Santa Giovanna del Virus genocida
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di Gian Carlo Zanon
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Rileggere oggi l’opera di Bertolt Brecht “Santa Giovanna dei Macelli” e parallelamente ascoltare le fantanotizie date dalle reti televisive in cui si fa soprattutto propaganda politica, dà la misura dello stato delle cose nei livelli dirigenziali del nostro paese. A un essere pensate tutto ciò dovrebbe generare sgomento.
E, sempre più sgomenti, ci si chiede perché gli artisti riescono ad avvertire ciò che prepara il futuro mentre i politici, gli antropologhi, i sociologhi e gli economisti no.
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Forse questo accade a causa di una particolare sensibilità che acuisce lo sguardo artistico; sensibilità che gli esseri a quanto pare politici, antropologhi, sociologhi ed economisti hanno perduto all’alba della vita e poi venduto ciò che restava della loro realtà umana primaria per un tozzo di pane raffermo. Naturalmente ci sono delle eccezioni, sono quelle “voci nel deserto” che nonostante la disillusione per il loro lavoro vilipeso ed annullato, hanno saputo tenere uniti sentimenti e conoscenze anche in ambiti che possono sembrare aridi e inumani. E questo fa ben sperare.
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Brecht ultimò il dramma epico Santa Giovanna dei Macelli nel 1930 nel pieno della crisi economica che, come sta accadendo ora, sconvolse prima gli USA e poi l’Europa. In questa sua opera il drammaturgo tedesco mette in scena il meccanismo capitalistico e i suoi ingranaggi, dal rapporto sadomasochistico capitale- lavoro, alle crisi di sovraproduzione, al gioco finanziario, ecc..
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La tragedia pandemica, ora riecheggia nell’opera di Brecht e ancora una volta ci mette di fronte ad una scelta: morire perché siano salvaguardati gli interessi dei padroni delle fabbriche del nord o cambiare totalmente il paradigma capitalistico che fa impazzire gli “eroi del capitale” e i “capitani d’industria coraggiosi”: «Esemplare in questo il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, bresciano!, che ancora l’11 marzo – quando pressoché tutto il Paese diventava “zona rossa” – rendeva pubblico un comunicato in cui dichiarava “indispensabile la necessità di tenere aperte le aziende, dando continuità a tutte le attività produttive e alla libera circolazione delle merci» Questo Scriveva Narco Revelli in articolo dal titolo eloquente “Virus – La classe operaia all’inferno”.
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Ripensare a quest’opera di Brecht ci può far capire e vedere l’orrore di questi pensieri genocidi.
Ricordo brevemente la trama dell’opera brechtiana: un operaio, Luckerniddle, che lavora nella fabbrica di carne in scatola “Mauler & Cridle”, cade in una caldaia e va a mescolarsi con la fabbricazione di lardo salato. Alla moglie che disperata lo va a cercare in fabbrica, viene detto che il marito è partito. Alla signora Luckerniddle incredula che insiste per vedere i marito, l’”intermediario” Slift, una specie di sindacalista colluso col patronato, propone «Se lei cessa ogni indagine su suo marito, per tre settimane, a mezzogiorno, avrà da mangiare gratis alla nostra mensa.»
La povera donna, anche quando intuisce che fine ha fatto suo marito, continuerà ad andare a mangiare alla mensa gratis sapendo – questo non è detto, ma è fra le righe – che probabilmente nel piatto ci sarà qualche pezzo di carne del consorte scomparso.
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Questo è l’orrore messo in scena da Brecht ottant’anni fa, che anticipa l’orrore sociale che si ripete ogni volta – come sottolinea M. Revelli – che i “i migliori” ovvero gli imprenditori e gli «uomini d’industria, eletti come i veri “eroi moderni”, custodi del nostro benessere e del nostro posto nel mondo, e rivelatisi invece, di fronte all’”emergenza” ammalati di una cinica miopia.» per non non fermare il loro business minimizzano, minacciano, ordinano… e, come ci ricorda Albanese, i loro VASSALLI della casta politica obbediscono mentendo.
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I sudditi con la mente addormentata dai miraggi televisivi e dalla fede cristiana, instillata nel loro pensiero sin da bambini, accettano tutto supinamente.
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Il professor Andrea Crisanti direttore dipartimento di medicina molecolare Professore di epidemiologia e virologia dell’Azienda Ospedaliera dell’ Università di Padova il 22 marzo in una intervista di Chiara D’Ambros dice chiaramente che si tratta di «una questione ideologica. Siccome hanno sbagliato prima, vogliono continuare a sostenere una linea. Non vogliono ammettere l’errore. Tutto qui.» È tutto qui ed è un genocidio perché «Nessuna Epidemia si controlla con gli ospedali, nessuna, si controlla sui territori.(…) La nostra strategia è quella che si usa in tutte le epidemie che è quella classica di una sorveglianza attiva. Punto. Cosa che non è stata mai fatta finora. È stato fatto male il contenimento e male la sorveglianza. Male il contenimento perché NON HA SENSO TENERE TUTTE LE PERSONE A CASA E LE FABBRICHE APERTE. (…) Una follia.»
Una follia generata da questi «uomini d’industria, eletti come i veri “eroi moderni”, custodi del nostro benessere e del nostro posto nel mondo».
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24 marzo 2020