di Gian Carlo Zanon
Penso che sia quasi impossibile, per chi non ha vissuto un’identica esperienza, conoscere fino in fondo i moti dell’animo di un essere umano che da adulto viene a sapere di essere strappato dalle braccia della propria madre, nei primi giorni o nei primi mesi di vita, da mani lorde di sangue. Quelle stesse mani nei primi anni della sua vita lo hanno, forse, accarezzato. Quelle stesse mani, guidate da un pensiero disumano, lo hanno vestito, lavato, lo hanno accompagnato a scuola, gli hanno indicato una strada da percorrere. Sto parlando dei figli dei desaparecidos “adottati” segretamente da uomini e donne che sapevano che il neonato era nato in una delle decine di caserme e che i suoi genitori erano stati ammazzati ferocemente.
Di solito i neonati venivano affidati a preti e suore compiacenti che nei commissariati li battezzavano, in nome del loro dio crudele, con il nome dei loro rapitori.I nuovi gentitori poi li portavano nelle loro case piene di oggetti razziati dalle case de “los rojos” saliti sugli aerei per l’ultimo volo sull’Oceano Atlantico. Scrive Uki Goñi nel suo libro Operazione Odessa , che i militari tornavano nelle case in cui avevano rapito i dissidenti a saccheggiare gli appartamenti e «a volte giunsero al punto di scardinare le porte e caricarsele sui camion.»
Il tutto accadeva nella «cecità morale» che aveva colpito i cittadini argentini che ancor oggi «non hanno ancora una chiara consapevolezza» degli orrori accaduti durante la dittatura militare.
Questa mattina si è svolto al Liceo Cervantes di Roma un emozionante incontro tra gli studenti e il Prof. Claudio Tognonato e due rappresentanti del Centro Antiviolenza “Marie Anne Erize”.
Tognonato – ex esule argentino e docente di sociologia all’Università di Roma3 – ha spiegato come i metodi usati dai carnefici, nei confronti di coloro che sarebbero poi scomparsi, servissero soprattutto a se stessi per non percepirli più come esseri umani: umiliare, violentare, torturare, affamare, far vivere come un animale di fogna i giovani che venivano rapiti di notte nelle loro abitazioni o per strada, era un “sistema” per annullarne la specificità umana e rendere poi più facile il loro brutale assassinio. Come gli ebrei che scendevano dai vagoni piombati nei campi di sterminio nazisti, quegli “esseri”, che venivano spinti in mare dai portelloni degli aerei agli occhi dei loro aguzzini non erano più propriamente esseri umani. La pulsione di annullamento (1) veniva agita a dosi massicce e quando qualche militare durante o dopo i voli della morte avanzava qualche dubbio o rimorso ci pensavano i cappellani militari a rassicurali ricordando loro la parabola della separazione del grano dal loglio.(2)
Durante la dittatura (1976-1983) i militari argentini fecero “sparire” circa 30.000 persone. Inoltre rapirono almeno cinquecento bambini figli dei giovani desaparecidos. Questi bambini divennero, come le suppellettili razziate, un loro bottino di guerra.
Le “Abuelas de Plaza de Mayo” sono tuttora alla disperata ricerca dei loro nipoti perché questi “desaparecidos” sono ancora da qualche parte vivi. Finora la ricerca si era circoscritta all’Argentina, ma si ritiene che alcuni potrebbero trovarsi all’estero ed in particolare, dati i forti vincoli tra l’Italia e l’Argentina, risiedere nel nostro Paese. Per questo, come potete vedere dalla locandina qui accanto, è in atto anche in Italia una campagna di informazione. Finora ne sono stati individuati 116. Entrando in questo portale, realizzato dall’Università degli Studi Roma3, potete vedere e ascoltare il vissuto drammatico ed emozionante di alcuni di loro che raccontano il loro ritorno dall’oblio. È un modo per cercare di avvicinarci all’unicità del loro sentire e forse anche per farli sentire meno soli.
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11 maggio 2015
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Note
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1) Pulsione di annullamento – Nel 2011 venne pubblicato in Germania Todestrieb und Erkenntnis, la traduzione del primo libro di Massimo Fagioli Istinto di morte e conoscenza pubblicato la prima volta in Italia nel 1972. In quell’occasione, alla fiera del libro di Lipsia, la psichiatra tedesca Hannelore Homberg, durante la presentazione del libro affermò: «Todestrieb und Erkenntnis offrirà, risposte inedite ai tanti che in Germania fanno ancora i conti con l’enorme problema del nazismo. Le radici pulsionali dell’anaffettività scoperte da Fagioli potrebbero dare una risposta estremamente importante e innovativa alla loro domanda come è potuto accadere, evitando però ogni pessimismo su una natura umana sempre pensata come necessariamente malvagia ed aggressiva». Dubito che senza la scoperta dello psichiatra Massimo Fagioli che indica nell’anaffettività la ragione primaria della “pulsione di annullamento”, che annulla l’esistenza dell’umano nell’altro da sé, si possa decriptare la Shoah – ma anche la tragedia dei desaparecidos – e rispondere alle domande “come è potuto accadere? O meglio perché è accaduto?”
(2) «(…) il metodo del volo aveva ricevuto l’approvazione delle autorità ecclesiastiche (…) i cappellani davano conforto agli ufficiali dopo le loro missioni » Horacio Vertbitsky – Il volo
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