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di Gian Carlo Zanon
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Castiglione delle Stiviere, dal diario del 24 novembre 2017
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Ricordo… stavo al gruppo di lettura… l’argomento era il libro di racconti In fuga di Alice Murlo. C. mi chiese di spiegare il motivo per cui mi era piaciuto tanto quel libro. Era una sfida?. L’accettai. Pronunciai per la prima volta “complessità” avendone chiaro non solo il significato ma anche il senso.
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Sono sempre stato troppo tranchant nel giudicare i rapporti interumani e Alice Murlo, dissi, mi ha aperto le porte alla loro complessità. Non parlo di sfumature, no, parlo piuttosto di sfaccettature, di tessere di un mosaico in divenire perpetuo, del rapporto come il farsi di un tessuto posto sul telaio dell’esistenza i cui fili della trama e dell’ordito, che vanno intersecandosi, sono le dinamiche interpersonali anche minime che si accampano nel ricordo e nella memoria … e che poi saranno parte integrante della nostra identità/realtà umana cosciente e inconscia.
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Ecco, si … il rapporto interumano, in particolare, e il rapporto tra individuo e realtà universale in generale, dopo aver letto Alice Munro, lo penso ora come diamante sfaccettato. Più il rapporto è ricco, più le sfaccettature aumentano.
Lo immagino anche come un mosaico in divenire nel suo continuo dipanarsi dalla massa “caotica” di un pensiero ancora indefinito per poi trasformarsi in una materia/pensiero percepibile e ordinata come un gomitolo, come può esserlo la scrittura.
Ed infine il rapporto sconfinato con l’altro da me che esiste oltre gli indefiniti confini del mio essere, lo vivo, lo avverto – quasi “lo percepisco” – come un tessuto prezioso in cui la trama è l’aorgico che disunisce e l’ordito è l’organico che unisce e struttura. Aorgico-organico, Kaos-Kosmos in continuo conflitto e perpetua dialettica tra loro.
Senza questa dialettica tra gli enti non esisterebbe neppure la realtà. Senza separazione e agglutinamento la vita stessa non esisterebbe. La separazione tra le cose che esistono, materiali e “immateriali”, crea una tensione verso una fusione organica; la fusione strutturata crea una tensione verso la separazione.
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Quest’ordine, che è identico per tutte le cose, non lo fece nessuno degli Dei né gli uomini, ma era sempre ed è e sarà fuoco eternamente vivo, che secondo misura si accende e secondo misura si spegne.
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Questo accade nel microcosmo che determina l’esistenza del macrocosmo. È legge atomistica e legge interna al pensiero umano che cerca il suo divenire e la propria realizzazione nelle infinite dinamiche di incontro-separazione . Pensiero umano che per leggi primordiali di necessità deve giocoforza passare attraverso quella pulsione che annulla il reale e, sfidando il caos, creare la possibilità di rapporto interumano che per il neonato è “speranza certezza” dell’esistenza di un altro da sé con cui creare una dialettica di separazione-fusione che darà senso alla propria esistenza.
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Queste sono le leggi della natura che regolano – attraverso pólemos che separa e nemesis che riequilibra e ridistribuisce – le relazioni tra un’esistenza e un’altra esistenza evocate da Antigone «(…) leggi non scritte e incrollabili degli dei. Non soltanto da oggi né da ieri ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando» Leggi universali valide per tutti gli enti. Leggi presenti nel macrocosmo dell’universo come equilibrio siderale e nel microcosmo come fulcro dell’identità dell’essere umano. Leggi che riecheggiano nel frammento 119 di Eraclito: Ethos anthropoi dàimon, che potremmo tradurre così «La realtà interiore per l’essere umano è legge».
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… ecco, a questo stavo pensando … nel mito greco, come nelle narrazioni bibliche, è la natura femminile che rappresenta la complessità, il divenire e il movimento del pensiero … e basta osservare un uomo davanti al televisore mentre decima i propri neuroni tifando per la propria squadra del cuore e l’immagine fugace di una donna assorta davanti a una finestra, per capire chi dei due generi ha dato e continua a dare impulso alla bellezza e alla civiltà… nonostante una violenta millenaria oppressione patriarcale e machista.
Come scrive Eva Cantarella nel suo saggio Itaca – Uomini, donne, potere tra vendetta e diritto:
da una parte c’è il Kósmos/ordine divino e “civiltà dei padri”, rappresentato dalle «donne oneste» e sottomesse al ruolo imposto dall’ambiente sociale, vale a dire «le mogli e le donne destinate a diventare mogli: le figlie e le sorelle del capo della casa», donne come Penelope ecc. ecc.; dall’altra il Kaos/disordine, la barbarie, il disordine, – personificato dalle «donne seduttrici, donne libere, autonome al punto da vivere sole, belle e invitanti, ma mortalmente pericolose»: Circe, Calipso, ma anche in altro modo Nausicaa.
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Ma ciò che chiamiamo kaos dandogli solo un’accezione negativa, è solo un momento, un segmento di tempo, un divenire del reale, una tensione verso la fusione degli elementi senza la quale la vita stessa non esisterebbe: l’acqua è la fusione di due elementi, ossigeno e idrogeno ma senza il suo “disorganizzarsi” per divenire altro, ghiaccio, vapore acqueo, linfa vegetale, ecc. ecc., senza il suo disaggregarsi tornado agli elementi primari, trasformandosi e agglutinandosi mutando forma, aspetto, qualità, la vita come noi la conosciamo non esisterebbe.
È questa la legge universale. Una legge che separa e fonde. Una legge che regola il macrocosmo dell’universo e che regolerebbe il microcosmo individuale e umano se gli esseri umani uscissero dal tunnel metafisico, ovvero dalla negazione della realtà vera, profonda, molteplice, sfaccettata. A queste leggi naturali e universali , «(…) le leggi non scritte e incrollabili degli dei» (dei ctoni e sotterranei che rappresentano contenuto e movimento del vivente) forse per la loro stessa natura di genere, le donne aderiscono. Vi aderiscono molto di più di quanto lo faccia il maschio della specie ottenebrato dalla ragione religiosa e ideologica.
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Quand’è che l’uomo ferisce, umilia, uccide, la donna? Quando il suo “equilibrio perpetuo” che è innaturale – e lo tiene in piedi come fa una stampella con una persona diversamente abile – viene fatto traballare da chi “sa” che ciò che non cambia muore. E la donna quasi sempre lo sa perché essendo legata alle leggi della natura partecipa al farsi delle realtà. Lo ha fatto per almeno tremila anni in silenzio facendo credere all’uomo di essere un mero oggetto passivo e impartecipe.
Partecipare e non opporsi al farsi della realtà, significa non aver perduto la capacità di vivere insieme ad un altro essere umano uguale e diverso da sé, per poi tornare nel Kaos esistenziale non inteso come momento negativo ma come un tempo più o meno lungo di solitudine creatrice. Per poi tornare ricreando l’istante primario e solitario, anche se caotico e indefinito, senza annullamenti e conservando la “fantasia ricordo” dei propri vissuti di rapporto per poi ricreare sé stessi armati di “fantasia di sparizione” che permette una separazione affettiva da quella forma e da quei contenuti di rapporto presenti e non più “umanamente compatibili”. Non più “umanamente compatibili”, perché i confini mentali del sé si sono ampliati. Si sono ampliati perché l’infinito è li fuori e ci chiama …
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Chi umilia, ferisce, uccide, lo fa perché non sopporta il divenire della realtà, esclude sé stesso dal macrocosmo universale e dalle leggi della natura, e diventa innaturale … disumano …
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