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31 Maggio 2021 04:46
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di Gian Carlo Zanon
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«La soddisfazione dei bisogni non ha posto nel rapporto interumano. Essa ha sempre portato gli uomini allo sfruttamento dell’uno sull’altro, a fare di una parte dell’umanità un gregge di animali per la sopravvivenza degli altri.»
Massimo Fagioli
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“Fraud Street”, la “via degli imbrogli”, così era stata ribattezzata nel 2008 Wall Steeet dal New York Post l’arteria viaria situata nel quartiere di Manhattan che ospita la prima sede della Borsa finanziaria di New York. Chiusi nei grattacieli/fortezze che fiancheggiano questa strada, gli uomini grigi dell’alta finanza giocano d’azzardo usando come fiches gli esseri umani. Protetti da una cultura costruita su assunti religiosi, i Signori dell’economia liberista si credono predestinati da un potere divino a guidare il mondo con il loro pensiero tossico impregnato di alienazione religiosa.
Questo era, e lo è ancora, lo scenario che probabilmente ha fatto reagire la mente dell’autore del libro “La trappola – Radici storiche e culturali della crisi economica”, edito da L’asino D’Oro Edizioni.
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“Eppur si muove”: mentre la cultura dominante e la politica mostrano la loro impotenza di fronte a questa crisi economica, e le Banche mondiali con propri governi tecnici mettono le mani direttamente nelle tasche dei cittadini per prelevare gli ultimi spiccioli rimasti, c’è qualcuno che pensa, che vede, che elabora e poi racconta.
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Dalla quarta di copertina leggiamo che Andrea Ventura, l’autore del libro, è ricercatore presso la Facoltà di Scienze politiche “Cesare Alfieri” dell’Università degli Studi di Firenze ed insegna Economia per le scienze sociali, e da anni studia in modo interdisciplinare il rapporto tra scienza e metodo con riferimento alla teoria e alla storia del pensiero economico.
La crisi che sta sradicando le fondamenta su cui si appoggia, oggi, la nostra società, parte da molto lontano: parte da territori inesplorati dagli economisti proni, nonostante la catastrofe imminente, ad adorare le stesse divinità che hanno causato la crisi.
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Ventura nella premessa scrive che «… un devastante sodalizio tra teorie economiche errate e gruppi di potere economico e finanziario continua a costituire l’orizzonte all’interno del quale vengono definite le politiche pubbliche per arginare la crisi. Essendo questo sodalizio il risultato del percorso storico che l’ha generata, non si può essere ottimisti sul futuro”.
Questa crisi, avverte Ventura, “contiene in sé qualcosa di più profondo. Quella che stiamo attraversando, infatti, può essere considerata una ‘crisi antropologica’, cioè la crisi di un’identità che si definisce nel rapporto razionale, utilitaristico, con gli oggetti materiali, e che è priva della possibilità di sviluppare un discorso coerente sulle questioni direttamente attinenti alla socialità».
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Ciò significa che è inutile sperare che chi ha creato questa crisi possa in qualche modo placarla, perché la crisi è un ulteriore strumento per riempirsi le tasche; e, come dice l’autore del libro, questa è una crisi sistemica. Quindi per uscirne si devono giocoforza ridefinire tutti i parametri sociali e politici mettendo in condizione di non nuocere quegli individui malati di bramosia che distruggendo la società si pongono da soli al margine di essa.
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Partendo da questi presupposti l’economista, usando anche strumenti inconsueti nel campo economico, come l’antropologia, la politica e la psichiatria, scava nel passato e nel presente e fa emergere nessi sorprendenti. Nel primo capitolo dal titolo “Alienazione economica e alienazione religiosa” l’autore mette il luce la tacita complicità storica tra religione e ragione: «… l’arricchimento materiale, procedendo senza fratture sul suo fondamento cristiano, ancora oggi mantiene una funzione di compensazione per la rinuncia nel presente in vista della vita dopo la morte, oppure tenta malamente di coprire il vuoto a essa connesso». Vale a dire che le dottrine salvifiche cristiane che sviliscono la vita umana offrendone ‘una migliore’ dopo la morte, sono state mutuate, sin dal primi dell’ottocento, dalla cultura capitalista che offre luccicanti oggetti inanimati chiedendo in cambio l’impoverimento dell’essere che presuppone l’annullamento del rapporto con l’altro da sé. L’altro da sé viene spogliato culturalmente delle proprie caratteristiche umane per poter poi essere sfruttato come un oggetto della natura.
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Ci fermiamo un momento per avvertire il lettore che le poche parole che possiamo scrivere su questo preziosa opera dell’economista Andrea Ventura, mostrano solo la crema che fluttua su pensieri ben più densi.
Il testo si chiude con un capitolo dal titolo “La società diversamente ricca e la distinzione tra bisogni ed esigenze”. Il capitolo, riassume la pars construens della tesi del libro, mostrando come in un recente passato si fossero sviluppate delle ricerche che facevano intravedere delle soluzioni alla crisi antropologica che già presentava le sue prime pericolose avanguardie.
Ventura comincia il capitolo con il pensiero di due politici, Enrico Berlinguer e Riccardo Lombardi, per poi andare ulteriormente a fondo nella sua profonda ricerca sulle cause della crisi.
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“sono tutto sommato pochi i violenti
che ‘vedono’ nell’altro da sé
un oggetto inanimato da sfruttare”
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Berlinguer parlava di “austerità” con queste parole: «Il socialismo non significa ascetismo. Sostenere un simile argomento sarebbe ridicolo e reazionario. L’uomo è fatto per esser felice: solo che non è necessario, per essere felici, avere l’automobile …. Oltre un certo limite materiale le cose materiali non contano gran che; e allora la vita si concentra nei suoi aspetti culturali e morali. Noi vogliamo che la nostra vita sia una vita completa, multilaterale, ricca e piena, una vita nella quale l’uomo esprima tutti i suoi valori reali».
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Il socialista Lombardi, con la sue idee per una “società diversamente ricca”, non si allontanava molto dai pensieri del segretario del Pci: »I socialisti – scriveva Lombardi in “Politica economica e sinistra italiana” – vogliono la società più ricca perché diversamente ricca: è il tipo di benessere, cioè il tipo di consumi, che noi vogliamo cambiare. (…) La nostra lotta è contro la società affluente e il benessere, non già perché non vogliamo il benessere, ma perché vogliamo un certo tipo di benessere, non quello che domanda tremila tipi di cosmetici, ma quello che domanda più cultura (…) più capacità degli operai di leggere Dante e apprezzare Picasso».
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Inutile dire che la società liberista/capitalista/globalizzata, non ha tenuto conto dei suggerimenti dei due politici di sinistra. Ha continuato invece, accelerando ulteriormente, ad andare nella direzione opposta distruggendo le ultime risorse del pianeta terra.
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Scrive Ventura: «Negli anni in cui all’interno della sinistra si ponevano i problemi che abbiamo esaminato, lo psichiatra Massimo Fagioli, in un volume pubblicato nel 1980, (Bambino donna e trasformazione dell’uomo N.d.R.) sviluppava una serie di considerazioni che hanno importanti implicazioni sulle problematiche che stiamo esaminando”. Inoltre alla luce della “Teoria della nascita” di Massimo Fagioli è necessario ridiscutere “il ruolo che l’economia può svolgere per il benessere umano” in quanto questa deve coincidere con una ricerca che sottragga “la realtà non materiale umana” all’influenza della religione».
Se l’alienazione religiosa e l’alienazione economica hanno punti di coincidenza nefasti ci si deve liberare in primis dall’alienazione religiosa perché altrimenti questa risorgerà ogni volta come un mostro dalla mille teste per impedire la piena realizzazione umana e quindi sociale. Realizzazione umana e di identità che non hanno nulla a che fare con il possesso di oggetti inanimati ma, al contrario, coincide con la piena realizzazione del rapporto con l’altro da sé.
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Massimo Fagioli: «Se [il bambino] si limitasse a vedere la ‘realtà della situazione vissuta immediatamente alla nascita, cioè il suo rapporto con gli oggetti inanimati, sbaglierebbe pensando che il senso del suo essere al mondo stia in rapporto con oggetti inanimati e non nel rapporto interumano.
(…) Il rapporto uomo-natura va superato per la realizzazione del rapporto interumano. Il rapporto uomo-natura rapportato, anche in parte, al rapporto interumano, diventa violenza dell’uomo sull’uomo. Il rapporto uomo-natura mira alla soddisfazione dei bisogni degli uomini. Non può essere la stessa cosa nel rapporto interumano, pena l’omicidio, lo schiavismo, lo sfruttamento. (…) La soddisfazione dei bisogni non ha posto nel rapporto interumano. Essa ha sempre portato gli uomini allo sfruttamento dell’uno sull’altro, a fare di una parte dell’umanità un gregge di animali per la sopravvivenza degli altri. »
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Come dice spesso lo psichiatra dell’Analisi collettiva, sono tutto sommato pochi i violenti che ‘vedono’ nell’altro da sé un oggetto inanimato da sfruttare. Purtroppo nella storia questi pochi hanno saputo accecare le moltitudini: vedi il ventennio berlusconiano.
Ma non ci sono solo berluscones griffati e grillini rampanti in giro: «Oggi un gruppo di persone sempre più numeroso, con una fisionomia ben definita, – scrive Ventura nell’ultima pagina del suo splendido lavoro – sta svolgendo un percorso di ricerca complesso e articolato che investe discipline diverse. (…) Non deve neanche sorprendere che queste ricerche siano proposte con la fiducia che possano essere raccolte e approfondite, affinché si sviluppi e si diffonda una cultura in grado di contrastare quel ‘pensiero unico’ sulla realtà umana di cui gli esiti disruttivi della crisi economica costituiscono solo l’aspetto più superficiale».
13 giugno 2012
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Scheda
Titolo: LA TRAPPOLA – Radici storiche e culturali della crisi economica.
Autore: Andrea Ventura
Editore: L’asino D’Oro Edizioni –
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nunzio scotto di covella
5 Dicembre 2012 @ 21:53
Stasera mi sono posto la domanda: ma che cosa è l’identità? … ed il pensiero mi porta nei motori di ricerca internet ponendo la stessa domanda ed aggiungendo il nome di Massimo Fagioli.
Magari sono anche spaventato da questa ricerca (fascinans et tremens),ma vado avanti pur tra mille incertezze: …il sogno della notte trascorsa:… indossavo un indumento intimo femminile (…sono un uomo di sesso maschile) e cercavo di nasconderlo (…un reggicalze) ad una bambina che mi segue (..forse mia figlia o mia nipote).
Affascinante tutto il lavoro dell’Analisi Collettiva che ho frequentato in quel del 1985-1991 e naturalmente la teoria della nascita di Fagioli.
Delle volte vorrei scappare dal posto dove vivo(?) …andrei a fare il barbone perchè mi sono separato da mia moglie e sono rimasto disoccupato!
Ma resisto! … un saluto a tutti i compagni e le compagne cosidetti fagiolini!
Ciao!
Dalla redazione
6 Dicembre 2012 @ 10:46
Cos’è l’identità? E certamente tu intendi “Cos’è l’identità umana?” È una domandona caro Nunzio. Certamente, come scrive Ventura nel suo libro, non è “un’identità che si definisce nel rapporto razionale, utilitaristico, con gli oggetti materiali, e che è priva della possibilità di sviluppare un discorso coerente sulle questioni direttamente attinenti alla socialità”. Come ho scritto nella recensione, seguendo le orme dell’affascinate ricerca di Andrea Ventura “Realizzazione umana e di identità non hanno nulla a che fare con il possesso di oggetti inanimati ma, al contrario, coincidono con la piena realizzazione del rapporto con l’altro da sé”.
Credo sia questa un possibile risposta: senza la propria piena realizzazione del rapporto con l’altro da sé noi esistiamo ma non siamo, non abbiamo una vera e profonda realtà umana. Realtà umana che si può tradurre in identità umana.
Penso che solo con questa identità umana ben solida sia possibile … resistere.
Quanto al discorso (fascinans et tremens), di Massimo Fagioli, e alla sua geniale Teoria della nascita ti posso rispondere solo che lo seguo da tempo, da quando nel 1980 lo sentii parlare alla Festa dell’Unità di Bologna. Rincorro, a volte faticosamente, la sua ricerca in divenire che egli continua imperterrito a mostrare sia nelle sue apparizioni pubbliche, (lezioni, incontri, convegni, presentazioni di libri, ecc.) sia nei suoi articoli che da quasi sette anni escono puntualmente sulla rivista left.
Poi ci sono i sogni … ma quelli solo poche e qualificate persone possiedono la sapienza e si possono prendere la responsabilità di interpretarli.
Ciao Nunzio
GCZ
Sebastiano
23 Gennaio 2017 @ 00:30
“Ciò che è, non appare; ciò che appare, non è”. “Cristianesimo”, “capitalismo” e “socialismo” sono tredimensioni del tutto differenti l’una dall’altra e sono legate tra loro solo dalla loro propria successione temporale. Che sta, esattamente, nell’ordine sopra indicato.
Il “Cristianesimo”,come derivazione biblica, è indissolubilmente legata alla fase “pastorale-agricola” del vivere umano. Sue connotazioni “a prescindere” sono il “patriarcato”, la struttura piramidale della società, sussunta da quella più propriamente religiosa, e il modo di produrre e di consumare.
Nella società pastorale-agricola, non si produce più di quello che che si possa consumare nel tempo dato, e, cioè, non c’è “accumulazione” nel senso capitalistico del termine perché non c’è, non sussiste il “modo di produzione” tipico del capitalismo.
Nel capitalismo, il modo di produzione, “D-M-D”, rompe il vincolo, il limite naturalistico del modo di produrre proprio della fase precedente, pastorale-agricola, einnesca un “ciclo economico” che è fine a se stesso. Con, al centro, il suo valore supremo costituito dal “profitto”. Che, come entità “astratta”, non è più limitata dal “ciclo naturale della vita”. Il capitalismo, lasciato progredire all’infinito, porta l’umanità intera verso la propria autodistruzione. In primis, produce, da subito, il processo dell’alienazione dell’uomo che, sottoposto ai beni inanimati, merci, prodotti e profitti, totalmente disgiunti dal soddisfaximento dei bisogni dell’uomo, rende “schiavi” le moltitudini dei salriati di un ceto minoritario della società, la classe borghese. Peraltro, quest’ultima, in lotta anche contro se stessa, nel senso che, all’interno della società capitalistica, ogni singolo capitalista è nemico mortale di tutti gli altri.
Nel capitalismo, dunque, non si rinviene alcuna traccia di un qualsiasi interesse collettivo, oggi detto “bene comune”, ma, sopra tutto, sta l’interesse individuale di ciascun capitalista, alla ,aniera del “ciascun per se, Dio per tutti”.
Il socialismo costituisce il superamente della fase capitalistica ed il ripristino della “naturalità” dell’essere “umano”, meglio capace di ripristinare quel punto di equilibrio uomo-natura, capace di impedire a che il capitalismo trascini, alla maniera del biblico Sansone, l’intera umanità verso la propria “autodistruzione”, e, cioè verso la propria estinzione.
Che, poi, il “cristianesimo” da un lato, ed il “capitalismo” dall’altro, in una sorta di opportunismo reciproco, abbiano trovato modo e maniera di “mettersi d’accordo” ai danni delle schiere dei salariati, per conservare, ciascuno, i privilegi della loro superiore posizione sociale (che, non dimentichiamolo, dipende dalla sussistenza di un superiore “rapporto di forza”, di tipo “armato”, cioè di tipo militare, e fondato sulla “proprietà dei mezzi di produzione”, per il capitalismo, e sul possesso di ricchezze accumulate nel tempo precapitalistico, il cristianesimo), questo non sorprende di certo coloro che si applicano allo studio dell’ “Economia politica”. Anche qui, una “economia politica” dalla borghesia capovolta nella opposta “politica economica”. Che, con la “scienza”, anche della “scienza economica”, nulla ha a che spartire.
Sebastiano. 23 gennaio 2017
Dalla Redazione
23 Gennaio 2017 @ 19:07
Ti ringrazio Sebastiano per questo tuo intervento che in parte condivido. Per risponderti degnamente dovrei scrivere un articolo e non è detto che non lo farò. Questo perché ciò che metti in campo è molto complesso, come è complessa la storia del pensiero.
Intanto ti dico due cose che mi sono venute in mente leggendo il tuo commento.
Tu scrivi «“Cristianesimo”, “capitalismo” e “socialismo” sono tre dimensioni del tutto differenti l’una dall’altra e sono legate tra loro solo dalla loro propria successione temporale. Che sta, esattamente, nell’ordine sopra indicato.» Ma per quanto riguarda il rapporto tra “cristianesimo” e “socialismo” questo può venire immediatamente sconfermato sia per l’esistenza dei movimenti socialisti ottocenteschi, (populismo russo che annoverava tra le sue fila anche F. Dostoevskij , socialismo francese, vedi Fourier e Saint-Simon, ecc. ecc. ) che avevano una forte connotazione cristiana, sia nei movimenti terzomondisti come Teologia della liberazione molto legate al marxismo. Ma il discorso è complesso perché i movimenti “socialisti” non sono omogenei e prenderanno varie strade, alcune delle quali portano al liberismo. Se pensiamo poi che il liberismo più sfrenato e senza freni vive e vegeta soprattutto nei paesi come Russia e Cina che si dichiara ancora comunista ecco là che abbiamo chiuso il cerchio. Ma questi sono discorsi complessi …
Grazie Sebastiano per il tuo intervento
Giulia D.B. per la Redazione di G&N