Nato
Dunque è sua madre.
Questa piccola donna.
Artefice dagli occhi grigi.
La barca su cui, anni fa,
lui approdò alla riva.
è da lei che si è tirato fuori
nel mondo,
nella non-eternità.
Genitrice dell’ uomo
con cui salto attraverso il fuoco.
É dunque lei, l’ unica
che non lo scelse
pronto, compiuto.
Da sola lo tirò
dentro la pelle a me nota,
lo attaccò alle ossa
a me nascoste.
Da sola gli cercò
gli occhi grigi
con cui mi ha guardato.
Dunque è lei, la sua Alfa.
Perché mai me l’ha mostrata?
Nato.
Così è nato anche lui.
Nato come tutti.
Come me, che morirò.
Figlio d’ una donna reale.
Uno giunto dalle profondità del corpo.
In viaggio verso l’ Omega.
Esposto
alla propria assenza
da ogni dove,
in ogni istante.
E la sua testa
è una testa contro un muro
cedevole per ora.
E le sue mosse
sono tentativi di eludere
il verdetto universale.
Ho capito
che è già a metà cammino.
Ma questo a me non l’ ha detto,
no.
“Questa è mia madre”
mi ha detto soltanto.
Wislawa Szymborska, Nato (La gioia di scrivere, Ed Adelphi)