di Giulia De Baudi
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Desde La Habana – Come racconta la “bloguera rebelde ” Yoani Sánchez nel suo articolo La Via Sacra, (leggi qui) calle Reina, en el Centro Habana sarà ritinteggiata e adornata a festa perché di lì passerà Bergoglio in visita ufficiale a Cuba. «La vernice cade sulle screpolature, sui i buchi e sull’ossido del metallo (…) Una cappa colorata che nasconde ragnatele, fenditure e sozzure, e che come il maquillage maschera rughe e cicatrici. È una rinfrescata effimera, frettolosa che la pioggia nei mesi che verranno si incaricherà di eliminare.» … ma che Bergoglio e il codazzo mediatico apprezzeranno.
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Sono giorni che i media italiani tralasciano notizie vere per poter scandire continuamente il cantico bergogliano in cui il gerarca argentino viene esaltato come colui che dopo decenni di embargo ha unito l’America capitalista e la Cuba socialista. Ce lo insegnato Berlinguer e prima di lui Togliatti: la strada per il paradiso è il catto-comunismo-capitalista… meglio se ritinteggiato a dovere per coprire le “magagne” e insulti all’intelligenza.
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Nel frattempo mi dice Yoani che tutto continua in perfetto stile gattopardesco: «Di prima mattina los habaneros escono di casa con le loro borse in cerca di cibo. “Neanche adesso che viene il papa si trova qualcosa nei negozi” si lamenta una donna» mentre la sua amica gli indica dove trovare del «buon pane caldo».
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«Davanti ai frigoriferi vuoti dei negozi – assicura Y. Sánchez – Bergoglio non lo lasceranno passare perché il maquillage non include la simulazione dei generi alimentari, né si si può mascherare la scarsità. Non è possibile allestire cosce di pollo di cartone o simulare il latte in polvere con la sabbia. Non esiste un cosmetico capace di nascondere la disgrazia economica che stiamo vivendo. Così i tavoli e gli scaffali dei mercati rimarranno vuoti allontanati da tutta la pompa magna della comitiva papale» Comitiva sacerdotale e mediatica che, ripeto, apprezzerà molto la maschera habanera.
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Pochi giorni prima della visita di Bergoglio “l’Unità cubana” vale a dire il giornale del partito al potere a cuba, Granma pubblicò la notizia, subito ripresa da tutti i media, dell’indulto da parte de “El Consejo de Estado de la República de Cuba” di 3.522 “sancionados”. “Sanzionati” è un eufemismo governativo per definire i condannati che soggiornano nelle patrie galere.
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L’articolo di Granma dice che il numero dei prigionieri è identico a quelli dei precedenti indulti, quando a visitare Cuba andarono Ratzinger e Woytjla. Meglio non far torto a nessuno.
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I 3.522 “sancionados” verranno scelti tra «le persone con più di 60anni, i minori di 20 senza precedenti penali, gli ammalati cronici, le donne, e tra coloro che verrebbero liberati nel 2016. Inoltre verranno liberati gli stranieri, sempre che il paese di origine garantisca il loro rimpatrio.»
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Granma indica anche che « salvo poche eccezioni e solo per ragioni umanitarie, non verranno inclusi nell’indulto i condannati per assassinio, omicidio, violenza sessuale, corruzione di minore, furto e uccisione illegale di bovini, traffico di droga, rapimento con violenza e intimidazione di persone, né quelli per delitti contro la Sicurezza dello Stato.» L’ultima categoria è quella dei prigionieri politici che non esistendo ufficialmente non possono ovviamente essere liberati.
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Il 17 settembre anche Y. Sánchez, in un articolo intitolato La generazione Y tra le reti (leggi qui) parla dell’indulto «assegnato a 3.522 prigionieri prima della visita del Papa Francesco» Dopo aver fatto notare che tra i beneficiari dell’indulto non appaiono i condannati per motivi politici, prendendo a prestito il poema l’“Antologia di Spoon River, fa una disanima della “generacion Y”. La Generación Y è quella generazione cubana, nata tra la fine degli anni ‘60 e la fine degli anni ‘80 a cui nell’Isola venivano spesso posti nomi che iniziavano con la lettera Y: «Almeno 411 degli indultados portano nomi che iniziano con “i greca”, (Y) (…) Siamo in presenza dunque de “el hombre nuevo”, questo essere che nacque e crebbe in una società che si sentiva parte dell’“utopia”, che visse sotto il sussidio sovietico e l’eccessivo indottrinamento. Come è possibile che tanta di questa argilla umana sia finita nelle reti?
Carne da laboratorio sociale e pelle per la prigione, la Generación Y si è molto allontanata da ciò che si progettava per lei. Le è toccato vivere in un paese diverso da quello che gli promisero e per sopravvivere in questa giungla ha dovuto fare tutto il contrario di ciò che le insegnarono. (…)
Chissà se tra quelli che libereranno ci sarà Yoandis quello che ammazzò una vacca per dar da mangiare alla sua famiglia, oppure Yuniesqui che rubò combustibile allo stato per rivenderlo nel mercato illegale e compensare così il suo magro salario. (…) Una generazione ingannata dalle circostanze, obbligata spesso a delinquere, spinta a scappare e condannata dalle poche opportunità.»
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Sono passati ormai due anni da quando su queste pagine ci fu un fervida discussione – e anche una minaccia di denuncia – sulla realtà sociale cubana e su questa coraggiosa giornalista che vede le cose che gli altri sembrano non vedere.
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Decine di articoli insultano Yoani Sánchez e nel giugno scorso il Consiglio comunale di Torino gli ha negato la cittadinanza onoraria perché disse Laura Onofri (Pd e renziana) «La cittadinanza non va concessa a chiunque. Nel caso di Yoani Sanchez, la giornalista ha sempre potuto esprimere il suo pensiero. (…) lei non è certo un martire del regime».(leggi qui)
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Non pretendo certo che una renziana possa capire la differenza tra eroismo e martirio, lei probabilmente vuole dare la cittadinaza onoraria a un cadavere sanguinolento! Né pretendo che possa conoscere la storia di Y. Sánchez più volte arrestata per la sua ribellione e liberata solo grazie alla sua popolarità. Questa sentenza della Onofri conferma la mia ammirazione per la giornalista cubana.
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