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di Giulia De Baudi
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Nell’anno domini 1440 l’umanista italiano Lorenzo Valla dimostrò in modo inequivocabile quanto il Constitutum Constantini, ovvero la cosiddetta ‘Donazione di Costantino’, fosse un clamorosa patacca. Per rendersi conto che quel documento era un falso, bastava leggerlo senza filtri dogmatici : nel marzo 315, data apposta al documento, Costantinopoli non era stata fondata e che la parola “feudo” non era stata ancora inventata.
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Nonostante questa denuncia l’opuscolo del Valla, De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio (Discorso sulla donazione di Costantino, altrettanto malamente falsificata che creduta autentica), poté essere pubblicato solo nel 1517 e solo nei territori del protestantesimo. Inutile dire che la Chiesa cattolica difese ancora per secoli a spada tratta quel documento in cui essa veniva dichiarata padrona dell’Occidente intero e quindi anche delle Americhe e le Filippine colonizzate dalla cattolicissima Spagna. Con queste false premesse, sui territori appartenenti alla Chiesa cattolica non tramontava mai il sole.
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Sono passati secoli, la Chiesa ha perduto non solo l’Occidente che pretendeva fosse suo, ma anche il resto dei territori di cui si proclamava padrona. Non ha perso però né il potere economico né la cattiva abitudine di creare ex nihilo realtà non esistenti. D’altronde il vizio è antico: «In principio era il Verbo». In queste poche parole, con cui inizia il Vangelo giovanneo, è racchiuso un pensiero delirante che dice: sono le parole che creano la realtà. Infatti, l’ineffabile, secondo la tradizione monoteista, creò la realtà nominandola: Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu; (…) Dio disse: «Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque»; (…) Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto». E così avvenne che il dio cattolico dise IOR e dal nulla si creò la banca vaticana.
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Uno si chiede: ma perché? In che modo? E loro ti rispondono: perché In principio era il Verbo, che tradotto in lingua secolare significa: non esiste prima una realtà a cui viene apposto di comune accordo un nome identificativo, sono le parole che creano dal nulla la realtà.
Infatti, è notizia di questi giorni, questa antica tradizione, situata tra il delirio e pseudologia fantastica, ha confezionato ex nihilo una “nuova identità” linda e pinta a Bergoglio. L’autore, che con il suo libro La lista di Bergoglio, ha pensato di creargli una nuova immagine, non è una divinità, si chiama Nello Scavo e, secondo ciò che scrive il giornalista del Fatto che lo ha intervistato, nonostante il suo editore sia la Conferenza episcopale italiana, “in Vaticano ha trovato solo porte sbarrate”… d’altronde è noto che in Vaticano sono tutti contro Bergoglio, n’est-ce pas.
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Insomma per farla breve il novello Giovanni evangelista, invece di ascoltare come il suo antenato le voci (e sì pare che il Giovanni evangelista soffrisse di allucinazioni uditive, vedi icona a lato) che gli indicavano la genesi del creato, ha preso carta e penna, è andato a Buenos Aires, e, cerca oggi cerca domani, ha trovato un centinaio di testimoni pronti a giurare di essere stati salvati dalla sparizione da Bergoglio in persona. Il solerte Nello Scavo munito di taccuino ha stilato, come il famoso Oskar Schindler, una lista di nomi di persone “salvate” dall’allora superiore provinciale della Compagnia di Gesù.
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Ma volendo fare i pignoli c’è una “piccola differenza” tra la lista di Oskar Schindler e quella di Nello Scavo: la prima fu compilata e data ad un nazista corrotto da colui che rischiando la vita salvò un migliaio di ebrei destinati alla ‘soluzione finale’; la seconda non è stata redatta da Bergoglio, come vogliono far credere i titoloni dei giornali che strillano Bergoglio’s list , Bergoglio’s list, ma da un zelante cattolico che ha scritto un libro in cui afferma di aver raccolto una serie di testimonianze la cui veridicità sarebbe tutta da appurare.
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Certamente, per il momento, nessuno ha potuto smentirle – anche perché alcune sono anonime e altre, come quella del sosia di Bergoglio, le definirei demenziali – ma vi sono delle affermazioni di Nello Scavo che mi lasciano quanto meno perplessa: nell’intervista alla domanda «Come faceva il superiore dei gesuiti a salvare i ricercati?» risponde «All’insaputa dei confratelli, li nascondeva nel Colegio Máximo di San Miguel, a circa 30 chilometri dalla capitale. Li spacciava per aspiranti seminaristi o per fedeli in ritiro spirituale (…)».
In realtà, come potete leggere qui, il
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–Questo documento definisce molto bene l’estremo zelo usato da Bergoglio contro la sinistra, anche quella inseritasi nel terzomondismo cattolico. In quel clima del terrore, in cui la delazione era la norma, ritengo fosse impossibile per chiunque nascondere con quelle modalità descritte individui ricercati dalla polizia e dai gruppi paramilitari che agivano di propria iniziativa. Ma Nello Scavo, come direbbe un buon retore, fino a prova contraria è un uomo d’onore.
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Uomo d’onore però lo è anche Verbitsky grazie al quale alcuni torturatori e alcuni assassini di ragazzi inermi che, come consigliato da esponenti della Chiesa cattolica, facevano sparire i corpi dei desaparecidos gettandoli nell’Atlantico dagli aerei, sono stati messi in galera.
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Anche Nello Scavo parla di Horacio Verbitsky definendolo «(…) il più accanito accusatore di Papa Francesco, con i suoi articoli usciti in Italia sul Fatto Quotidiano. – Dice Scavo nell’intervista – È il giornalista, ex militante nel movimento Montonero, che ha scoperto i voli della morte: centinaia di oppositori del regime gettati nell’Atlantico, con mani e piedi legati, dagli aerei militari. – e conclude – anche Verbitsky poi s’è dovuto ricredere». Ricredere? A me non risulta.
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Seguo da anni, anche sui giornali in lingua castigliana, gli articoli di Verbitsky, e non ho mai notato nel giornalista argentino nessun ripensamento riguardo a Bergoglio. Eli ha scritto molti libri – i più famosi sono Il volo e L’isola del silenzio – e centinaia di articoli sulla collaborazione tra Chiesa cattolica e i feroci caudillos argentini. Ogni suo scritto è, quasi ossessivamente, documentato. Verbitsky non è «il più accanito accusatore di Papa Francesco» è un giornalista serio e coraggioso che nella sua ricerca della verità si è trovato, tra le mani documenti che inchiodano Bergoglio alle sue reponsabilità.
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Nonostante una enorme mole di libri e articoli ben documentati pubblicati dal giornalista argentino, Nello Scavo risponde al giornalista che gli chiede su cosa Verbitsky basasse le proprie accuse contro Bergoglio, in questo modo :«Sulle testimonianze dei padri Franz Jalics e Orlando Yorio, che furono il direttore spirituale e il professore di teologia del giovane Bergoglio. I torturatori avevano fatto credere ai due che a denunciarli era stato proprio il loro ex allievo. Una canagliata, secondo Julio Strassera, procuratore nel processo contro la giunta militare. La verità è che il futuro pontefice si recò due volte da Videla per chiederne la liberazione. (…) Dal colloquio con Videla capì che Jalics e Yorio erano rinchiusi nelle prigioni della Marina. Per cui Bergoglio affrontò altri due incontri con l’irascibile ammiraglio Emilio Massera. Il secondo fu brevissimo. Lo ha rievocato nel 2010 lo stesso Bergoglio, quando come persona informata sui fatti fu interrogato dalla corte che giudicava i responsabili dei crimini commessi nell’Escuela superior de mecánica de la Armada, la scuola degli ufficiali della Marina militare, il peggior centro di detenzione e tortura: Gli dissi: Guardi, Massera, io li voglio indietro vivi’. Mi alzai e me ne andai. La notte successiva i due gesuiti vennero narcotizzati e scaricati, intontiti ma salvi, in mezzo a una palude. Yorio morì nel 2000. Jalics sei anni dopo volle celebrare una messa con Bergoglio e abbracciarlo pubblicamente per porre fine alle calunnie».
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Molto diversa la versione di Verbitsky in una intervista apparsa su Il Fatto il 15 marzo 2013
«Che cosa facevano i due gesuiti Yorio e Jalics nella baraccopoli di Bajo Flores?
I gesuiti vivevano in comunità ed evangelizzavano gli abitanti dei quartieri marginali, come parte dell’impegno “terzomondista” della Compagnia di Gesù.
Per quale motivo Bergoglio avrebbe dovuto denunciarli?
Con l’avvicinarsi del golpe, Bergoglio chiese loro di andarsene, a quanto racconta lui allo scopo di proteggerli. Secondo loro, per smantellare quell’impegno sociale che disapprovava. Venne nominato superiore provinciale della Compagnia all’inusuale età di 36 anni e da quando arrivò, iniziò a svolgere un compito di sottomissione alla disciplina, a uno spiritualismo astratto.
I documenti che ha trovato, nella sua lunga indagine, negli archivi del ministero degli Esteri di Buenos Aires, per lei sono la prova definitiva del collaborazionismo di Bergoglio con il regime di Videla?
Sì. Ho trovato una serie di documenti che non lasciano dubbi . In uno, Bergoglio firma la richiesta di rinnovo del passaporto di Jalics senza necessità che venisse dalla Germania. In un altro, il funzionario che riceve la richiesta consiglia al ministro di rifiutarla. In un altro ancora, lo stesso funzionario spiega e firma che Jalics, sospettato di contatti con i guerriglieri, ebbe conflitti con la gerarchia, problemi con le congregazioni femminili (la qual cosa è molto suggestiva), che fu detenuto nella Esma, la Escuela de Mecánica de la Armada (non dice sequestrato ma detenuto) e che si rifiutò di obbedire agli ordini. Finisce dicendo che queste informazioni gli vennero fornite proprio da Bergoglio, oggi papa Francesco.»
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Questo è il documento di cui parla Verbitsky, in cui viene citato Bergoglio
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Anche le testimonianze di Graciela y Rodolfo Yorio, fratelli di Orlando Yorio confermano la versione di Verbitsky. Potete leggere qui in che modo rifiutano le affermazioni di Bergoglio sulla vicenda ed insistono sulla sua responsabilità nel sequestro.
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In conclusione devo dire che solo i documenti, un po’ di buonsenso e soprattutto una buona dose di onestà intellettuale, possono mostrare da che parte stia la verità. Su un particolare però l’autore del libro su Bergoglio dice sicuramente la verità: quando paragona Pio XII a Bergoglio «Colui che diventerà Papa Francesco si comportò come Pio XII». E sì, si comportò esattamente come Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli l’uomo che, quando era Nunzio apostolico in Germania volle fortemente che Hitler salisse al potere; l’uomo che nel 1933 firmò il Reichskonkordat, cioè il concordato tra il Vaticano e la Germania Nazista, e non soddisfatto anche quello con il boia spagnolo Francisco Franco nel 1953. Pio XII, l’uomo che fece insorgere i rappresentanti della comunità ebraica romana quando il pastore tedesco Ratzinger, ex militare della gioventù hitleriana cercò di santificarlo, fu colui che, insieme a Peròn organizzò la fuga dei nazisti europei verso L’Argentina.
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Il tentativo, concertato da alti dignitari della chiesa cattolica, di far immigrare illegalmente in Argentina criminali della seconda guerra mondiale è stato comprovato al di là di ogni dubbio. Come racconta Uki Goñi nel suo libro Operazione Odessa, dopo aver provato a intercedere segretamente con Washington e Londra a favore dei criminali nazisti del calibro di Mengele, Heichmann, Priebke, i gerarchi della Chiesa cattolica, in accordo con Perón, crearono un’organizzazione segreta per farli fuggire in Argentina.
La DIAE Delegazione per l’Immigrazione argentina in Europa, istituita dal governo Perón dopo la guerra, aveva uffici a Roma, a Genova e a Buenos Aires. Da questi uffici si coordinavano le fughe dei criminali europei che avevano avuto a che fare col nazismo verso l’Argentina.
«Di tutti i silenzi che circondano l’Argentina nessuno è più assordante di quello che circonda Perón, la chiesa cattolica e i nazisti che uno e l’altra aiutarono a sottrarre alla giustizia» scrive Uki Goñi nel suo libro Operazione Odessa. E inoltre:
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«L’apertura dell’archivio postbellico della Croce rossa ha finalmente messo la parola fine all’annosa questione se i criminali nazisti furono o meno aiutati dalla chiesa cattolica nella loro fuga in Argentina. Il verdetto che emerge dall’analisi dei suoi documenti è inconfutabile: cardinali quali Montini, Tisserant e Caggiano organizzarono la fuga dei nazisti; vescovi e arcivescovi quali Hudal, Siri e Barrére attivarono le procedure necessarie; prelati come Draganović, Heinemann e Dömöter firmarono le loro richieste di passaporto. Dinnanzi a prove così incontrovertibili la questione se Pio XII fosse pienamente informato è solo non solo irrilevante ma di una allarmante ingenuità.» (…)
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Pacelli mentre firma il Reichskonkordat
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La storia mi insegna che concordati, documentati e taciti, della Chiesa con i regimi nazifascisti non sono certo un’eccezione ma una regola. E allora perché dovrei credere a Nello Scavo il creatore ex nihilo di questa “lista” che i titoli dei giornali si affannano a far passare per Bergoglio’s list? Nel frattempo Nello Scavo continua con le sue zelanti dichiarazioni a diffondere la “leggenda di Francesco giovane eroe” cercando in ogni modo di fare di ciò che non è, ciò che è, e di ciò che è, ciò che non è.
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31 dicembre 2013
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