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9 Settembre 2023 02:26
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«La ricerca del Vero è l’avventura per cui il tempo è reso storia» Marc Bloch
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di Gian Carlo Zanon
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Ci sono molti tipi di “storia”: c’è l’agiografia, tipo quella che si sta cucendo addosso a Jorge Mario Bergoglio; c’è la storiografia ideologica del Pci che ha creato a suo uso e consumo la leggenda resistenziale; c’è una storia che interpreta alcuni casi particolari per demolire un personaggio pubblico di rilievo, come fa, a mio giudizio, Sergio Luzzato con il suo libro Partigia, in cui la figura di Primo Levi viene ampiamente sfregiata; c’è l’historie-bataille, histoire historisante, histoire événementielle o la storia souvenirs de guerre bersaglio dei redattori di Annales, da cui escludo senza alcun Un anno sull’altopiano, di Emilio Lusso e molti altri libri del genere. Infine c’è la “storia salottiera” e “engagé” in cui nei talk shows televisivi, nei giornali e negli incontri letterari, dove si presenta l’ultimo libro dell’ultimo dei belli, si svolge un “gioco delle parti”, in cui l’importante non è tanto la verità storica ma il politically correct da mantenere anche a scapito della ricerca della verità rimandata “a tempi da definire”.
Per sorte c’è anche la storia narrata in alcuni romanzi di Fenoglio, di Calvino, di Cassola, Meneghello e pochi altri, che, mettendo sull’altro piatto della bilancia passione, sentimenti, affetti, memorie inconsce, umanizza la storia dandogli senso e contenuti.
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Penso, con Marc Bloch, che la storia sia giocoforza interpretazione soggettiva che però si deve basare su documenti senza stravolgerne il senso. Tutto ciò che esula dal documento deve essere segnalato come interpretazione personale senza surrettizie manipolazioni che inducono il fruitore a pensare secondo i desiderata dello “storico”. Dico questo perché, volenti o nolenti, la storiografia è inequivocabilmente impregnata di intenzionalità, coscienti e non, che, ridisegnando gli eventi e i fatti, le danno un senso che può essere vicinissimo alla verità ma anche ad essa lontanissimo.
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Definire il modello ideale dello storico capace, interpretandola, di definire perfettamente la realtà storica donandogli il suo vero senso è quanto meno utopistico. Posso dire però che lo storico per essere credibile dovrebbe appartenere alla categoria degli “intellettualmente onesti”. Per storico intellettualmente onesto, intendo un individuo non ideologico, non religioso, intendo una persona né cinica, né razionale, intendo un persona che vive la passione per la verità ad ogni costo. «Il buono storico – affermava il grande storico francese Marc Bloch – somiglia all’orco della fiaba: là dove fiuta carne umana, là sa che è la sua preda.» e questa frase sintetizza il senso di ciò che intendo per “storico” e per passione per la verità storica.
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Ho iniziato a scrivere questo articolo sull’onda di due avvenimenti odierni che hanno mosso il pensiero: la data del golpe cileno (11 settembre 1973) e una serie di commenti negativi al mio articolo Pasolini. L’uomo, l’artista, l’intellettuale … il misogino e il pedofilo.
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Un anno e mezzo fa, su Raitre Rai Storia, il golpe cileno è stato interpretato dallo storico Mauro Canali con modalità che, sinteticamente, definirei assurde. Le sue intenzionalità coscienti e non coscienti mi sono ignote, so solo che Canali parteggia vivamente per Matteo Renzi e questo potrebbe, ripeto potrebbe, dire molto sul suo modo di intendere il ruolo dello storico e sulle sue intenzionalità politiche. Intenzionalità politiche e visione del mondo che, secondo il mio giudizio, lo hanno portato a denigrare Salvador Allende e glorificare Enrico Berlinguer e il “compromesso storico” pensato, secondo Canali, come una conseguenza politica del golpe cileno. Che significa la proposizione di Canali? Significa che la sinistra, se voleva e vuole governare, deve giocoforza stringere un patto di ferro con Woytjla che è amico di Pinochet che è amico di Kissinger che è amico di Nixon che è al soldo delle corporation americane? Detto fatto da Renzi … solo che Renzi non ha nulla a che fare con la sinistra propriamente detta.
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Questo di Canali è un modo, tutto suo, per “dare un senso” a un avvenimento storico. Senso e contenuti che naturalmente non condivido come ho già avuto occasione di dire, indirettamente, anche all’interessato. (leggi Qui)
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Per quanto riguarda il “caso omicidio Pasolini” il discorso storico si fa molto più complicato e conseguentemente il compito dello storico si fa arduo.
Anche se la sentenza definitiva parla chiaro, il tutto viene confuso sia dagli atti del processo d’Appello sia dall’agiografia pasoliniana che non finisce di arricchirsi di “particolari inediti” come quella leggenda di Pasolini, emulo di Bruce Lee, capace di sbaragliare con colpi marziali ben assestati nugoli di picchiatori fascisti.
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Ma torniamo alle cose serie:–
«È opportuno ricordare, – dicono gli atti della sentenza della Cassazione del 1979 – ai fini della valutazione della adeguatezza e coerenza logica del ragionamento seguito dalla Corte, che questa aveva stabilito in fatto:
a)che il Pelosi era pienamente consapevole, accompagnandosi quella notte fuori città col Pasolini e accettando da lui la cena e la promessa di un compenso in denaro, della natura delle prestazioni che in cambio gli sarebbero state richieste;
b) che deve escludersi che il Pasolini abbia posto in essere un tentativo di violenta sottoposizione del giovane ai suoi desideri;
c) che nella colluttazione il Pasolini (il quale riportò lesioni sproporzionatamente più gravi) cercò sostanzialmente di difendersi da un attacco, senza avere intenzione o possibilità di recare grave offesa, finché non fu raggiunto da colpi (calci nei testicoli) che gli tolsero ogni capacità di reazione.
d) che successivamente, caduto in ginocchio, fu ancora colpito alla testa e alla nuca, finché cadde esanime, come riferito dal Pelosi («… L’ho colpito di taglio più volte finché non l’ho sentito cadere a terra e rantolare»);
e) che in seguito il Pelosi, dopo aver gettato lontano, tra i rifiuti, la camicia e le tavolette insanguinate, si impossessò dell’auto del Pasolini, che diresse a fari accesi, senza deviazioni, sul corpo inerte, schiacciandolo con le ruote di sinistra e volgendo poi a destra per allontanarsi.
Sulla base di tali accertamenti la Corte di merito ha ritenuto provata sia la sussistenza della volontà omicida, sia l’insussistenza della causa di giustificazione.»
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Questo dovrebbe porre una pietra tombale sul caso, ma invece no. Si continua, stigmatizzando ogni voce critica sulla pedofilia di Pasolini, a farne un eroe non solo letterario – questo sarebbe plausibile, de gustibus non est disputandum – ma anche un eroe sociale umanamente ineccepibile. Ho già scritto (leggi qui – qui – qui) ciò che penso di Pasolini persona, ciò che penso della sua poetica, e ciò che penso sul suo assassinio.
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Se commentatori come M.B. e G. J. – che ci hanno scritto in questi giorni biasimando ciò che ho scritto su Pasolini – vogliano continuare a credere ciò che per la loro forma mentale è più comodo facciano pure. Come ho già risposto ci sono milioni di persone che credono alla verginità della madonna e ai miracoli di Padre Pio, ma questo non è pensiero è credenza religiosa.
Mi rendo anche conto che ci sono delle verità storiche che possono risultare spiacevoli perché magari non si è superata la fase di identificazione coatta con alcuni personaggi come Pier Paolo Pasolini e Michael Jackson, ecc. che da decenni sono stati posti dalla cultura dominante su un piedestallo sfolgorante, e da migliaia di persone nell’altarino interiore con tante candeline, ma… . Mi rendo anche conto che pensare alla non esistenza di Babbo Natale o addirittura di dio può divenire un lavoro arduo per una mente disabituata al pensiero critico, ma d’altronde chi vuole a fare ricerca sulla verità storica, che non può essere scissa dalla realtà umana dei personaggi entrati nella storia e nella cultura, deve fare in primo luogo un lavoro su se stesso liberandosi da ideologie, credenze religiose, pensieri coattivi, identificazioni coatte, ecc. ecc. .
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Pare che all’entrata dell’aria sacra di Delfi ci fosse scritto Γνῶθι σεαυτόν, Gnōthi seautón «Conosci te stesso». Ecco è da lì che si deve partire perché se è vero che la verità è molteplice e stratificata, è pur vero che la percezione della realtà è sintesi della dialettica tra la nostra realtà interiore e il dato oggettivo che viene filtrato dal nostro sguardo soggettivo. Tanto più il nostro sguardo sarà passionale, coeso, ricco e apportatore di senso reale, tanto più l’interpretazione della realtà storica sfiorerà la verità vera. Tanto più il nostro sguardo sarà scisso perché viziato da idee false sulla realtà, tanto più la storia si trasformerà in una Sfinge che propone interpretazioni false perché depauperate di senso senza il quale la verità storica è irraggiungibile.
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11 settembre 2015
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