–
di Giulia De Baudi
–
La storia del pensiero non ha mai avuto un percorso lineare. La credenza religiosa, da sempre nemica giurata della vera ricerca, si è sempre contrapposta all’evoluzione del pensiero euristico sin da quando i filosofi della natura cercarono di definire la realtà affrancandosi dalla religione che pretendeva di spiegare l’esistente, l’essere e il divenire dell’esistente, con favole e miti.
Con la consacrazione a religione di stato del cristianesimo (1) la ricerca sulla natura della realtà naturale ed umana fu proibita perché tutte le risposte erano contenute nei “sacri testi”: «È infatti di per sé un crimine indagare quanto è illecito, tentar di conoscere quanto è nascosto, osare quanto è vietato, interrogarsi sulla fine del benessere di un altro». Scriveva nel 392 d. C. l’imperatore Teodosio ai suoi prefetti. (2)
Con il positivismo ottocentesco, e lo scientismo, la ragione illuminista si illudeva di aver vinto definitivamente l’oscurantismo religioso che impediva la ricerca epistemologica. Ma le cose non stavano e non stanno propriamente così visto che in piena era postmodernista ciò che era stato gettato dalla finestra è rientrato dalla porta spalancata dalla potenza economica del Vaticano. Si potrebbe dire che ciò che non riuscì al Cristo del messaggio evangelico riuscì al Plutone del potere economico. Oggi migliaia di medici che hanno fatto il giuramento di Ippocrate, in nome del dogma religioso, che fissa l’istante in cui un grumolo di cellule illuminato dal lampo divino diventa persona, decidono di indossare il camice di “obiettore di coscienza” per non rinunciare alla carriera nelle istituzioni ospedaliere di proprietà vaticana o gestite da cattolici. Nella regione Lazio la percentuale degli obiettori si aggira intono al 75% superata da Molise e Basilicata che superano l’85%. (fonte Internazionale febbraio 2016)
Il 29 maggio 2016, il cardinale Gianfranco Ravasi, dalle pagine del Sole 24ore, ha lanciato un appello al mondo scientifico – che ancora resiste, sulle barricate del buon senso, alle bordate della religione cattolica contro le donne che abortiscono definendole assassine – invitandolo a un compromesso tra “delirio religioso e realtà scientifica”. (3)
Ravasi titola la pubblicazione sul Sole24Ore: La fede nell’era della scienza- La ricerca della verità empirica può convivere con la ricerca teologica così come in musica linee melodiche diverse possono armonizzarsi. Ma che c’azzecca la verità empirica e/o religiosa con la musica? Ma andiamo avanti ch’è meglio… dal titolo dell’articolo, che recensisce l’opera letteraria del teologo Giuseppe Tanzella-Nitti, si comprende dove il cardinale voglia andare a parare: «il tema della ricerca – scrive Ravasi – è appunto la “credibilità” del cristianesimo, una credibilità non appesa alla mera adesione fiduciale – pur rilevante e per molti versi decisiva come ultimo gradino dell’ascesa al Dio trascendente – ma sostenuta anche dalla stessa razionalità. Anzi, ad essere coinvolto è soprattutto un settore specifico di questa razionalità.» Quale sia poi “questa razionalità” non viene specificato!
Questa apologia del cardinale in difesa della “verità” della menzogna, già si infrange sulle muraglie della stessa ragione che egli vorrebbe usare per dimostrare non ai credenti – quelli sono già sufficientemente ottenebrati dalla “mera adesione fiduciale decisiva come ultimo gradino dell’ascesa al Dio trascendente” – ma ai laici che pervicacemente resistono a tutta una serie di «progetti per convalidare la credibilità della fede cristiana.» SIC
Progetti portati avanti da chi, come Giuseppe Tanzella-Nitti, dice il cardinale, è dotato di una «sensibilità – scrive Ravasi – che è possibile ora a un teologo che è stato anche scienziato». E devo dire che quel “è stato anche scienziato” mi conforta molto perché significa che scienziato non lo è più. Un “che è anche scienziato” mi avrebbe fatta sprofondare nella depressione nera… si fa per dire!
Tutto questo vien fatto per mettere a proprio agio i credenti che, in una società sempre più “secolarizzata”, non possono più uscirsene pubblicamente con frasi deliranti prima rese congrue da una società che con un eufemismo potrei definire: “fuori dal secolo”. «la riflessione teologico-fondamentale è chiamata anche oggi a favorire che, nella coscienza dei credenti, la fede possa trovarsi a proprio agio in ogni ambito del sapere (…)». Che in soldoni significa: se tutti crediamo nelle stesso cose stiamo bene insieme.
Quindi da sistematizzare sono non solo la storiografia che deve assumere per verità storica l’esistenza del famigerato “re dei re” condannato alla pena capitale e crocifisso come l’ultimo degli schiavi nell’anno domini 33 dell’era cristiana, ma anche l’«auto-testimonianza di Dio all’accesso storico a Gesù di Nazaret, alla sua parola e azione, fino alla sua risurrezione incuneata tra fede e storia». In parole povere: non basta sostanziare storicamente l’esistenza di un uomo chiamato Gesù e la sua umana esistenza, si deve dare anche per assolutamente vero che quel tizio fosse anche figlio della divinità monoteista e che morì e che poi è risorse ecc. ecc.. In altre parole il Credo niceno, per credenti e laici, deve essere non un semplice dogma dottrinario, ma una verità storica e scientifica.
Qualcuno leggendo Gianfranco Ravasi direbbe che ognuno tira l’acqua al proprio mulino. Come dargli torto. Più credenti ci sono più 8×1000 incassa la Chiesa cattolica, ecc. ecc. … ma il vero “problema religioso” sta nel fondamentalismo “fuori dal secolo”, leggasi “fuori dalla realtà”, che invisibilmente invade la ricerca scientifica e, capovolgendone il senso la vanifica: se è vero che un essere umano può morire e risorgere in un altro stato e se è vero che questo è il senso dell’esitenza umana, che scopo ha tentare di salvargli la vita? Non è meglio accelerane la morte, magari acuendo il dolore degli ammalati per renderli meritevoli del paradiso come pensava Anjeza Gonxhe Bojaxhiu, in arte Madre Teresa di Calcutta?
La fede, lo ricordava poc’anzi Ravasi, è «decisiva come ultimo gradino dell’ascesa al Dio trascendente» e allora il credente che ha creduto per molto tempo all’inesistente che fa? rinuncia all’ultimo gradino di credulità che gli consentirebbe di sedersi vicino al suo dio? ma manco per niente! E quindi perché, dice Ravasi, non rassicurare i credenti sulla scientificità dell’esistenza di Dio così da non farli sentire a disagio tra esseri pensanti? n’est-ce-pas?
–
NOTE
(1) 380 d.C. Editto di Tessalonica:
«Gli Imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio Augusti. Editto al popolo della città di Costantinopoli.
Vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio seguano la religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal Pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità apostolica; cioè che, conformemente all’insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste.
Dato in Tessalonica nel terzo giorno dalle calende di marzo, nel consolato quinto di Graziano Augusto e primo di Teodosio Augusto »
–
(2) Lettera di Teodosio al console Rufino. 392 d. C.
–
(3) Non ce l’abbiano a male i credenti se definisco la credenza religiosa un delirio, quel po’ di sangue illuminista che mi rimane ancora nelle vene ora mi costringe ad usare le parole nel loro significato etimologico: delirare: uscire dal solco, composto da de fuori e lira solco. Uscire dalla realtà.
–
30 maggio 2016