• Albert Camus: la censura di ieri e di oggi

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     Chi in questo giorni apre l’Enciclopedia web Wikipedia troverà questa avviso a dir poco allarmante:

     

    Gentile lettrice, gentile lettore,

    il comma 29 del disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali – se approvato dal Parlamento italiano – imporrebbe ad ogni sito web, a pena di pesanti sanzioni, di rettificare i propri contenuti dietro semplice richiesta di chi li ritenesse lesivi della propria immagine.

    Wikipedia riconosce il diritto alla tutela della reputazione di ognuno – già sancito dall’articolo 595 del Codice Penale italiano – ma con l’approvazione di questa norma sarebbe obbligata ad alterare i contenuti delle proprie voci indipendentemente dalla loro veridicità, anche a dispetto delle fonti presenti e senza possibilità di ulteriori modifiche. Un simile obbligo costituirebbe una limitazione inaccettabile all’autonomia di Wikipedia, snaturandone i principi fondamentali.

    Wikipedia è la più grande opera collettiva della storia del genere umano, in continua crescita da undici anni grazie al contributo quotidiano di oltre 15 milioni di volontari sparsi in tutto il mondo. Le oltre 930 000 voci dell’edizione in lingua italiana ricevono 16 milioni di visite ogni giorno, ma questa norma potrebbe oscurarle per sempre.

    L’Enciclopedia è patrimonio di tutti. Non permettere che scompaia.

     

    Ormai Wikipedia è divenuto uno strumento indispensabile per ogni essere umano, dotato di un computer, che voglia conoscere la verità sulla realtà presente e passata. Certamente dopo aver letto Wikipedia potrà approfondire ulteriormente la sua conoscenza con altri strumenti ma l’Enciclopedia, finora, sembra retta da una solida etica. E se noi vogliamo che continui ad esistere dobbiamo essere eticamente corretti e darle una mano per quello che possiamo. D’altronde quante ore e quanto sperpero di denaro ci fa risparmiare ogni anno? Quindi …!!” Diamogli una mano.

     

    Ho voluto fare questa prefazione all’articolo su Albert Camus, che ho trovato  sul Sito Vento Largo (http://cedocsv.blogspot.it/ per far vedere come oggi si debbano di nuovo alzare le barricate per fermare la coazione a ripetere di coloro che in ogni epoca hanno cercato di impedire la libertà di espressione. Oggi come nel ’39, in pieno regime nazista, la libertà di espressione giornalistica è messa seriamente a repentaglio.

    La soppressione della libertà di informazione è un dato di fatto: sui media ufficiali le notizie dei fatti, da sempre sono state filtrate o completamente annullate. Ora il web, essendo gestito da una moltitudine incontrollabile di  persone che non hanno né padri né padroni, è l’unico vero strumento di informazione democratica. Ed è questa possibilità di democrazia che si vuole colpire vigliaccamente. I nuovi nazisti non devono più uccidere e far sparire i cadaveri nei forni crematori, è sufficiente impedire che le notizie dei loro misfatti quotidiani non abbiano la possibilità di divenire fenomeno percepibile.

    E, come avverte Wikipedia, l’oppressione totalitaria dei servi mediatici è dietro l’angolo.

    Gian Carlo Zanon

     

    Gli articoli su Camus li trovate QUI

     

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    Albert Camus

    Manifesto per la libertà di stampa

     

    La libertà di stampa non è che uno dei volti della libertà tout court. Lo scriveva Albert Camus il 25 novembre del 1939 quando la Seconda guerra mondiale era scoppiata da due mesi e la censura militare rendeva impossibile il lavoro del giornalista. Un inedito ritrovato negli Archives Nationales d’Outre-mer di Aix En Provence e pubblicato da Le Monde il 18 marzo. Una riflessione attualissima di uno scrittore dall’animo profondamente libertario.

    Dario Olivero

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    Oggigiorno è difficile parlare della libertà di stampa senza essere tacciati di stravaganza, essere sospettati di essere Mata Hari, o vedersi incriminare con l’accusa di essere il nipotino di Stalin. Oggigiorno è difficile parlare della libertà di stampa senza essere tacciati di stravaganza, essere sospettati di essere Mata Hari, o vedersi incriminare con l’accusa di essere il nipotino di Stalin. Eppure, questa libertà tra le altre non è che uno dei volti della libertà tout court e si capirà la nostra ostinazione a difenderla se si è disposti ad ammettere che non c’ è altro modo di vincere davvero la guerra. Certo, ogni libertà ha i suoi limiti.

    Bisogna però che questi limiti siano liberamente riconosciuti. Sugli ostacoli che oggi si oppongono alla libertà di pensiero, abbiamo già detto tutto quello che abbiamo potuto e diremo ancora, fino alla nausea, tutto ciò che ci sarà possibile dire. In particolare, non ci stupirà mai abbastanza, una volta assunto il principio della censura, che la riproduzione di testi pubblicati in Francia e approvati dai censori della Francia metropolitana sia vietata, per esempio, al Soir républicain (il quotidiano pubblicato ad Algeri di cui all’ epoca Camus era caporedattore ndr). Il fatto che a questo riguardo un giornale dipenda dall’umore o dalla competenza di un uomo dimostra meglio di ogni altra cosa il grado d’ incoscienza a cui siamo arrivati.

    Uno dei buoni precetti di una filosofia degna di questo nome è di non profondersi in vane lamentazioni di fronte a uno stato di fatto che non si può più evitare. Oggi in Francia non si pone più il problema di capire come preservare le libertà della stampa. La questione è capire come, davanti alla soppressione di quelle libertà, un giornalista possa rimanere libero. Il problema non riguarda più la collettività, bensì l’individuo.

     

    E, per l’ appunto, ciò che ci piacerebbe definire qui sono le condizioni e i mezzi con cui, nel contesto della guerra e delle sue schiavitù, la libertà possa essere non soltanto preservata ma perfino manifestata. Detti mezzi sono quattro: la lucidità, l’opposizione, l’ironia e l’ostinazione.

     

    La lucidità presuppone la resistenza agli impulsi dell’ odio e al culto della fatalità. Nel mondo della nostra esperienza è certo che tutto si possa evitare. La stessa guerra, che è un fenomeno umano, può essere in ogni momento evitata o fermata con mezzi umani. È sufficiente conoscere la storia degli ultimi anni della politica europea per sapere per certo che la guerra, qualsiasi guerra, ha cause evidenti. Questa visione chiara delle cose esclude l’odio cieco e la disperazione che lascia correre. Un giornalista libero, nel 1939, non dispera e lotta per ciò che crede vero come se la sua azione potesse influire sul corso degli eventi. Non pubblica niente che possa istigare all’ odio o provocare la disperazione. Tutto questo è in suo potere.

    Dinanzi alla marea crescente della stupidità è anche necessario opporre qualche rifiuto. Non c’ è coercizione al mondo che possa indurre una persona con un minimo di rettitudine ad accettare di essere disonesta. Ora, per poco che si conosca il meccanismo dell’ informazione, è facile accertarsi dell’ autenticità di una notizia. Ed è a questo che un giornalista libero deve prestare tutta la sua attenzione. Infatti, se non può dire tutto quello che pensa, gli è possibile non dire quello che non pensa o che crede falso.

    Analogamente, un giornale libero si valuta tanto per quello che dice quanto per quello che non dice. Questa libertà in negativo è di gran lunga la più importante, se la si riesce a mantenere. Perché prelude all’ avvento della vera libertà. Di conseguenza, un giornale indipendente indica la fonte delle sue informazioni, aiuta il pubblico a vagliarle, ripudia il lavaggio del cervello, evita le invettive, sopperisce con dei commenti all’ uniformazione delle informazioni e, in breve, serve la verità nell’ umana misura delle sue forze. Questa misura, per relativa che sia, gli permette almeno di rifiutare ciò che nessuna forza al mondo potrebbe fargli accettare: servire la menzogna.

    Veniamo ora all’ ironia. Si può affermare in linea di principio che una persona che ha il gusto e i mezzi per imporre la coercizione è impermeabile all’ironia. Non si immagina Hitler, giusto per citare un esempio tra altri, fare uso dell’ironia socratica. Nondimeno l’ ironia continua a essere un’ arma impareggiabile contro chi è troppo potente. Essa completa la resistenza, nel senso che permette non già di respingere ciò che è falso ma, spesso, di dire ciò che è vero.

    Un giornalista libero, nel 1939, non si fa troppe illusioni sull’intelligenza di quelli che lo opprimono. È pessimista per quanto riguarda l’uomo. Una verità enunciata in tono dogmatico viene censurata nove volte su dieci. La stessa verità detta scherzosamente, solo cinque volte su dieci. Questo meccanismo illustra in modo abbastanza preciso le potenzialità dell’intelligenza umana. E spiega anche come dei giornali francesi come Le Merleo Le Canard enchaîné riescano a pubblicare regolarmente i coraggiosi articoli che sappiamo. Un giornalista libero, nel 1939, è dunque necessariamente ironico, per quanto spesso lo sia suo malgrado. Ma la verità e la libertà, avendo pochi amanti, con quei pochi sono molto esigenti.

    È evidente che l’ atteggiamento che abbiamo appena descritto non potrebbe essere sostenuto con efficacia senza un minimo di ostinazione. Gli ostacoli alla libertà d’ espressione sono molti. Ma non sono i più severi a poter scoraggiare un animo saldo. Infatti le minacce, le sospensioni, i procedimenti penali in Francia ottengono generalmente l’effetto opposto a quello voluto. Tuttavia bisogna ammettere che degli ostacoli scoraggianti ci sono: la costanza nella stupidità, l’ ignavia organizzata, l’ ottusità aggressiva e via dicendo. È quella la grossa barriera che bisogna riuscire a sfondare. L’ ostinazione perciò diventa una virtù cardinale. Per un paradosso curioso ma palese, essa passa così al servizio dell’ obiettività e della tolleranza.

    Ecco dunque un insieme di regole per preservare la libertà anche nella schiavitù. E dopo? ci si chiederà. Dopo? Non facciamoci prendere dalla fretta. Se soltanto ogni francese fosse disposto a sostenere nel suo raggio d’ azione tutto ciò che ritiene vero e giusto, se volesse dare il suo piccolo contributo al mantenimento della libertà, resistere all’ abbandono e far conoscere la sua volontà, allora e soltanto allora questa guerra sarebbe vinta nel senso profondo del termine. Sì, in questo secolo è spesso a malincuore che uno spirito libero si esprime con ironia. Su cosa si ha voglia di scherzare in questo mondo in fiamme?

    Ma la virtù dell’ uomo è di conservarsi tale anche davanti alla negazione dell’umanità. Nessuno vuole ricominciare tra venticinque anni la duplice esperienza del 1914 e del 1939, perciò bisogna sperimentare un metodo completamente nuovo, basato su giustizia e generosità. Ma queste non si esprimono che nei cuori già liberi e nelle menti ancora lungimiranti.

     

    Formare questi cuori e queste menti, o piuttosto risvegliarli, è il compito insieme modesto e ambizioso che pertiene all’ uomo indipendente. Bisogna attenervisi anche senza vedere oltre. La storia potrà tener conto di questi sforzi oppure no, ma saranno stati fatti.

     Albert Camus

    Rogo dei libri nella Germania nazista

     Dario Olivero

     

    Giornalista o scrittore. Sempre uomo in rivolta

    È già un uomo in rivolta Albert Camus quando scrive il manifesto sulla libertà di stampa che pubblichiamo per la prima volta in Italia in queste pagine. È il 25 novembre 1939, Hitler ha invaso la Polonia, la Seconda guerra mondiale è cominciata da due mesi. Camus ha ventisei anni, ha pubblicato due raccolte di racconti e soprattutto un´inchiesta sulla miseria della Kabilya su Alger républicain, prima di fondare con Pascal Pia Le Soir républicain, che dal 27 agosto di quell´anno combatte ogni giorno contro la censura introdotta nell’Algeria francese. Ma quello per la libertà di stampa è solo uno dei fronti sui quali Camus è in rivolta. Dall´anno prima e per tutto il periodo in cui lavorerà al nuovo giornale (che chiuderà il gennaio dell´anno successivo), sui taccuini che ha iniziato a tenere compare, si sviluppa e si conclude il suo primo romanzo, Lo straniero.

     

    Di giorno caporedattore, di notte scrittore. Di giorno riempie le colonne con le notizie che faticosamente riesce a dare, mentre lascia bianche quelle con le notizie censurate, un atto di denuncia, perché «nessuna forza al mondo può fare accettare a un uomo di servire la menzogna».

    Di notte a confrontarsi con la sua creatura letteraria, questo strano uomo che con lo stesso stato d’animo ama una donna, assiste alla morte della madre, uccide, viene processato e subisce la condanna a morte. Di giorno la rivolta, di notte l’assurdo. Di giorno la vita ha un senso, di notte non ne ha.

    Per il resto dei suoi anni Albert Camus combatterà contro questa contraddizione. Si può essere uomini giusti se nulla ha senso? Può Sisifo continuare a portare il suo masso sulla cima della montagna sapendo che una volta arrivato il masso rotolerà di nuovo giù? Ci si può ribellare sapendo che non c´è una causa superiore a cui votarsi? E infine, si può essere giornalisti liberi quando non c´è libertà?

     

    Camus ha risposto nell´unico modo che sentiva possibile: agendo con l’ostinazione dell’uomo che si rivolta «di fronte a ciò che lo nega». È l´ostinazione del giornalista che viene fuori da questo articolo sulla libertà di stampa ritrovato da Le Monde in un archivio di Aix-en-Provence e di cui non si sapeva nulla fino a oggi. Il giornalista che si batte per nazionalizzare l’industria bellica perché la guerra non sia decisa da interessi privati, contro il razzismo dei pieds noir, i coloni francesi in Algeria, e dei governi che continuano a opprimere «quelli che hanno il naso come non dovrebbero avere o parlano una lingua che non dovrebbero parlare».

    Tutto questo mentre contemporaneamente cresceva nascosto dentro di lui lo scrittore, il filosofo. Racconta Meursault, voce narrante de Lo straniero, mentre si svolge il suo processo e guarda verso i giornalisti in aula: «Avevano già la penna in mano. Avevano tutti la stessa aria indifferente e un po´ ironica. Tuttavia uno di loro, molto più giovane degli altri, aveva lasciato la penna appoggiata sul tavolo e mi guardava. Nella sua faccia un po´ asimmetrica non vedevo che i suoi occhi, molto chiari, che mi esaminavano attentamente, senza esprimere nulla che fosse definibile. E ho avuto l´impressione strana di essere guardato da me stesso».

     

    (Da: La Repubblica del 6 maggio 2012)

     – Leggi anche Camus, ‘l’assurda’ joie de vivre N.d.R. I giorni e le notti)

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