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Lo “scurzone”
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Carissima Tania,
voglio scriverti di una questione che ti farà arrabbiare e ti farà ridere.
Sfogliando il piccolo Larousse mi è ritornato alla memoria un problema abbastanza curioso.
Da bambino ero un infaticabile cacciatore di lucertole e serpi, che davo da mangiare a un bellissimo falco che avevo addomesticato. Durante queste caccie nelle campagne del mio paese (Ghilarza), mi capitò tre o quattro volte di trovare un animale simile al serpe comune (biscia), solo che aveva quattro zampette, due vicino alla testa e due molto lontane dalle prime, vicino alla coda (se si può chiamare cosí); l’animale era lungo sessanta-settanta centimetri, molto grosso in confronto della lunghezza, la sua grossezza corrisponde a quella di una biscia di un metro e venti o un metro e cinquanta. Le gambette non gli sono molto utili, perché scappava strisciando molto lentamente.
Al mio paese questo rettile si chiama scurzone, che vorrebbe dire scorciato (curzo vuole dire corto), e il nome si riferisce certamente al fatto che sembra una biscia scorciata (bada che c’è anche l’orbettino, che alla poca lunghezza unisce la proporzionata sottigliezza del corpo).
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A Santu Lussurgiu, dove ho fatto le ultime classi del ginnasio, domandai al professore di storia naturale (che veramente era un vecchio ingegnere del luogo), come si chiamasse in italiano lo scurzone. Egli rise e mi disse che era un animale immaginario, come l’aspide o il basilisco, e che non conosceva alcun animale comequello che io descrivevo.
I ragazzi di Santu Lussurgiu spiegarono che nel loro paese scurzone era appunto il basilisco, e che l’animale da me descritto si chiamava coloru (coluber latino), mentre la biscia si chiamava colora al femminile, ma il professore disse che erano tutte superstizioni dei contadini e che bisce con le zampe non ne esistono. Tu sai come faccia rabbia a un ragazzo sentirsi dar torto quando invece sa di aver ragione o addirittura di essere preso in giro come superstizioso in una questione di cose reali. Penso che a questa reazione contro l’autorità messa a servizio dell’ignoranza sicura di se stessa è dovuto se ancora mi ricordo l’episodio.
Al mio paese poi non avevo mai sentito parlare delle qualità malefiche del basilisco scurzone, che però in altri paesi era temuto e circondato da leggende.
Ora appunto nel Larousse ho visto nelle tavole dei rettili un sauriano, il seps, che è appunto una biscia con quattro zampette (il Larousse dice che abita la Spagna e la Francia meridionale, è della famiglia degli scincidés il cui rappresentante tipico è lo scinque [forse il ramarro?]).
La figura del seps non corrisponde allo scurzone del mio paese: il seps è una biscia regolare, sottile, lunga, proporzionata, e le zampette sono attaccate al corpo armonicamente. Lo scurzone invece è un animale repellente; la sua testa è molto grossa, non piccola come quella delle bisce; la coda è molto conica; le zampette davanti sono troppo vicine alla testa, e sono poi troppo lontane da quelle di dietro; le zampe sono bianchicce, malsane, come quelle del proteo e dànno l’impressione della mostruosità, dell’anormalità.
Tutto l’animale, che abita in luoghi umidi (io l’ho sempre visto dopo aver rotolato grossi sassi), fa un’impressione sgraziata, non come la lucertola e la biscia, che a parte la repulsione generica dell’uomo per i rettili, sono in fondo eleganti e graziose.
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Vorrei ora sapere dalla tua esperienza di storia naturale se questo animale ha un nome italiano e se è noto che in Sardegna esiste questa specie che deve essere della stessa famiglia dei seps francesi. È possibile che la leggenda del basilisco abbia impedito di ricercare l’animale in Sardegna; il professore di Santu Lussurgiu non era uno stupido, tutt’altro; ed era anche molto studioso; faceva collezioni mineralogiche ecc. eppure non credeva che esistesse lo scurzone come realtà molto pedestre, senza alito avvelenato e occhi incendiari.
Certo questo animale non è molto comune: io l’ho visto non più di una mezza dozzina di volte e sempre sotto i massi, mentre bisce ne ho viste a migliaia senza bisogno di muovere sassi.
Ti abbraccio teneramente.
ANTONIO
nunzio scotto di covella
27 Settembre 2014 @ 16:32
Ho letto “Lettere dal carcere” di Gramsci, ma questa lettera con particolare interesse per “lo scurzone”, forse, mi era sfuggita. C’ è sempre tempo, comunque, per rileggere (rilettura). Capacità d’immaginare. Non ero molto gradito dalla bibliotecaria, perchè la mettevo “in imbarazzo con le sue amiche” e così non ho potuto ritornare in biblioteca. In quella biblioteca, dove, forse, non sanno neanche che cos’ è “lo scurzone” o, forse, hanno scarsa immaginazione. Per fortuna, a me non manca, l’immaginazione. Almeno quella, l’immaginazione. Capacità d’immaginare. Per fortuna, ci sono “I giorni e le notti”, per ripensare, per rileggere e per… immaginare. Almeno questo, immaginare. Non essere carenti in fantasia ed immaginazione. Forse, sogno, troppo. Ma meglio non essere carenti in questa materia o, forse, è meglio dire: non materia, luce, che diventa fantasia ed immagine, intuizione primigenia, che esiste un altro essere umano. Forse, non l’avrei potuto scrivere, se non fossi nato, anche io, da un’ altro essere umano.
Rosa Rivelli
1 Maggio 2015 @ 07:52
Grazie!!