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I cattolici, già accusati nei mesi scorsi dalla Commissione Onu sui diritti dell’infanzia – come ricostruisce il libro di Federico Tulli, Chiesa e pedofilia, il caso italiano, appena edito da L’Asino d’oro – spudoratamente accusano le Nazioni unite di ideologia discriminatoria nei loro confronti. L’organismo internazionale violerebbe la libertà religiosa trasformandosi esso stesso in una Chiesa contrapposta a quella di Roma. Argomenti davvero “da preti”. Perfettamente coerenti infatti con la melliflua ipocrisia e le insinuanti falsificazioni della menzogna gesuitica che purtroppo conosciamo bene.


Lo stessa ipocrita esibizione di dolore e severità di papa Bergoglio – che sappiamo essere stato complice, non si sa ancora quanto passivo, della dittatura argentina – serve ad accreditare la storiella di una rivoluzione in atto – di cui lui sarebbe dunque il “Che” Guevara – volta a separare le “poche” mele marce che lo macchierebbero da un “corpo sano” e addirittura “santo”, tanto da individuarne il mandante nientepopodimeno che nel Maligno.


La Chiesa tenta, con un’abilità criminale affinata da lunghissima esperienza, di coprire con una spessa cortina fumogena la verità, che cioè l’annullamento violento del bambino, reso cosa – in quanto non assimilabile all’uomo razionale – e della donna, resa cosa – per i medesimi motivi – sono strutture ideologiche costitutive della religione cattolica, costanti nella sua lunga storia. Le cui scaturigini – oltre che nelle favolette che ancora racconta di creazioni dal nulla, parti virginali, resurrezioni da morte, vita eterna per tutti – essa ama rintracciare e collegare nella tradizione intera del Logos occidentale, rivendicando a sé la continuità con una cultura plurimillenaria di razionalità violenta, dominante contro i bambini e contro le donne, almeno dal platonismo a oggi.
La cosa straordinaria è che in realtà tutti sanno che i preti sono falsi e che mentono. E magari molti l’ammettono anche volentieri, in privato, ma molto pochi – al di là della scristianizzazione che comunque si diffonde nelle società avanzate europee e che svuota le chiese – si ribellano e sanno pronunciare un no radicale.


La cosa ancora più straordinaria è che non lo fanno quasi mai neppure quelli che di rivolta contro l’oppressione e l’ingiustizia dicono di sapere, quelli che “darebbero la vita” per la libertà. Non lo fa, quasi mai, la sinistra politica. Molti suoi esponenti, forse perché si vergognano dei propri fallimenti pratici e soprattutto teorici, esprimono invece rispetto e considerazione per questi malfattori, e se per caso si trovano di fronte a una coerente e intelligente critica di quella che nei loro stessi “testi sacri” è definita alienazione religiosa, tossicchiano, si scherniscono e ridacchiano. I più educati fanno finta di non aver sentito e cambiano discorso.


Come tutto ciò nella storia della sinistra sia potuto accadere pensiamo di saperlo, ma raccontarlo qui travalicherebbe i limiti di questo breve scritto.
Il nuovo libro di FedericoTulli sulla pedofilia ecclesiastica è invece – con il precedente volume a cui fa seguito – un esempio purtroppo raro di coraggio e di chiarezza su queste questioni. Con una documentazione assolutamente puntuale ed esauriente, con una stringente concatenazione di argomenti, e per di più in uno stile di scrittura avvincente che rende la lettura un piacere dal quale non si vorrebbe staccarsi – come si trattasse di un thriller assai ben costruito – invece, semplicemente, dice la verità, evidenziando un lavoro di ricerca assolutamente serio e del tutto convincente.


La prefazione della neonatologa e psicoterapeuta Maria Gabriella Gatti poi è come una pietra preziosa incastonata in questo importante saggio: con completezza e intelligenza ci racconta – insieme ad altri esperti – la storia che sta dietro a tutto questo e alla quale ci siamo riferiti. La sinistra finalmente laica alla quale pensiamo non può fare a meno di questo libro.

21 maggio 2014

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