–
di Gian Carlo Zanon
–
Il popolo greco preso in ostaggio dalle banche; le menti di molti cattolici prese in ostaggio dal pseudo- francescanesimo di Bergoglio; molte donne sono in ostaggio di mariti violenti; ecc. ecc..
–
Poi ci sono le varie forme di ostaggio private che uniscono in una sudditanza condivisa una larghissima buona parte del genere umano.
–
Ci sono persone in ostaggio di familiari e congiunti che non riescono ad affrancarsi a causa di identificazioni coatte che li incatenano al ceppo parentale in cui, nel privato, si lavano i panni sporchi di famiglia. Li chiamano legami di sangue per meglio ripetere coattivamente i riti condivisi: la telefonatina serale a mammina cara, l’abbassare gli occhi allo sguardo severo del pater familias, il tutti insieme a Natale e che nessuno manchi se non vuole pagare con anni di frecciate al veleno.
Il microcosmo familiare prepara, sin dai primi giorni di vita, a subire passivamente il proprio status di ostaggio o, qualora non si intenda riscattarsi, ad identificarsi con i carcerieri ed assumerne comportamenti e strategie.
–
Ovviamente i cordoni ombelicali invisibili che avviluppano gran parte degli individui non esistono solo in ambito familiare. Si è ostaggi di amici, colleghi, religiosi, ma anche di star dello spettacolo o mediatiche come Bergoglio. Si vivono passivamente, senza avvedersene, ideologie, religioni, addirittura, nei casi più gravi, si è ostaggi di squadre di calcio et similia.
A uno o più ostaggi corrispondono uno o più carcerieri che, come o forse più degli ostaggi che essi controllano, vivono uno stato mentale alterato di sudditanza. Pensiamo ad esempio ai religiosi che a vario livello di potere tengono in ostaggio parrocchiani della parrocchietta e fedeli sparsi per il mondo. Ebbene queste persone vengono definite “timorate di Dio” perché appunto vivono, con timore, un virtuale ma ferreo rapporto con un’inesistenza che incatena con gli anelli della credenza la loro realtà interna impedendo loro un libero pensiero. Realtà interna che ovviamente, creando la divinità guardiana della propria schiavitù, è allo stesso tempo ostaggio e carceriere del proprio Io.
–
La sudditanza psicologica a persone, religioni e ideologie è uno stato interiore e come tale si può modificare. C’è chi realizza la propria realtà interna liberandosi, a volte con molto dolore e fatica, da lacci e trappole di rapporto interumano malato incontrati nel proprio cammino di vita e c’è chi invece, forse per un vuoto interiore vissuto come incolmabile, ci rimane invischiato. Nella seconda ipotesi i più fortunati vivono il loro stato di ostaggio passivamente, senza produrre troppi danni, i più violenti invece si nutrono come parassiti delle persone in loro ostaggio psicologico impedendo loro di pensare con la propria mente. Tutto ciò in una scala di valore che va dai vincoli di maternage che si protraggono all’infinito senza possibilità di svezzamento psicologico, alla credenza fideistica religiosa che non permette un rapporto reale con la realtà. È chiaro che la prima forma di sudditanza, il maternage senza scampo, in cui non ci si rende psichicamente indipendenti, presuppone quasi sempre l’asservimento religioso.
–
Nel titolo accenno a tecniche di riscatto ma è in verità il discorso sull’affrancamento sarebbe molto lungo e complicato. Già avvedersi dello stato di servaggio psicologico in cui si versa e cercare in sé le energie per riscattarsi è un primo fondamentale passo. Per vedere i lacci che avvolgono la mente impedendole di vedere la realtà umana – o inumana – delle persone che ci circondano, si deve esercitare quel pensiero critico costruito sul primo giudizio, che separa l’inumano dall’umano, che tutti gli esseri umani hanno avuto “in dono” dalla natura alle prime luci della nascita. (*)
–
(*) Faccio riferimento alla Teoria della nascita di Massimo Fagioli
–
29 giugno 2015