Testimone di Cristo e affidarci ancora di più alla sua intercessione».

    La beatificazione dell’ex papa Wojtyla, che mise in fibrillazione l’allora sindaco di Roma, avvenne il primo maggio. «È una sfida organizzativa, forse la più dura di sempre per Roma”» disse Alemanno a proposito della beatificazione di papa Wojtyla che, guarda caso, avvenne in coincidenza con il tradizionale mega concerto dei sindacati in piazza San Giovanni.

     

    «Accoglieremo nel migliore dei modi i devoti.» Disse in quell’occasione, il sindaco di Roma ricordando la sua accorata devozione nel periodo dell’agonia di Wojtyla: «in tanti hanno sentito il bisogno di stargli vicino e di pregare per lui a piazza San Pietro. C’ero anch’io». E come non credergli.

    A questa adesione di fede alemannica si associò anche l’ex grande presidente della Regione Lazio – cuccata qualche giorno in buona compagnia mentre si esibiva nel saluto fascista – Renata Polverini: «Nella ricorrenza dell’anniversario della morte di Giovanni Paolo II rivolgiamo il nostro pensiero alla figura di Karol Wojtyla, interprete di una vita straordinaria al servizio della Chiesa e degli uomini. Papa Wojtyla continua ad essere modello di fede, di temperanza e di coraggio. Nel corso del suo lungo, intenso pontificato ha accompagnato l’Uomo alle soglie del Terzo Millennio offrendo sempre una testimonianza cristallina a difesa della persona umana con particolare predilezione verso gli ultimi, gli indifesi, i poveri, esempio per tutti, anche per i non credenti.»

     

     

    Non c’è che dire, dichiarazioni degne della Polverini di allora e di sempre, alla quale vorremmo, umilmente, ricordare due cosette che … diciamo così, appannano un tantino la cristallina santità del suo “modello di fede”. Parliamo dell’amicizia di Wojtyla per i militari golpisti criminali del Sudamerica dimostrata sia per la sua miracolosa apparizione al fianco di Pinochet sullo stesso balcone della Moneda a cui si affacciò Allende prima di essere trucidato, sia per il suo personale ed ufficiale intervento presso il governo inglese per impedire l’estradizione del macellaio cileno in Spagna, perché fosse processato per l’assassinio di alcuni cittadini spagnoli.

     

     

    Per quegli atti, che offendono la memoria di migliaia di desaparecidos, le Madri della Piazza di maggio scrissero a Wojtyla una durissima lettera. La scrissero proprio a quell’uomo che, secondo il suo degno successore Ratzinger: «tra le tante qualità umane e soprannaturali, aveva anche quella di un’eccezionale sensibilità spirituale e umanistica» Non la pensavano così las Madres de Plaza de Mayo quando scrissero quella lettera di cui riporto alcuni brani:

     

     

    «Ci rivolgiamo a Lei come ad un cittadino comune perché ci sembra aberrante che dalla sua poltrona di Papa nel Vaticano, senza conoscere né aver sofferto in carne propria il pungolo elettrico (picana), le mutilazioni, lo stupro, si animi in nome di Gesù Cristo a chiedere clemenza per l’assassino. (…) Signor Giovanni Paolo, nessuna madre del terzo mondo che ha dato alla luce un figlio che ha amato, coperto e curato con amore e che poi è stato mutilato e ucciso dalla dittatura di Pinochet, di Videla, di Banzer o di Stroessner accetterà rassegnatamente la sua richiesta di clemenza.  Noi La incontrammo in tre occasioni, però Lei non ha impedito il massacro, non ha alzato la sua voce per le nostre migliaia di figli in quegli anni di orrore.

    Adesso non ci rimangono dubbi da che parte Lei stia, però sappia che sebbene il suo potere sia immenso non arriva fino a Dio, fino a Gesù.  Molti dei nostri figli si ispirarono a Gesù Cristo, nel donarsi al popolo.
    Noi, la Associazione ‘Madres de Plaza de Mayo’ supplichiamo, chiediamo a Dio in una immensa preghiera che si estenderà per il mondo, che non perdoni Lei signor Giovanni Paolo II, che denigra la Chiesa del popolo che soffre, ed in nome dei milioni di esseri umani che muoiono e continuano a morire oggi nel mondo nelle mani dei responsabili di genocidio che Lei difende e sostiene, diciamo: No lo perdone, Señor, a Juan Pablo Segundo.

    Asociación Madres de Plaza de Mayo».

    Articolo apparso per la prima volta il 3 aprile 2011 su DazebaoNew

    Leggi qui un articolo di Fedrico Tulli pubblicato da MicroMega aprile 2015

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    • Essendo un regime il Papa che voleva parlare ai giovani Cileni non poteva essere diretto con Pinochet ma questi sono estratti dei discorsi che fece, il resto è solo malafede:

      Saluto alla Città di Santiago e al Cile, Giovanni Paolo II.
      Santiago dal Cile, 1º Aprile 1987.

      “Per questo oggi, da questo luogo ai piedi di Maria, che è stato per più di mezzo secolo un faro di speranza, saluto e benedico tutti gli abitanti del Paese, da Arica a Cabo de Hornos fino all’Isola di Pasqua – ma in modo particolare tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito; gli uomini, le donne e i bambini delle popolazioni emarginate; le comunità indigene; i lavoratori e i dirigenti, coloro che hanno subito le conseguenze della violenza; i giovani, i malati, gli anziani. Trovano un posto nel mio cuore di Pastore anche tutti i cileni che da tante parti del mondo guardano con nostalgia alla Patria lontana. Come Sacerdote e Pastore penso con amore a tutti coloro che, cedendo alle forze del male hanno offeso Dio e i loro fratelli: in nome del Signore Gesù li invito alla conversione perché abbiano la pace.”

      Messaggio ai giovani cileni, Giovanni Paolo II
      Santiago dal Cile, Stadio Nazionale, 2º Aprile 1987.

      “…Ora, in questo stadio, luogo di competizioni, ma anche di dolore e sofferenza in epoche passate, desidero tornare a ripetere ai giovani cileni: assumetevi le vostre responsabilità! Siate disposti, animati dalla fede nel Signore, a dare ragione della vostra speranza (cf. 1 Pt 3, 15).”

      (Quello stadio fu convertito nell 1973, per la dittatura, in un centro di tortura, una roba come un campo di concentramento).

      “…Giovane, alzati e partecipa, insieme alle molte migliaia di uomini e donne nella Chiesa, nell’infaticabile missione di annunciare il Vangelo, di guidare con tenerezza coloro che soffrono in questa terra e cercare modi di costruire un paese giusto, un paese che viva nella pace. La fede in Cristo ci insegna che vale la pena di lavorare per una società più giusta, che vale la pena di difendere l’innocente, l’oppresso e il povero, che vale la pena di soffrire per alleviare la altrui sofferenza.

      Giovane, alzati! sei chiamato a cercare appassionatamente la verità, a coltivare instancabilmente la bontà, un uomo o una donna con vocazione di santità. Che le difficoltà che ti trovi a vivere non siano di ostacolo al tuo amore e alla tua generosità, ma una forte sfida. Non stancarti di servire, non tacere la verità, supera i tuoi timori, sii cosciente dei tuoi limiti personali. Devi essere forte e coraggioso, lucido e perseverante in questo lungo cammino.

      Non lasciarti sedurre dalla violenza e dalle mille ragioni che sembrano giustificarla. Sbaglia chi afferma che solo passando attraverso di essa si conseguiranno la giustizia e la pace.
      Giovane, alzati, abbi fede nella pace, compito arduo, compito di tutti. Non cadere nell’apatia di fronte a quello che sembra impossibile. In te germogliano i semi della vita per il Cile del domani. Il futuro della giustizia, il futuro della pace passa per le tue mani e nasce dal profondo del tuo cuore. Sii protagonista nella costruzione di una nuova convivenza di una società più giusta, sana e fraterna.

      Saluto ai contadini della zona centrale cilena, Giovanni Paolo II
      Santuario Nazionale di Maipú, Santiago dal Cile, 3º Aprile 1987

      “So molto bene che nella vostra vita e nelle vostre occupazioni quotidiane non mancano serie difficoltà e anche momenti di sconforto. Il Signore non ci abbandona e ci invita ad unire il nostro dolore alla sua sofferenza redentrice nella croce. Ma esistono anche momenti di gioia e di letizia, in cui il cuore deve cantare e lodare Dio. Sia le gioie che le pene devono costituire un motivo per avvicinarci di più al Signore e spingerci ad una vita cristiana più profonda.”

      • Dalla redazione:

        Paolo, invece di parlare di malafede e di dare ordini onnipotenti “non mischiamo politica e religione”, mi dica cosa c’è di inesatto nell’articolo per cortesia. I discorsi da lei postati sono secondo me sono pura propaganda. Per quale motivo quando Pinochet non era più al potere Woytjla ha cercato in tutti i modi di proteggerlo come ho scritto nell’articolo? Le parole di Woytjla come Bergoglio sono solo chiacchere per abbindolare coloro che invece di pensare credono …

        visto che le piacciono le citazioni
        « Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarte Rodriguez, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. »
        (Giovanni Paolo II)
        auguri dal Papa, 29 giugno 1993.

        GDB

    • Mi sono dimenticato di una cosa, non mischiamo politica e religione.
      Paolo

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