• Allarme psicofarmaci: la “cultura della droga” e il “lato oscuro” dell’industria farmaceutica

      0 commenti

    di Gian Carlo Zanon

    Se esiste un territorio “ancora inesplorato” questo è sicuramente il pensiero umano: dove nasce, come si genera, quando ha inizio, e soprattutto cos’è, sono domande universali a cui molti hanno dato risposte che però o erano completamente sbagliate, o nelle migliori delle ipotesi erano parziali.

     

    Nel corso della storia la realtà umana inconscia, che è a tutti gli effetti un pensiero “invisibile”, è stata interpretata come anima immortale  e/o trasmigrante, da filosofi e teologi; o come scaturigine umorale da Ippocrate e Galeno e quindi chimica celebrale da solerti organicisti “dalla pasticca facile”; oppure come tavoletta di cera da plasmare culturalmente o se volete come l’hardware di un computer in cui inserire dati e programmi da elaborare da sociologhi e psichiatri esistenzialisti.

     

    Per la psicanalisi freudiana la realtà umana è una specie di discarica di rifiuti in cui si accatastano i propri vissuti rimossi dal pensiero cosciente, perché questi altrimenti perturberebbero il vivere sociale e la morale dell’individuo. Per Sigmund Freud l’inconscio altro non è quindi che melma maleodorante occultata di cui al più, nei momenti di sonno della ragione, ci giungono i suoi mefitici bagliori.

     

    Per l’antipsichiatria esistenzialista, di cui Basaglia è un degno alfiere, l’inconscio semplicemente non esiste, è solo una ideologia borghese, che serve al potere per dominare. Il deviante, l’eretico altro non sarebbe altro che uno uomo che ha trovato la propria libertà. Ovviamente per questi signori, ça va sans dire, non esistendo il pensiero inconscio non esiste la possibilità che questo pensiero si ammali. Per questi signori i malati di mente non sono malati di mente ma individui che hanno deliberatamente scelto di uscire dal pensiero comune e sociale per vivere liberamente la propria heideggeriana “autenticità dell’essere”.

     

    C’è anche però che è uscito indenne da questa cultura, che come in insalata mista mescola metafisica e organicismo, giungendo a concretizzare teoria psichiatrica la quale è in grado di definire sia la genesi del pensiero umano alla nascita, sia il suo divenire attraverso i rapporti interumani, sia il suo, a volte, ammalarsi a causa di rapporti umani deludenti, sia, in questo ultimo caso, la sua possibilità di cura e di guarigione.*

     

    «Nei primi anni di vita dopo la nascita, – scrive la psichiatra infantile e dell’adolescenza Maria Gabriella Gatti su Left del 23 febbraio ancora in edicola (La trappola letale degli psicofarmaci) – quando per ciascuno di noi inizia l’attività di pensiero, si realizza un processo di sviluppo estremamente complesso che nell’uomo ha caratteri specie specifici: l’equilibrio psicofisico viene messo in crisi di continuo in un movimento che tende a un livello di maturazione più alto attraverso nuove fasi di trasformazione. La vitalità che emerge alla nascita è cimentata ad affrontare difficoltà crescenti e a consolidarsi nelle relazioni con gli adulti. Il processo di sviluppo può andare incontro a rallentamenti, più o meno temporanei e risolvibili spontaneamente per la capacità di reagire e la vitalità del bambino. In altri casi si hanno veri e propri blocchi: si entra allora nel circuito della coazione a ripetere che persistendo porta alla malattia che in relazione ad una molteplicità di fattori, a volte si manifesta precocemente addirittura nei primi anni di vita con sintomi caratteristici, in altre circostanze si palesa nell’adolescenza se non addirittura nell’età adulta. L’infanzia è comunque sempre implicata nell’eziopatogenesi come ben sanno tutti coloro che si occupano di psicoterapia e per questo motivo è importante cogliere i primi segni della malattia per mettere in atto un intervento precoce che ne eviti la cronicizzazione. La ricerca psichiatrica ha chiarito che non esiste una correlazione lineare fra sintomaticità e gravità della patologia.»

     

    Ora di fronte a una patologia, che si palesa con un sintomo, che spesso è una richiesta di aiuto del bambino o dell’adolescente malato, come reagiscono le diverse scuole di pensiero?

    Generalizzando ovviamente, il freudiano ortodosso parlerà di un “rimosso” che emerge per l’incapacità del super-Io di tenerlo a bada; il basagliano convinto, come  fece il loro maestro Ludwig Binswanger  che dava il veleno a chi voleva suicidarsi (leggi qui), lascerà che il richiedente aiuto affoghi nell’angoscia o nel suicidio: “se è questo che vuole perché non permettergli di realizzare liberamente la propria heideggeriana autenticità dell’essere?”

    Infine lo psicoterapeuta organicista che ha, per usare un eufemismo, “ottimi rapporti con le case farmaceutiche”  interpreterà il sintomo come una disfunzione organica non farà altro che dare una sostanza psicotropa per tenere sotto controllo il sintomo: una pillola calmante o eccitante. Questo perché, scrive la psichiatra, essi hanno . «L’idea di una predisposizione costituzionale alla malattia mentale – che – è sempre esistita nella medicina anche se attualmente essa viene espressa con il linguaggio delle neuroscienze.»

     

    Quindi gli psichiatri organicisti non faranno altro che dopare il bambino o l’adolescente  anche se dovrebbero sapere che i  «Soggetti che ricorrono precocemente a sostanze psicotrope – come afferma nell’articolo la neonatologa e psichiatra M.G. Gatti – ritenute idonee a “curare” un numero sempre crescente di disturbi come l’Adhl e l’autismo, sono suscettibili di farne uso per tutta la vita: è “la cultura della droga”, profondamente infiltrata nella nostra società, che l’industria farmaceutica finanzia nell’ambito della psichiatria con conseguenti ingentissimi profitti economici.»

    Si crea la dipendenza alla sostanza psicotropa/droga, chiamandola psicofarmaco, et voilà les jeux sont faits.! Il cliente è servito per la vita…

     

    «In quest’ultimo caso – conclude la psichiatra M.G Gatti – è la cultura che va messa sotto accusa e modificata perché quando si dice che lo psicofarmaco “cura” ci manda un messaggio sbagliato, ben preciso: la droga o gli psicofarmaci, cioè le sostanze psicotrope, vi possono rendere sani e felici.»

     

    *Mi riferisco alla Teoria della Nascita di Massimo Fagioli

     

    27 febbraio 2017

     

    ARTICOLI CORRELATI

     

    http://www.igiornielenotti.it/tag/psicofarmaci/

    https://left.it/2017/11/26/allattamento-una-questione-di-sensibilita/?utm_content=buffera14fe&utm_medium=social&utm_source=facebook.com&utm_campaign=buffer

    http://simonamaggiorelli.com/2009/07/24/maria-gabriella-gatti-%C2%ABil-feto-unesistenza-senza-sogni%C2%BB/

    Scrivi un commento