Stanotte ho sognato Don Quijote. Doveva partire per un terzo viaggio e stava strigliando Ronzinante, e ad ogni spazzolata il cavallo diventava sempre più bianco e scalpitante.
di Jeanne Pucelli
… difficile in questi giorni levarsi in volo. A tre ore d’aereo da qui il solito Golia armato di bomba atomica combatte contro le fionde di undicenni che vedono nella morte gloriosa l’unica via d’uscita per dare senso alla propria vita. Dietro di loro ragione di stato e religione tengono in piedi satrapi lordi di sangue. A un ora di volo da qui, nella Roma papalina, Renzi sta tentando di tagliare la testa alla democrazia per poterla portare come trofeo alle banche europee che lo santificheranno… difficile in questi giorni levarsi in volo. Difficile quando parole prostituite al potere hanno supremazia sulla realtà; quando se guardi le immagini di un bambino palestinese che muore ti dicono “antisemita”. «È il mio cuore/ il paese più straziato» scriveva Ungaretti, e quindi …
E quindi mi chiedo come si diventa così … come molti, troppi, cerchino l’identificazione “con” i carnefici. Certo la strada per “identificarsi da” è in salita perché presuppone separazioni continue da chi ti vorrebbe simile a sé. L’ho sperimentato molto presto, credo prima dei cinque anni quando una bambina mi disse che se volevo stare con lei e con le sue amichette non dovevo parlare più con i maschi. Soffrii un po’, ma poi parlai solo con i maschi, e quando mi capitò di rivedere l’amichetta ormai cresciuta, lei stava con un uomo fingendo di amarlo. Che noia.
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Stanotte ho sognato Don Quijote. Doveva partire per un terzo viaggio e stava strigliando Ronzinante, e ad ogni spazzolata il cavallo diventava sempre più bianco e scalpitante. Cervantes, per salvare il suo eroe dalla grinfie di scrittoruncoli senza scrupoli, come un certo Alonso Fernández de Avellaneda, che volevano rubargli il suo eroe, pubblicò, se non sbaglio dieci anni dopo la pubblicazione del primo libro, un secondo libro. Nel secondo libro Don Quijote non è più l’hidalgo che avevamo conosciuto nel primo libro: si è “sanchificato”, cioè si è normalizzato. Ci sono fiumi di parole castigliane che narrano sia della quijotización de Sancho sia della sanchificación de Don Quijote, ma vi risparmio l’impresa.
È sufficiente sapere che Cervantes nel secondo tomo fa rivivere Don Quijote per farlo morire. Infatti alla fine del secondo libro l’hidalgo muore tra i pianti della nipote, di Sancho, della governante, ciò tra tutti coloro che avevano speso la vita per “normalizzarlo” e farlo ritornare ad essere Alonso Quijano l’assennato. Interessante l’epitaffio finale che dice più o meno così : “qui giace il forte hidalgo che molti estremi raggiunse. Si avverte che la morte non trionfò sulla sua vita con la sua morte. Non dette molto importanza alla realtà del mondo (…) in tal congiuntura egli ebbe la ventura di morire saggio e di vivere da folle.”
Sicuramente tra Don Quijote e il suo autore c’erano fortissimi legami intestini, visto che un anno dopo la morte letteraria dell’hidalgo, 1615, anche Cervantes morì. Posso pensare che negli ultimi anni Cervantes avesse perduto vitalità e che quindi volesse sanchificare, cioè rendere ragionevole l’irragionevole Don Quijote? Si posso! Infatti nel primo libro è Sancho cerca di assomigliare a Don Quijote nei modi e nel linguaggio. Linguaggio che naturalmente diviene esilarante.
Certamente in Cervantes, come in molti letterati, esisteva un’ambivalenza che prendeva vita nei propri personaggi: quando vinceva in lui l’irrazionale Sancho Panza si “chisciottizzava”, vale a dire che vedeva l’invisibile e credeva all’incredibile come il suo cavaliere; quando al contrario l’autore si faceva dominare dalla ragionevolezza era il pragmatismo dello scudiero che prendeva il sopravvento e l’hidalgo si “sanchificava”.
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Chissà perché stanotte ho sognato Don Quijote…
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Forese perché ci sono troppi Sancho Panza politici che bramano di “sanchificare”, i Don Quijote, che sognano cose “irragionevoli”, come la libertà da viversi accanto nell’eguaglianza. O peggio: poter lavorare e vivere senza dover lottare per salvare ogni giorno la vita a quel “cavaliere dalla triste figura”, a quel Don Quijote che è in me, in voi … forse anche in loro.
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Sono tanti. Tanti Sancho Panza travestiti da hidalgos che sbucano dalle porcilaie politiche e utilizzano la bandiera della ragion di stato per dire che un crimine è ragionevole se il fine è … e già, l’antico refrain che dice “il fine giustifica i mezzi” anche se i “mezzi” per raggiugere il sol dell’avvenire”, “la governabilità”,” l’equilibrio economico”, son pregni di sangue e di disperazione.
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Lo so, sono una inguaribile Don Quijote, e ogni mattina mi metto il colapasta in testa, e salgo sul mio Ronzinante a due cavalli, ed ho anch’io molti “amici che ogni giorno mi dicono, come la nipote dell’hidalgo, che paranoicamente cerco “el pan del trastrigo”, che significa più o meno volere qualcosa di ancora più buono del pane fatto con la farina, cioè qualcosa di impossibile. Ma «Sognare un sogno impossibile per vincere un nemico invincibile» è imprescindibile …
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© J. Pucelli – 29 luglio 2014
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