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3 Novembre 2022 02:13
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di Gian Carlo Zanon
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Agli informatori mediatici un divin Pasolini, ucciso dal “marchettaro di turno” che aveva aggredito e ferito a bastonate prima di essere a sua volta ripagato di ugual moneta e poi sfortunatamente ucciso dalla macchina guidata da un ragazzo di vita diciassettenne, che di nome faceva Pino Pelosi, serviva a ben poco.
Meglio, molto meglio, lasciare che il dubbio rimanesse perenne ad animare fantasticherie complottistiche poi stampate sulle pagine dei giornali e/o postate in rete.
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Meglio, molto meglio far stampare libri con “l’ultima verità vera sul delitto Pasolini” e robaccia del genere dove intingere il credo in cui ognuno in tutti questi anni ha alienato il ‘proprio Pasolini’ creato a propria immagine e somiglianza.
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Meglio, molto meglio lasciare di Pasolini una immane immagine culturale che riempisse le casse degli editori e le aule universitarie in cui un corso su questo “genio del novecento” non manca mai. Eccimancherebbe!!!
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Qualche giorno fa l’ennesimo commento sul mio articolo “Pasolini. L’uomo, l’artista, l’intellettuale … il misogino e il pedofilo era stilato da uno di questi devoti pasoliniani il quale non trovava di meglio da fare che definire il mio scritto come un qualcosa «intriso di tanti paroloni e presunzione». Poi se la prendeva con la definizione di pedofilia ecc. ecc.. Insomma un classico.
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Nella lettera Mister X parlava di sé dichiarandosi un diciassettenne semiturbato dalla morte di «Pino Pelosi che mi ha scosso leggermente.» Inoltre affermava che fa normalmente sesso con adolescenti: «Le dirò di più, io ho diciassette anni e come tanti altri adolescenti (non preadolescenti) facciamo sesso con maggiorenni. È una cosa normalissima.»
Mister X, forse per una reminiscenza oratoriale, definiva la prostituzione “immorale”: «Personalmente non trovo immorale il sesso con efebi e ragazze giovani, d’altronde è stato sempre normalissimo dai tempi antichi, ma troverei immorale la prostituzione.»
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Francamente non penso che il Mister X in questione abbia diciassette anni: il suo scritto, a mio giudizio, è troppo “particolare” per esser stato scritto da un diciassettenne. Penso piuttosto che il commentatore sia una persona ben adulta che voglia dimostrare, pro domo sua, quanto sia normale per un diciassettenne far sesso omosessuale con un adulto. Chi volesse leggere la sua lettera per intero la può trovare (qui) alla fine dell’articolo, in fondo ai commenti.
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Ovviamente, con Mister X, mi dichiaro d’accordo con “l’immoralità della prostituzione”, che io definirei piuttosto una violenza ignobile su una persona costretta a prostituirsi, o per ragioni economiche, o per servaggio psicologico, o, peggio, in modo coatto da persone che obbligano con minacce di morte alla prostituzione giovani donne tanto ambite dai bravi padri di famiglia che alla domenica vanno a messa.
Mi spiace sporcare l’immaginetta sacra a Mister X e alla maggior parte dei cultori pasoliniani, ma quel rapporto tra Pelosi e Pasolini fu un rapporto mercenario. Lo dice chiaramente Pelosi nelle tre interviste riandate in onda il 24 luglio scorso.
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Nella prima intervista, quella del 1994, parla di «cifra pattuita» di un «ti regalo qualche cosa». Però, fregandosene dell’incoerenza, Pelosi nell’intervista dice che lui non si prostituiva e che per lui essere un “ragazzo di vita” non significa essere un marchettaro ma uno «scampanato». Pelosino, questo era il suo nomignolo negli luoghi preposti, per quanto riguarda gli slittamenti semantici, era un vero genio.
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Nella seconda intervista, maggio 2005, dice che gli accordi erano: «qualche toccatina per ventimila lire».
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Nella terza intervista, e siamo nel 2014, lui non incontra, come nella prima versione, Pasolini per caso. Qui la mito-cronaca dei fatti, ormai trasformata da Pelosi in una fiction, dice che Pelosino è un “mediatore” che da tempo frequenta Pasolini e che lo porta al fatale incontro all’Idroscalo di Ostia per metterlo in contatto con chi doveva restituire le bobine del film Salò trafugate dai ‘soliti ignoti’.
Da ciò che si evince dalle parole sconclusionate del Pelosi, già che c’erano, una cosa tira l’altra e Pasolini attua un rapporto orale sul diciasettenne. Poi arrivano tre uomini: due pestano a sangue Pasolini e il terzo Pelosi con un bastone. Lo stesso bastone usato nella prima intervista da Pasolini per colpire il ragazzo.
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Il finale delle tre versioni è sempre lo stesso: Pelosi in modo rocambolesco riesce a divincolarsi dalle mani del carnefice, che cambia volto e nome ogni volta, salta sulla macchina di Pasolini e accidentalmente lo schiaccia provocandone la morte.
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In questo Rashōmon, mandato in scena nella trasmissione Storie Maledette dalla “signora del noir televisivo” Franca Leosini, Pelosi rimescola le carte come un baro da quattro soldi tenendo però sempre presente dati inconfutabili della scientifica, come l’autopsia, che parlano di:
a) rapporto orale praticato dal Pasolini sul Pelosi;
b) ferite varie provocate da “qualcuno” sul Pelosi e da “qualcuno” su Pasolini; (nella prima versione Pasolini picchia Pelosi e poi Pelosi picchia Pasolini)
c) schiacciamento, che causò la morte, con l’automobile del Pasolini da parte del Pelosi: il diciasettenne fu fermato pochi minuti dopo il crimine mentre guidava quella macchina contromano sul litorale di Ostia;
d) le tracce lasciate nel luogo del delitto.
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Tutto il resto, come nel celeberrimo film di A. Kurosawa, è relativo perché lasciato alla fantasia sfrenata di Pino Pelosi che ogni volta narra uno svolgersi dell’accadimento delittuoso in modo diverso. Solo che in questo caso è sempre l’omicida a narrare le tre versioni andate in onda il 24 luglio scorso.
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D’altronde, come affermato da Pelosi nell’intervista del 2014 e riandata in onda pochi giorni fa, «La verità ha un tempo».
Una bella frase che un addetto ai lavori indicherebbe come un indizio di schizofasia, ma che per Pelosi aveva un significato ben chiaro: la verità muta attraverso il tempo perché alla gente che manovra l’informazione mediatica serve ogni volta, per motivi utilitaristici, una nuova verità che si attagli al pubblico che segue le mode culturali del momento.
A questo proposito è molto interessante l’atteggiamento della “intervistatrice” che ogni volta cerca “una verità nuova”. Lo fa soprattutto nella prima “intervista” in cui tenta in ogni modo di far dire a Pelosi non la verità obiettiva, neppure la sua verità soggettiva… la verità che la conduttrice vuole è quella “giusta” da mandare in onda, ovvero: Pasolini è stato trascinato in un tranello e scientemente assassinato da chi voleva mettere a tacere la sua voce vaticinante che tutto sapeva, che tutto prevedeva, che tutto diceva al popolo che, ovviamente, non lo capiva.
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Ma la verità su P.P. Pasolini, sulla sua “moralità”, sul morire squallidamente del “sommo poeta” a causa di un rapporto violento con un ragazzo di vita, è un’altra. La verità vera si avvicina molto alla prima narrazione del 1994 che Pino Pelosi, nonostante l’intervistatrice tentasse di fargli dire tutt’altro, ha dato alla storia. Le motivazioni delle sentenze di II grado e finale parlano chiaro e differiscono solo in alcuni dettagli a mio avviso trascurabili.
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Poi, dato che «la verità ha un tempo», piano piano Pelosi ha capito “il gioco delle parti” e – seguendo il mainstream culturale e mediatico – vi ha aderito completamente cambiando e ricambiando la versione sui fatti.
Ma – e la Storia con la S maiuscola ringrazia – Pino Pelosi era un pessimo attore di avaspettacolo imboccato da registi più che mediocri.
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26 giugno 2017
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