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Non ci sarà più l’acciottolio dei piatti in quei dopopranzo d’estate, né ci sarà l’ultima fetta di anguria sul tavolo della cucina. Sarà inutile dire ai ricordi di mettersi in posa e sorridere ancora. Spenti i papaveri non crescerà più neanche il grano. Dopo il fischio del treno che passa rimane il suono che man mano si spegne poi, resti sola. Sarà come abitare il destino, passerai le giornate a incartare quel che resta dei sogni nel giornale di ieri. Sarà come guardare un vassoio di frutti di cera posato sul tavolo della cucina là, dove c’era la fetta di anguria. La voce non troverà più la bocca nemmeno per mettere un “mio” dopo una parola o un pensiero d’amore. Il silenzio che resta non possiamo dividerlo mai con nessuno, ognuno avrà il suo. Rimarrai in quelle vecchie stazioni dove i treni non fermano più, con i ricordi che ronzano in testa, segmenti di voli di mosche sotto una lampada spenta da tempo. Ti farà compagnia solo un vento di treno che trascina davanti ai tuoi oggi le pagine del giornale di ieri, dentro un dialogo fitto tra la neve e la neve.
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