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di Gian Carlo Zanon
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Parafrasando Leopardi, potremmo affermare che la natura è “matrigna” perché non protegge i propri figli, perché non riconosce i propri figli ovvero coloro che la rispettano: quando reagisce al male che i suoi figliastri, ovvero gli esseri umani colpevolmente inconsapevoli o colpevolmente consapevoli che la devastano, non fa distinzione tra “figli e figliastri” e nella sua furia cieca uccide sia i figli che responsabilmente la proteggono sia i figliastri che irresponsabilmente la feriscono, la oltraggiano, la abbruttiscono , la distruggono.
Ovviamente la natura, scusate il gioco di parole, per propria natura non sa dell’esistenza degli esseri umani. Quando reagisce – per esempio nel caso di un fiume che avendo subito un intervento di tombatura inadeguata, nel caso di un nubifragio, inonda la città distruggendo e uccidendo – lo fa “inconsapevolmente”. Le sue reazioni sono fisiche, chimiche ecc. e quindi appartengono alla materia, alla natura non umana, non c’è un pensiero immateriale a monte di eventi naturali.
Quindi il nemico per il genere umano non è la natura, ma chi con la sua impronta antropica non più sostenibile, più o meno inconsapevolmente, più o meno scientemente la modifica danneggiandola.
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Se fino a pochi decenni fa parole, locuzioni e concetti come “insostenibilità”, “difesa dell’ambiente”, “inquinamento atmosferico,” “buco nell’ozono”, “aumento della temperatura terrestre”, “espropriazione criminale di suolo e risorse”, “cementificazione selvaggia”, “distruzione dei tessuti sociali”, “migrazioni dovute alla siccità e/o all’impoverimento del suolo”, “responsabilità alimentare”, “consapevolezza sociale/ ambientale”, ecc. non erano ancora entrati nella consapevolezza di vasti strati della popolazione mondiale, oggi non è più così.
Oggi questi vocaboli/concetti sono conosciuti un po’ da tutti… il problema sta casomai sta nell’annullamento a cui parole, pensieri, concetti che definiscono l’impronta antropica negativa, sono sottoposti per ragioni utilitaristiche, e/o per paura di quanto sta accadendo al pianeta terra: il famoso struzzo che quando avverte il pericolo immerge la testa nella sabbia, è l’immagine ideale. Siamo arrivati al punto di vedere stampate su milioni di confezioni di pesce in scatola o surgelato, cialtronerie come “pescato in modo sostenibile” SIC. E tutto ciò accade con il bene placido di famose griffe ecologiste che svendono i loro marchi. In questo modo il cittadino, volutamente inconsapevole, comprando il pescato sostenibile si sentirà “molto ecologico”, e preferirà non sapere che, per esempio, nella pesca del tonno di usano metodi distruttivi, come i palamiti e le reti a circuizione con FAD, che causano ogni anno la morte di migliaia di esemplari giovani di tonno, squali, mante e tartarughe marine.
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Questi vocaboli/concetti “ambientalisti”, unendosi, vanno di volta in volta a formare una narrazione che in questi anni va via via sviluppandosi dando vita a un sapere diffuso anche perché viene sostenuto da una consapevolezza sviluppatasi anche in termini empirici sia per la percezione diretta di fenomeni “naturali” devastanti, sia per la spinta movimentalista come quella creata di Greta Tumberg con i “Venerdì per la Natura” .
Nessun essere pensante e intellettualmente onesto può continuare a negare che l’impronta antropica di nove miliardi di individui è già insostenibile sia dal punto di vista sanitario, vedi malattie mortali dovute all’inquinamento dell’aria e alla prossimità con animali selvatici, sia dal punto di vista umanitario e sociale: vedi le migrazioni dovute alla siccità, alla carenza alimentare, ecc..
Negazione della realtà vissuta in modo caotico per la gestione di un sistema economico neoliberista capace di intervenire a malapena solo sui sintomi ma incapace di intervenire sulle cause dovute al paradigma economico stesso, che se non viste e fermate, porteranno al collasso della civiltà.
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Un altro grave problema è quello di chi, pur credendosi ambientalista, coglie solo alcuni aspetti dell’insostenibilità annullandone altri: per esempio molti “ambientalisti” che si occupano della difesa del suolo e/o della raccolta dei rifiuti non si occupano dei propri stili di vita alimentari e viceversa; esemplari sono anche quegli amministratori che danno al loro comune un’impronta ecologica con un’ottima raccolta differenziata ma poi ignorano completamente il consumo del suolo e i problemi idrogeologici che possono insorgere qualora la natura venga usata senza tener conto delle conseguenze.
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Il problema ambientale deve essere quindi essere adottato con una modalità olistica senza cadere “nell’oligofrenia” di chi pianta gli alberi in città “ignorando” che in un altra zona poco distante vengono abbattuti alberi per far posto alle coltivazione di alimenti per animali la cui carne, latte e derivati vengono abbondantemente consumati da chi nella “giornata nazionale degli alberi” si fa promotore o ecologista per un giorno. Questi sono comportamenti dissociati e socialmente dissocianti.
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Se gli esseri umani non cambieranno in fretta e drasticamente il proprio stile di vita confrontandolo sempre consapevolmente – con onestà intellettuale e con interesse reale per la qualità dell’umanità – con l’impronta che i propri comportamenti determinano contro la natura, democrazie, democrature, canati, regni, stati, ecc. uno dopo l’altro imploderanno creando società distopiche umanamente non sostenibili.
Chi difende la natura consapevolmente e umanamente, difende gli esseri umani per il semplice fatto che gli esseri umani senza ciò che dà loro la natura non sopravvivono.
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8 gennaio 2022