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Capitolo I
(prima parte)
Non credo per terra vada ancor
omo si duro, che non fosse punto
per compassion di quel ch’ì vidi…
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Nuvole corvine, dense di lacrime avevano abbassato il cielo facendolo cadere lentamente sulla pampa umida, lasciando una striscia scarlatta verso l’orizzonte dove era scivolato un sole frettoloso. Lampi, come verticali schizzi di luce illuminavano a tratti la strada sterrata. Tuoni sordi prorompevano in singulti da un cielo pronto a rompersi in mille pezzi e vento caldo proveniente da nord e gocce rade, pesanti come piombo fuso, si schiantavano per terra, liberando un odore di umidità appiccicosa.
La tormenta estiva stava arrivando. Arbusti secchi attraversavano, rotolando distrattamente, una strada polverosa.
Tre persone camminavano lentamente nella notte di pece sbucando di tanto in tanto dall’oscurità come fantasmagoriche figure che prendono vita dalla violenta luce delle folgori. Una notte da lupi o, a giudicare dalle facce dei tre e considerando che lupi da queste parti non ce ne sono, notte da faine.
Non riesco a capire perché dobbiamo farci tutta questa strada a piedi, è più di un chilometro! Disse il Pelado. Lo chiamavano così per via del fatto che i pochi capelli che aveva se li rapava. Era un ragazzotto sui trent’anni, non molto alto e di costituzione robusta. Non lo comprendi perché sei un cretino! Rispose il Chino. Qui fra poco viene il diluvio universale! Lo capisci o no? Se entriamo in macchina non ne usciamo più fino a domani e forse nemmeno domani! Sì, sarà anche vero…No, non è che sarà anche, è vero! Senti imbecille…Calma, calma, cosa volete fare, mettervi a litigare adesso? Interruppe la Colo che camminava tra i due. Cerchiamo di concentrarci ed andare dritto che qui non si vede una merda!
La Colo, abbreviazione di Colorada, per i lunghi capelli rossi, era magra, giovane con un naso adunco e il volto teso, vestiva dei jeans scoloriti e una maglietta rossa. In ogni caso, riprese il Pelado, stizzito, se qualcuno torna dalla campagna ci vede, e più stiamo in strada e più questa possibilità è alta. Se qualcuno rientra in paese, passando di qui, ci buttiamo dentro il fosso idiota! Sì, nel fosso, come se fosse profondo abbastanza da nasconderci! E poi porca puttana perché non hai portato una pila? L’ho portata, solo che ha le pile scariche. Alla faccia dell’organizzazione professore! Se la passa a leggere libri, lui, e poi non porta la pila! La pila l’ho port… senti, da una bestia come te critiche non ne voglio sentire. Mi avete stufato voi due, se continuate così vi giuro che me ne vado. Mugugni e parole intellegibili pronunciate a fior di labbra, confuse tra il sibilo del vento e i tuoni. I passi erano incerti e l’oscurità un fatto concreto.
La macchina, una Ford Falcon verde scuro del 1977, l’avevano lasciata al bordo della strada asfaltata e si erano incamminati per la sterrata a piedi. Le strade interne che portavano alla campagna erano di terra e con po’ d’acqua si trasformavano in strisce di fango dove era impossibile muoversi anche per una 4×4. Per questo motivo il Chino aveva deciso di lasciarsela indietro. Lo chiamavano in questo modo perché da qualche parte della sua linea genealogica c’era incappato un orientale e lui aveva ereditato gli occhi leggermente a mandorla. Però il Chino aveva anche la pelle scura, per cui non solo un orientale era inciampato nell’albero genealogico. Era alto, magro e poco più che trentenne. Gli occhi neri e le sopracciglia folte gli davano uno sguardo da furetto imprevedibile. Era l’intellettuale del gruppo, leggeva qualsiasi cosa gli capitasse sottomano. Non è che capisse sempre tutto, però sfogliava impulsivamente libri, riviste, saggi, prosa e poesia. I suoi due amici avevano sempre avuto un atteggiamento diverso rispetto a questa sua peculiarità.
Per la Colo la questione era indifferente, non le importava, e quando ogni tanto lui tirava fuori qualche storia fantasiosa lo ascoltava con noncuranza. Lei era una pragmatica e tutto quello che alla fine aveva un risvolto pratico la interessava, del resto se ne fregava altamente. Mentre il Pelado considerava la lettura una cosa da finocchi, però nello stesso tempo era geloso, soprattutto quando credeva di vedere che la Colo si interessava alle storie che raccontava il Chino.
Allora vediamo se abbiamo tutto! Disse la Colo tanto per mantenere alta la concentrazione del gruppo e indirizzare la conversazione verso qualcosa di utile.
Tutto che? Tanto per cominciare la pila non c’è. Rispose immediatamente il Pelado che non gli sembrava vero di avere tra le mani una simile occasione. Questo stronzo lo ammazzo! Sai dove te la metto io la pila? Calma Chino, abbiamo capito, la pila non c’è, però basta! Che, vogliamo andare avanti tutta la notte con sta storia? Fil di ferro? Sì. Pinza? C’è l’ho io. Nastro adesivo plastificato? Sì. Carne per i cani? C’è. Spilli? Li ho io. Guanti? Anche. Che altro? Nient’altro, concluse il Pelado. Abbiamo tutto quello che dovevamo portare a parte… La Colo lo prese per la maglietta e gli sputò in faccia con tono deciso e tagliente: ancora una parola sulla pila e me ne torno indietro e vi lascio soli a fare il lavoro, sempre ammesso che riusciate a fare 10 metri insieme senza prendervi a pugni! Sì, tutto quello che vuoi, ma almeno siamo sicuri che l’informazione è buona? Siamo sicuri e sai perché? Rispose il Chino. No! Ma sono sicuro che adesso me lo dirai… Infatti, imbecille vedo che sei diventato arguto. Arguto tuo zio! Dai dicci perché senza farci perdere tempo. Interruppe la Colo. Perché l’ho presa io, l’informazione. I soldi ci sono. E sono lì da un paio di giorni. Ha venduto l’altro ieri. Come fai a saperlo? Conosco chi conosce chi sa!
Ma cosa dici: conosco, conosce, ti sei bevuto il cervello Chino? Siamo arrivati, basta, ecco il cancello, meno male perché piove a dirotto…allora, io entro, busso e voi mi seguite, va bene? Va bene! Nel buio si sentì abbaiare Ehi! Ci sono dei cani, forza tirate fuori i pezzi di carne. I cani improvvisamente smisero di abbaiare e si misero a mangiare scodinzolando. Entro? Vai pure ormai siamo amici. La Colo, aprì con cautela il portone mentre i due cani di una razza indefinita sbafavano la carne che gli veniva elargita a piene mani. Buoni, ecco bravi. Vai pure… disse il Pelado che era rimasto fuori dal cancello. Vai pure un cazzo! Devo arrivare fino alla casa e con sto buio non vorrei che mi mordessero le calcagna a tradimento. Lentamente si allontanò da loro e sparì dentro il buio. La ascoltarono bussare alla porta. Dai andiamo. Disse il Chino sottovoce e si incamminarono silenziosi come serpenti.
Il dottor Arrigo Plozt, si trovava nell’ambulatorio della sua clinica privata; sopra aveva un piccolo appartamentino dove viveva. Da tre anni aveva passato la sessantina, uomo di campagna con una grande passione per la caccia e la medicina, da più di trent’anni aveva messo in piedi quella clinica, l’unica nel raggio di cento chilometri. Era mattino presto e stava leggendo le avventure del Capitano Alatriste mentre aspettava i primi pazienti. Avventure di cappa e spada nella Madrid del diciassettesimo secolo che vedevano il Capitano battersi un po’ per soldi e un po’ per onore. Grande invenzione dello scrittore spagnolo Pérez-Revert. E proprio quando Diego Alatriste stava per battersi con il nemico di sempre, il sicario italiano Gualtiero Malatesta, sentì bussare alla porta. Spazientito appoggiò il libro sul tavolo con la copertina in alto e disse: avanti!
Era Juana Pe, la tutto fare della clinica, ormai da anni con lui. Dottore, dottore, c’è un matto in sala d’attesa! Come un matto Juana? Questo non è un manicomio… anche se a volte… Sembra una capra dottore! Una capra? Sì, picchia delle testate tremende, vuole suicidarsi! Arrigo aveva ormai perso le speranze e anche la voglia di continuare a leggere. Andiamo a vedere! Con Juana non c’era mai da fidarsi, esagerava sempre.
In sala d’attesa c’era un signore che con le mani appoggiate al muro dava delle testate continue contro la parete. Non ce la faccio più, preferisco morire!
Arrigo rimase stupefatto; quello davanti a lui era un uomo sulla cinquantina, e a giudicare dalla faccia arsa dal sole, solcata da profonde rughe, dai vestiti; camicia a quadrettini, bombacha gaucha, e stivaloni, era un lavoratore del campo.
Gli si avvicinò dicendo; mi scusi, mi scusi. Quello non lo sentiva nemmeno, allora Arrigo gli mise una mano sulla spalla. Improvvisamente si girò verso di lui e cominciò a strepitare: dottore, dottore sparatemi per favore, sparatemi che non ce la faccio più. Uccidetemi o mi spacco la testa contro la parete. Per un attimo Arrigo incrociò lo sguardo di Juana che aveva un’espressione quasi soddisfatta dove le si leggeva chiaramente un “ve l’avevo detto io!” Calma, calma buon uomo, ditemi che cosa vi succede. Come non lo sentite? No, cosa dovrei sentire. Questo terribile ronzio!
La mosca! Che mosca? Dottore, dentro nelle orecchie, si è infilata una mosca. Venite con me… e lo prese per un braccio. Dottore fate presto che io impazzisco! Juana di, all’infermiera che mi porti immediatamente dell’etere e un contagocce. Vado subito! Un minuto più tardi arrivò l’infermiera con le cose richieste. Però fu un minuto lunghissimo non riusciva a calmarlo e non poteva nemmeno smettere di tenerlo perché quello continuava a darsi testate contro la parete. Arrigo fece appoggiare sul lettino il signore con testa dalla parte dell’orecchio che ronzava in alto e lasciò scivolare dentro una goccia d’etere. Questione di un secondo e la faccia stravolta del contadino si distese con un sorriso. Me l’avete tolta! No, l’ho solo addormentata adesso la togliamo, però almeno così mi lasciate lavorare. Con un po’ di pazienza e una pinzetta finissima la estrasse. Ecco qua: e la teneva in mano come un piccolo trofeo. Il contadino la prese, la guardò quasi con dolcezza come se vedesse una mosca per la prima volta nella sua vita, infine con un gesto repentino la gettò in terra e incominciò a pestarla con i piedi. Ci saltava sopra come se al posto del minuscolo insetto si trattasse di un serpente velenoso.
Suvvia si calmi, adesso è finita. Disinfettiamo anche la fronte, per Dio! Ma cosa ha fatto? Ha preso a testate l’intero paese? Dottore ero arrivato ad un punto che o me la toglievo o mi ammazzavo! Ho visto, ho visto. Ecco qua, siamo a posto. Quanto le devo? Nulla. Poi vide affacciarsi alla porta Juana che lo guardava disapprovando. Lui non si faceva pagare mai dalla povera gente, però Juana qualche ragione l’aveva, altrimenti la clinica come si manteneva!
Va, beh senta, prima di pagarmi veda come si sente e poi ci vedremo più avanti. Il contadino non smetteva mai di ringraziare, di fare degli inchini di stringergli la mano.
Infine dopo riverenze e salamelecchi vari che sembrava un mussulmano se ne andò e Arrigo rimase solo, erano le otto e i primi pazienti sarebbero arrivati alle nove, aveva ancora un’oretta per dedicare alla lettura. Chiese a Juana che preparasse un caffè e ritornò alla scrivania dove giaceva il libro. E adesso in guardia Gualtiero!
Le lame si erano già incrociate quando sentì suonare il telefono, non ci fece caso tanto rispondeva sempre Juana, poi gli avrebbe passato la telefonata. Alla seconda stoccata infilata quasi a tradimento da parte del Malatesta e schivata per un soffio dal Capitano, bussarono alla porta. Non c’era verso di leggere quella mattina. Avanti! È il commissario Ferrauto signor dottore, che faccio glielo passo? E certo che me lo passi! E il caffè glielo porto? Si che me lo porti, ma che ti è preso questa mattina, che sono tutte queste domande? No, e che quando chiama il commissario lei poi se ne va di fretta. Non ti preoccupare e portami il caffè.
Il Ferrauto era amico di vecchia data e collega, dato che Arrigo era medico legale in servizio della polizia locale. Luiso, quanto tempo! Scommetto che mi chiami per andare a caccia, fra poco apre la stagione e… no … lo interruppe Luiso … brutte notizie. Che è successo? Hanno ammazzato Taladriz. Chi il Viejo Nicolas? Lui. Però come? … Quando? Senti ti vengo a prendere e dobbiamo andare sul posto immediatamente prima che mi rovinino la scena del crimine, poi in macchina ti racconto. Va bene ti aspetto.
Il commissario bussò alla porta della Clinica in meno di cinque minuti.
Che, eri qui fuori quando mi hai chiamato? Allora potevi bussare direttamente no?
Juana, per favore, dì ai miei pazienti che oggi non ricevo, lo farò nel pomeriggio. Chiamami solo per delle urgenze! Come quella del matto? Sì, più o meno! Dottore il caffè me lo bevo io? Arrigo sbirciò con occhi pietosi, per vedere se c’era margine per una piccola dimora, Luiso, il quale gli fece cenno di no con la testa e …te lo bevi tu!
Juana si girò sui tacchi e Arrigo la ascoltò bofonchiare … e poi mi domanda, perché tutte queste domande? E a chi le domando io queste domande?
Quando Arrigo uscì si sorprese. Fuori c’era una Clio grigia metallizzata che si presentava con un buon aspetto.
Vedo che hai comprato una macchina nuova! Ho seguito i tuoi consigli. Non dirmi che l’hai comprata dal cugino di Carlos? Invece te lo dico. Io credevo che non mi avessi nemmeno ascoltato quando te l’avevo suggerito. Ero troppo arrabbiato per i guasti dell’altra. Aprì la portiera, si sedette e diede un’occhiata rapida intorno e poi disse: certo che dentro è il solito casino. Cazzo Arrigo, non cominciare a criticare. Questa macchina è bellissima e l’ho appena fatta pulire. In senso metaforico no? No, praticamente, solo che sono passati due mesi. Senti Luiso dove andiamo? Da Nicolas. Forse è meglio andarci con la mia 4×4, ieri sera c’è stata tormenta, non vorrei che ci fosse tanto fango da rendere le strade intransitabili. No, non credo. Qualcuno è già arrivato fin lì se no io come faccio a saperlo? Sì ma chi ? Il figlio di Nicolas. Chi, Diego? Sì, è lui che mi ha chiamato. Diego ha una 4×4, per cui è meglio che ci andiamo con la mia. Dai parcheggia che la tiro fuori dal garage. La macchina è già parcheggiata! Giusto e allora lasciala qui e andiamo. Prevedo una mattinata difficile, disse tra se Luiso e poi ad Arrigo: senti ma com’era questa storia del matto? A parte te, lì dentro, e con il pollice indicò la Clinica, chi è andato fuori di cucuzza? Lascia perdere sei troppo sensibile per ascoltare queste cose, gli rispose da dentro il garage Arrigo.
La strada per arrivare dal vecchio Nicolas non era lunga, appena usciti dal paese e fatti un paio di chilometri lungo la strada asfaltata che portava a Los Angelitos, un piccolo borgo rurale, c’era la deviazione che conduceva ai campi, e la casa di Nicolas era a circa un chilometro e mezzo in linea retta.
Allora raccontami cosa è successo! Quello che è successo cercheremo di scoprirlo, ti posso solo dire quello che mi ha detto Diego e ti assicuro che è ben poco, perché era sconvolto. Continuava a ripetere che l’avevano ammazzato barbaramente, che era un disastro…farfugliava, non è che c’ho capito molto. Gli ho solo detto di non toccare niente e ho mandato avanti Ordoñez con altri tre, pregandolo di tenere lontano tutti, fino a quando non arrivavo io e che prima sarei passato a prenderti. Non riesco a capire cosa può essere accaduto. Io meno di te, però fra dieci minuti lo sapremo.
Imboccarono la sterrata che era circondata dagli immensi campi seminati la maggior parte a mais e soia.
La strada era al limite della viabilità, Arrigo dovette mettere la doppia trazione e nonostante ciò la macchina scodinzolava che era un piacere. Con la tua non avremmo fatto che qualche metro! Qui l’unico che è entrato è Diego e poi la vostra 4×4, guarda che solchi che hanno lasciato.
Ecco siamo arrivati!
Fuori dal cancello c’era l’auto della polizia con un piantone, mentre dentro si vedeva la Toyota di Diego.
Ferrauto abbassò il finestrino e chiese: dov’è Ordoñez? Dentro signor commissario. Bene, qui non passa nessuno fino a quando lo dico io, intesi? Sì, signor commissario. Nemmeno il papa. Non si preoccupi signor commissario. Rispose, sicuro del fatto che il pontefice non sarebbe passato da quelle parti, almeno non a quell’ora.
Dal cancello alla casa ci saranno stati una cinquantina di metri di una strada alberata. Entra, disse Luiso altrimenti qui per fare sti pochi metri ci infanghiamo fino alle ascelle! Esagerato! In senso metaforico, Arrigo!
Arrivati davanti casa videro Ordoñez che stava parlando con Diego che appoggiato all’auto si teneva la testa fra le mani. Salutarono. Poi il commissario prese in disparte Ordoñez e gli disse: fai che non se ne vada e che non entri più, mi sembra già abbastanza sconvolto, poi voglio parlare con lui. Sì, signor commissario. Sei entrato? No, lei mi ha ordinato… Hai fatto bene. L’unico che è entrato è Diego? Sì. Ha toccato qualcosa? A me ha detto che è stato dentro pochissimo che ne uscito in preda al terrore.
Andiamo Arrigo. La casa era interamente in legno salvo alcune parti in muratura come la cucina e il bagno. La porta d’entrata a vetri, con un’altra porta che fungeva da zanzariera, dava direttamente a una cucina molto grande, con mobili in legno massiccio e di fronte campeggiava un grande camino.
Il cadavere era seduto su di una sedia ad un metro dal tavolo, lo sosteneva un nastro adesivo color grigio. Entrando lo videro di spalle. Le mani erano legate dietro con fil di ferro che aveva strappato la pelle lasciando parti in carne viva. Sul pavimento in corrispondenza delle mani c’erano piccole pozze di sangue. Dietro la testa si vedeva dell’altro fil di ferro che cingendogli la fronte gli era stato ritorto fino a farlo entrare nell’osso. Sulla nuca un grande coagulo di sangue si era seccato insieme ai capelli. Quando lo videro davanti si resero conto che le palpebre erano attraversate da spilli che messi verticalmente facevano una specie di agghiacciante cerniera, gliel’avevano cucite. La faccia era una maschera di sangue secco, Gonfia e deformata in una smorfia che ne alterava i lineamenti.
Merda! Fu il commento di Luiso, e non lo disse nemmeno forte, fu come se gli fosse scappato un pensiero da dentro. Poi sempre a bassa voce disse: calma, calma. Arrigo vieni, eccoci mettiamoci qui. Si spostarono verso l’angolo più lontano della cucina. Qui va bene. Adesso dimmi cosa vedi. Come cosa vedo? Cristo! Questo l’hanno torturato selvaggiamente. Sì, ed una prima osservazione, poi? Cazzo, Luiso non lo so! Si che lo sai, per favore guarda tutta la scena, con calma, analizziamo il cadavere. Nicolas! No, il cadavere, questo per noi non è più il Viejo Nicolas! Quando è morto occhio e croce? Poi con l’autopsia me lo dirai più chiaramente. Tra le undici e mezzanotte.
Arrigo incominciò a parlare sembrava in trance. È seduto sulla sedia e il nastro adesivo lo lega intorno alla spalliera, se non fosse per il nastro cadrebbe in avanti, dalla camicia aperta si vedono segni di bruciature, suppongo di sigarette e colpi dati con un oggetto duro forse un palo, in faccia l’hanno colpito ripetutamente. Lo stesso palo che si vede lì per terra? Fecero qualche passo in avanti. È sporco di sangue ed ha dei peli attaccati, continuò Arrigo, con questo lo hanno colpito a morte sulla nuca. Gli occhi sono sigillati con degli spilli cinque per parte. Sul tavolo ci sono tre piatti e due bicchieri con del vino, nei piatti ci sono alcuni mozziconi di sigarette, però il tutto è spostato verso il fondo, questo vuol dire che qualcuno si è seduto sul tavolo e di fronte a se aveva Nicolas. Il frigorifero è aperto. Se la sono presa comoda, hanno mangiato e bevuto, non li ha certo invitati a cena. Considerò causticamente Luiso. Tutte le ante degli armadi sono spalancate, ci sono cose tirate da tutte le parti. Cercavano qualcosa. Soldi evidentemente. Guardiamo le orme sul pavimento che è pieno di fango. Si chinarono e cercarono di districarsi nel marasma di piste confuse. Luiso ad un certo punto disse; guarda questa. Arrigo si avvicinò e inchinandosi verso il basso, strizzò gli occhi per vedere meglio. È un’orma più piccola delle altre. Un bambino? Che bambino! Una donna! Dove sono le pinze? Come? Chiese Arrigo meravigliato. Questi gli hanno stretto il fil di ferro intorno alla testa per stringerlo così forte da penetrare nella carne ci vogliono delle pinze e non le vedo da nessuna parte.
Si sono portati gli attrezzi di lavoro. Allora vediamo di capire; sono entrati … Però perché il vecchio Nicolas gli avrebbe aperto? Interruppe Arrigo. Perché c’è una donna, sarà andata avanti lei, chi non apre la porta ad una donna? Lo conoscerai ben anche tu quel racconto, in questo senso illuminante, di un tipo che sta camminando solo in un vicolo deserto di notte e improvvisamente sente dei passi dietro di lui e sono passi di donna. Il suo primo pensiero è: meno male non sarò assaltato! Poi immaginati la situazione ieri sera: temporale, pioggia e vento e se bussano alla porta e risponde un voce femminile, uno apre senza troppi sospetti no? Quindi le ha aperto e subito dopo arriva il complice. Del resto la porta non è stata scassinata non ci sono forzature. Faremo anche il giro della casa perché se sono entrati da un’altra parte col tempo che c’era ieri avranno lasciato segni di fango, ma secondo me non ce ne sono. Quindi cercano soldi e lo torturano per farsi dire dove li nasconde, magari lui resiste, anzi sicuramente un po’ resiste. Inizialmente nega. E se non li ha veramente? Luiso sorrise, quanto vuoi scommettere? Vieni con me. Uscì dalla cucina e si avvicinò a Diego e gli chiese se sapeva se il padre avesse avuto con lui molto denaro. Diego per la sorpresa di Arrigo, rispose: ha venduto l’altro giorno 30 quintali di soia della precedente raccolta. E non sa dove li teneva? Sì, in sala sul pavimento sotto la poltrona c’è un asse che si solleva, li teneva dentro una scatola di metallo verde. Entrarono in sala e videro la poltrona a gambe all’aria, l’asse del parquet sollevato e la scatola verde tirata in un angolo naturalmente vuota. Vedi? Sti figli di puttana lo sapevano. Usciamo di nuovo che voglio fare due domande a Diego.
Senta, lei come ha scoperto il delitto? Dovevamo vederci questa mattina presto, perché aveva bisogno di una mano per dei lavori in giardino, e si voleva approfittare del fresco che poi diventa un inferno e quindi avrei dovuto essere qui alle sette. Solo che ieri sera ha piovuto ed io ho cominciato a chiamarlo verso le sette e un quarto per dirgli di rimandare perché non ero sicuro che le strade fossero transitabili. Non rispondeva nessuno ed a me la cosa è sembrata strana perché si alza sempre prestissimo alle sei è già in piedi. Quindi mi sono preoccupato e sono corso qui, lui vive da solo. Ha sempre voluto stare nel campo anche adesso che aveva 80 anni non era possibile smuoverlo da questa idea. Lui fisicamente stava benissimo, su questo non c’è dubbio però noi glielo abbiamo detto mille volte di venire in paese. Ma lui no. Questa è la casa dove ha vissuto negli ultimi 40 anni, e nemmeno quando è morta mia madre ha voluto andar via. Quanti soldi aveva con se? Non lo so, sicuramente l’ultima vendita di soia, non credo molti altri. Perché non li ha messi in banca? E chi li mette in banca con il governo che abbiamo? Mio padre l’ultima volta che aveva dei soldi in banca il governo glieli ha dapprima congelati, e poi dato che erano dollari glieli ha cambiati con il pesos svalutato. Sì, me lo ricordo benissimo disse Arrigo, ci abbiamo perso tutti. Meno quelli veramente ricchi, la gente vive con i soldi in casa perché le banche non sono sicure e il primo ladro è il governo commentò laconico il figlio di Nicolas. E questo i malviventi lo sanno, chiosò il Ferrauto. Questi però non sono ladri. Urlò tra le lacrime Diego. Sono delle bestie sanguinarie!
Ci furono momenti di silenzio, Arrigo aveva gli occhi bassi comprensivo, mentre il Ferrauto si guardava intorno inquieto come se stesse cercando di occupare il tempo in qualcosa di utile, infine quando non ce la fece più domandò con voce quasi distratta. Che lei si ricordi ha visto ultimamente cose o persone strane gironzolare qui intorno? No, non mi sembra. E dato che ricevette una risposta continuò perché in fin dei conti quella cosa lì, del ferro che si martella quando è caldo, sarà anche vera. Dove teneva la soia suo padre? Nei silos della cooperativa dove l’abbiamo tutti. Capisco. Proferì il Ferrauto e intanto rimuginava. Guardò Arrigo che a sua volta lo fissava con faccia inespressiva, anche perché il dottore non capiva quel che il commissario asseriva di capire, Luiso fece per dire qualcosa ma gli uscì fuori solo un; vengo subito biascicato tra i denti. Arrigo non rispose e nemmeno si domandò cosa gli era preso ormai abituato alle sue stranezze o presente tali, per cui rimase a consolare Diego, fosse anche solo con la sua presenza.
Il commissario entrò un’altra volta nella cucina, questa volta solo. Un senso di angoscia gli scivolò addosso, com’era diverso stare lì, senza Arrigo. Fissò il cadavere; gli spilli attraversavano le palpebre ed era un lavoro delicato e preciso, sicuramente glielo dovevano aver fatto dopo morto. Spero per lui! L’autopsia avrebbe detto se era nel giusto. Si immaginò la scena: quanto poteva aver resistito? Era sicuro che le torture fossero continuate anche dopo aver scoperto i soldi, erano anni che non gli capitava di vedere un simile grado di violenza, dalla dittatura appunto, quando lui non era ancora commissario e, quelli fortunati, li vedeva uscire dagli interrogatori distrutti, dai colpi dalle bruciature delle sigarette, e dall’elettricità, perché altri direttamente non si vedevano più, spariti. Gettati nel mare, sepolti nelle fosse comuni, bruciati negli inceneritori, infine “desaparecidos” ! Ebbe la fortuna di non dover mai presenziare a nessuna di queste torture, ma le urla che sentiva nei corridoi per molto tempo non l’avevano lasciato dormire. Solo dopo, alla fine del governo militare, tutti, e lui fondamentalmente, si resero conto della devastazione sociale in grande scala che aveva creato questo terrorismo di stato.
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Per anni si sentì addosso un senso di colpa per il fatto di non essersi accorto della gravità della questione, ma non era il solo evidentemente, più di uno doveva essersi domandato; che cosa stavo pensando? E chi si è lavato la coscienza, perdonando i torturatori e chi si è riciclato, rifacendosela la coscienza perché era troppo sporca per lavarsela, e chi oggi ha più di sessanta anni è un potenziale torturatore che ogni tanto qualcuno viene riconosciuto, dalla voce naturalmente, perché le vittime erano tutte bendate. Non è stata fatta giustizia, semplicemente si è steso un velo pietoso e la gente, volle e continua a voler dimenticare, anche lui, ma non sempre ci riesce… fu proprio per questo che se ne andò da Buenos Aires quando finì la dittatura e che terminò in quella piccola cittadina, dato che si era liberato un posto da commissario.
Scosse la testa come per allontanare i cattivi pensieri e ritornò alla realtà che in ogni caso era feroce come i vecchi ricordi. C’era una cosa che non riusciva a capire e cioè quanti erano. Due o tre. Le orme di fango sul pavimento, erano troppo confuse a malapena era riuscito a scovare quella più piccola. Oltretutto gli assassini, non avendo usato armi da fuoco rendevano più difficili le indagini. Con un’arma è più facile, sempre e quando si trovino le pallottole sparate si può risalire all’arma e da lì al proprietario anche se poi ci sono quelle non registrate … in ogni caso si ha una pista. Guardò i mozziconi delle sigarette. Due marche diverse. Tutto indicava che erano due persone. Bene per lo meno sapevano chi cercare; un uomo e una donna, non è che sia molto però era già qualcosa. Guardò di nuovo sul tavolo i piatti sporchi e i bicchieri con ancora un goccio di vino, Avranno mangiato prima di ucciderlo o si saranno seduti a pasteggiare con il morto? La tortura psicologica può essere cominciata prima, magari l’hanno legato e mentre mangiavano hanno cominciato a fargli domande a dargli qualche colpo qua e là a ridere e scherzare sotto gli occhi terrorizzati del Viejo Nicolas, che forse in quel momento pensava ancora di cavarsela con un bello spavento e qualche contusione, o magari aveva anche fatto l’errore di prenderli sotto gamba e di fare il duro…quando si dovette rendere conto che era un topo in trappola? In ogni caso qui c’era qualcosa di più che un semplice furto con assassinio, questi avevano messo in piedi una coreografia macabra il che significa che le loro menti erano tanto ritorte quanto pericolose e imprevedibili.
Questa è la peggior gente da acchiappare, perché non rispondono alla logica che c’è dietro un normale assassinio, perché di quest’ultimi Luiso ne aveva risolti moltissimi, e avrebbe potuto farlo a occhi chiusi. Ma questi sono dei bastardi sofisticati e fino a quando non entri nella loro logica, fare le indagini è come pedalare nel vuoto. Quando uscì disse a Ordoñez di mandare dentro gli uomini per fare le foto e raccogliere le evidenze, prestando attenzione ai mozziconi delle sigarette, ai bicchieri e al palo sporco di sangue. Abbiamo chiamato l’ambulanza signor commissario, arriveranno tra dieci minuti, speriamo che possano passare. Bene, fai portare il corpo alla clinica di Arrigo.
Nel frattempo il posto si era riempito di gente, Luiso ed Arrigo erano saliti sulla camionetta ed erano usciti dal cancello quando improvvisamente il commissario disse: fermati un attimo! Cosa ti sei dimenticato? Niente, però qualcosa non mi torna. Ascolta: questi ieri non se ne sono potuti andare in macchina quindi vuol dire che sono entrati a piedi e a piedi se ne sono andati e non avranno camminato al centro della strada ma al bordo e poi non tanto al bordo perché c’è un fosso anche se non è profondo, quindi con il fango che c’era devono aver lasciato delle impronte e anche profonde. Mentre parlava si toglieva le scarpe e le calze. Che Fai? Vado a piedi e tu mi segui, però non mi voglio rovinare i mocassini. Si rimboccò i pantaloni e sceso dall’auto cominciò a camminare. A volte sprofondava fino al malleolo. Bestemmiava come un turco ma continuava stoico come un soldato di Napoleone al ritorno dalla campagna di Russia. Arrigo lo seguiva da dietro, guardava perplesso il commissario con la sua pelata e i pochi capelli rossi, dietro la nuca, i pantaloni rimboccati fino al ginocchio, che a piedi nudi, con le gambe larghe, avanzava sulla strada con gli occhi inchiodati a terra, ogni tanto si fermava come se stesse annusando qualcosa, c’era in lui qualcosa di buffo. Improvvisamente Luiso incominciò ad agitare le mani. Vieni, vieni, lo sapevo io, guarda qui. Effettivamente c’erano delle orme anche se sembrava che tutti mantenevano lo stesso passo, però ad un certo punto si erano separate e non c’erano dubbi che erano tre persone. Sono tre! Arrigo, sono tre non due! Lo sapevo perché vedi i piatti in cucina erano tre e c’era da supporre che uno fosse del Viejo Nicolas, però in questo caso dovrebbero averlo sorpreso mentre stava mangiando, ma l’altra possibilità era che fossero tre complici, e qui c’è la conferma, poi dopo tu mi dirai se sono nel giusto o no, perché dall’autopsia deve comunque venir fuori se Nicolas ha cenato o no, ma io a questo punto non credo. I bicchieri però erano due, disse distrattamente Arrigo guardandolo dal finestrino. Cazzo sei un guastafeste, vuol dire che uno di loro ha bevuto dalla bottiglia e che cazzo questi sono dei delinquenti non dei lord inglesi. Bene, non ti innervosire che alla tua età ti fa male! Sicuramente hai ragione, però adesso sali in macchina che ce ne andiamo e per favore pulisciti i piedi! Alla mia età una beata minchia Arrigo, sono più giovane di te! Il dottore gli porse un vecchio strofinaccio. Tieni brontolone e pulisciti bene! Sì, mi pulisco tutto quello che vuoi, maniaco! Come fai ad avere la camionetta sempre così impeccabile? La lavo una volta alla settimana. La lavi? Che fiscale! La faccio lavare dal Sanchez alla stazione di servizio vicino alla clinica. Anch’io la faccio lavare lì. Sì, però tu in senso metaforico! Luiso sorrise, gli era tornata una briciola di buon umore. E adesso vediamo se scopriamo dove hanno lasciato l’auto. Arrivarono all’imbocco della strada asfaltata e si fermarono un’altra volta. Devono averla lasciata qui, non c’è altra possibilità. La strada asfaltata era una retta che si inoltrava nel bel mezzo dei campi a una decina di chilometri da lì si trovava il borgo Los Angelitos. Non c’erano alberi né case. Una strada, un fosso e campi. La macchina non si poteva nascondere in nessun posto salvo lasciarla al bordo della strada.
Qualcuno deve averla vista! Disse Arrigo. Sì, qualcuno che stesse rientrando ieri sera in paese. O qualcuno che tornasse a casa sua a Los Angelitos. Vero! Manderò qualcuno dei miei a fare qualche domanda per il borgo tanto lì son quattro gatti non sarà nemmeno un lavoro lungo, e tu chiedi un po’ in giro magari abbiamo fortuna e qualcuno ha visto la macchina se sappiamo modello o colore è già un passo in avanti.
Al ritorno quando Juana aprì la porta rimase a bocca aperta. Il commissario aveva le scarpe in mano e i piedi pieni di fango in parte secco. Non lo guardava nemmeno in faccia. Signor commissario alla sua età come fa a giocare ancora nel fango! Lascia perdere Juana che ci sono brutte notizie, hanno ammazzato il Viejo Nicolas! Mio Dio, però chi? Non lo sappiamo ancora. Accompagna Luiso in bagno che si deve lavare i piedi e fammi preparare la sala per l’autopsia, fra poco sarà qui l’ambulanza. Ci sono state novità? No, Dottore. E si avviò per accompagnare Luiso quando si girò e disse, ha chiamato Mercedes. Ah, bene cosa ha detto? Niente, che richiamerà. Arrigo andò in ambulatorio si stravaccò sulla comoda sedia e mise i piedi sulla scrivania. Non sapeva bene cosa pensare. La scena del crimine l’aveva sconvolto.
Gli aveva riportato alla memoria ricordi dimenticati degli anni della dittatura, quando lui che era un giovane medico che aveva da poco aperto la clinica, si trovò in più di un’occasione di fronte a scelte difficili. A quel tempo il commissario del paese non era il Ferrauto, ma un vecchio che finì i suoi giorni miseramente ucciso in circostanze misteriose, non era un cattiva persona però non erano mai diventati amici forse anche per via dell’età che li separava. Arrigo la prima volta che lo chiamarono gli aveva chiarito che se gli avessero portato qualcuno lui avrebbe dichiarato e conseguentemente firmato solo quello che vedeva, che se loro volevano un referto medico compiacente, che negasse l’evidenza, non avrebbero dovuto chiamarlo. Il vecchio commissario l’aveva guardato con l’aria stravolta, come se non capisse cosa volesse dire. Abbiamo bisogno della collaborazione di tutti, gli aveva detto. La Patria ha bisogno di noi in questo momento. Arrigo aveva chiarissimo in testa che lui per la patria avrebbe fatto qualsiasi cosa, ma che non gli venissero con queste frasi fatte, lui era medico e se anche non appoggiava il gruppo rivoluzionario dei Montoneros, meno ancora era d’accordo con i metodi della dittatura militare, di torture e sevizie non ne voleva sapere e se non poteva fare nulla per evitarlo, perlomeno non voleva essere complice di quella macabra farsa.
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La posizione che aveva assunto era difficile da sostenere, si parlava di lui e del suo rifiuto a collaborare. Ogni volta che per espletare il suo lavoro di medico legale andava al commissariato si sentiva osservato in modo strano, tutti gli parlavano come se lui fosse un appestato. Non molto lontano di lì ad Selanares, dove lui andava ogni tanto a visitare dei pazienti, in un vecchio bar in disuso vi si erano stabiliti tre o quattro tizi, sicuramente appartenenti al governo, ma senza uniformi, la mano non ufficiale della dittatura. Vivevano praticamente dentro il bar o nel caseggiato sopra, non lo sa bene, però tutte le volte erano lì. Si raccontava che per la maggior parte del tempo, dato che non lavoravano, se la passavano seduti a bere e a giocare alle carte con le armi sfacciatamente appoggiate sul tavolo. Andavano poi in un campo lì vicino a praticare tiro al bersaglio, tiratori eccezionali qualcuno li ha visti giocare con una vecchia latta del caffè, una volta tirata in aria scendeva solo quando loro avevano svuotato i caricatori. Il leader di questo gruppetto era uno, alto, magro con il viso butterato dal vaiolo, o così sembrava e dal naso aquilino, lo chiamavo il Manco, per via del fatto che non aveva il braccio sinistro. Nel complesso una figura inquietante.
Una volta l’avevano fermato in macchina, bloccandolo in mezzo alla strada, giravano sfrontatamente armati. Aveva tirato giù il finestrino e il Manco gli si era appoggiato con il gomito sulla macchina e si era acceso una sigaretta gettandogli il fumo in faccia. La situazione non prometteva niente di buono. Dove va dottor Plozt? Lo conoscevano bene, sapevano chi era, ed era chiaro che la sua attitudine rispetto ai torturati non piaceva. Arrigo aveva una pistola d’ordinanza perché in effetti come medico legale era come se appartenesse alle forze dell’ordine, però in nessun momento pensò di usarla. Che avrebbe potuto fare? Cercò di mantenere la calma e disse che stava andando a fare delle visite a dei pazienti il che poi corrispondeva alla realtà. Il Manco aveva una voce roca e profonda e i suoi occhi non esprimevano nessuna scintilla d’intelligenza ma solo una feroce astuzia. Pazienti, e sì, però mai come noi, che siamo fin troppo pazienti … un giorno potremmo aver bisogno di lei … della sua collaborazione e spero che non ci faccia perdere la pazienza, dottore!!
Lui non aveva aperto bocca, semplicemente si era guardato intorno e aveva constato che la strada era deserta, faceva caldo, erano le due del pomeriggio, avrebbero potuto farlo fuori senza testimoni scomodi. Per un attimo pensò che l’avrebbero fatto. Infine dopo l’ultima boccataccia di fumo il Manco gli disse: che passi una buona giornata dottore! Più che un saluto sembrava una rasoiata.
Una notte gli erano capitati in clinica, avevano in macchina uno di loro ferito da un’arma da fuoco, volevano che lo curasse ma non volevano che lui facesse denuncia del fatto. Arrigo capì immediatamente che il ferito aveva bisogno di cura ma non era grave. Improvvisamente ebbe paura però si sorprese dicendo che lo avrebbe curato ma avrebbe riportato il caso. Il Manco non disse nemmeno una parola estrasse l’arma e gliela punto sulla tempia; sappiamo benissimo di questa sua attitudine molesta, però è ora di collaborare … Arrigo pensò che la sua vita finisse in quell’esatto momento … si ammutolì, non sapeva bene cosa fare, solo che loro scambiarono questo silenzio in un ostinato rifiuto … lo maledirono, lo minacciarono però se andarono.
L’aveva passata liscia ma non troppo, a Cerillos non aveva più coraggio di andare, e ogni volta che doveva fare qualche lavoretto nelle sua proprietà in campagna, scendeva ad aprire il cancello armato, guardandosi intorno come un fuggiasco. Aveva smesso di vivere tranquillo. Un giorno mentre si recava all’ospedale di Junin, la città che si trovava circa un centinaio di chilometri, in una curva senti colpi di arma da fuoco, istintivamente abbassò la testa e schiacciò sull’acceleratore, gli tremavano le gambe si fermò solo dopo essere arrivato in città, scese dall’auto e vide tre buchi sulla fiancata destra delle carrozzeria. Era scappato miracolosamente all’agguato o semplicemente non avevano voluto ucciderlo? Non lo seppe mai. Con il tempo questi disgraziati se ne andarono, la dittatura finì e rimasero solo dei brutti ricordi che ogni tanto affioravano come vecchi fantasmi…